Sacerdozio femminile

Le argomentazioni con le quali la Chiesa cattolica preclude alle donne il sacerdozio –messe in discussione dalla ricerca storico-filologica della teologia femminista – vanno dalla rivendicazione della fedeltà alla tradizione, all'esempio diretto di Cristo, che non coinvolse donne nell'apostolato, ad argomentazioni di stampo teologico, incentrate sugli aspetti simbolici del rito eucaristico.

TESI FAVOREVOLI

TESI CONTRARIE

01 - Gesù non ha ordinato sacerdote alcuna donna. La Chiesa non ha dunque il potere di ordinare le donne

I contenuti delle Scritture vanno collocati nel loro contesto storico, che spiega la mancata investitura sacerdotale delle donne da parte di Gesù: esisteva una parificazione tra uomo e donna a livello spirituale, ma non a livello sociale. Maria, descritta come portatrice dello Spirito Santo, porta a ipotizzare un implicito “apostolato di Nostra Signora”, reale esempio di sacerdozio femminile.

L'argomento più forte contro il sacerdozio femminile è l'esempio di Cristo: nell'Ultima Cena, egli si rivolge esclusivamente ai dodici apostoli, tutti maschi, e li investe dei poteri relativi al ministero. Il rifiuto dell'ordinazione femminile è una dichiarazione di fedeltà da parte della Chiesa “all'esempio del suo Signore”. Cristo avrebbe potuto istituire il sacerdozio femminile, ma non lo fece.

02 - La Chiesa cattolica non ha mai accettato il sacerdozio femminile, è la tradizione o magistero universale

Contro il ricorso alla tradizione, quale criterio per escludere le donne dal sacerdozio, si presentano almeno due strategie: è quella che confuta questa affermazione a livello storico; e quella che pone in dubbio il ruolo della tradizione come criterio dirimente delle scelte della Chiesa. Cosa s’intende per tradizione? Quanto di essa è di origine divina e quanto di origine umana? È modificabile?

L'esempio di Cristo nell'ordinazione di soli sacerdoti maschi è stato seguito dalla Chiesa nella sua storia senza che ci siano state mai reali eccezioni. Il ruolo delle diaconesse, ordinate dalla Chiesa delle origini fino al I millennio, non è equivalente a quello del sacerdote. Questa fedeltà all'esempio di Cristo è una specificità del cristianesimo. Il celebrante può essere solo un maschio.

03 - Il celebrante dell'eucarestia deve avere una somiglianza naturale con Cristo

Si potrebbe osservare che l'appartenenza al genere maschile non era l'unica caratteristica di Gesù: egli era anche ebreo, ma tale requisito non viene richiesto come prerogativa per l'ammissione agli ordini. Molti teologi rivendicano la piena eguaglianza spirituale di uomini e donne, e dunque la somiglianza di ogni cristiano, senza distinzioni, con Gesù Cristo.

Cristo deve essere simbolicamente presente durante il rito eucaristico, ed essendo egli maschio, il suo ruolo può essere impersonato in maniera visibile solo da un ministro di sesso maschile. Gesù era anche capo della Chiesa e mediatore tra essa e Dio: chi lo impersona deve, dunque, esprimere autorità, essendo al di sopra del resto della comunità; e ciò non avverrebbe con una donna.

04 - Il simbolismo matrimoniale del rito eucaristico rende necessario per il ruolo del celebrante-sposo una figura maschile

Ritenendo che il celebrante debba essere uomo perché imita Cristo “sposo della Chiesa”, non si considera che esso agisce anche con la massa dei fedeli. Come possono, i fedeli di sesso maschile, rappresentare la Chiesa? Se simbolo della Chiesa è Maria, è la donna che dovrebbe celebrare. Non sono i tratti maschili di Cristo a essere imitati, ma quelli femminili: servizio e il potere di dare la vita.

La simbologia del rito eucaristico non riguarda tanto la somiglianza fisica, ma un simbolismo di tipo relazionale: un uomo e una donna uniti in matrimonio. Nel rito eucaristico Cristo redime la Chiesa, così come lo sposo redime la sua compagna. Data tale rappresentazione, a impersonare Cristo deve essere un maschio.

05 - L'esclusione dal sacerdozio non è umiliazione: c'è una diversità di ruoli, entrambi imprescindibili

Dietro alla nozione di complementarietà si cela una logica di sottomissione della donna. Tale logica viene rivelata dal rito eucaristico, la cui simbologia (rito d’inversione), mostra una volontà di rivalsa di genere: il maschio, mantenendo il ruolo di sacerdote, si appropria della capacità di dare la vita, propria del genere femminile, giustificando così il suo dominio sulla donna.

L'esclusione della donna dal sacerdozio non è un'umiliazione, perché rispecchia una diversità di ruoli egualmente imprescindibili. Il ruolo delle donne nella Chiesa è più importante di quello dei sacerdoti, proprio come Maria sta più in alto dei vescovi e degli stessi apostoli. Ha quasi una “superiorità antropologica” testimoniata dall'essere, Maria, il vero soggetto del patto neotestamentario.

06 - La religione cattolica veicola l'impostazione patriarcale della società: il sacerdozio femminile, anziché rifiutarla e scardinarla, la promuoverebbe

La struttura androcentrica della Chiesa deve essere smossa dal suo interno attraverso una ricezione più autentica del messaggio di Gesù, aprendosi all'ordinazione delle donne. Questa, nel ruolo di celebrante, aiuterà i fedeli a percepire Dio in una maniera più ampia e porterà la Chiesa a essere più rispettosa del ruolo della donna, con la conseguenza di riavvicinare i fedeli alle sue pratiche.

Non tutto l'ambiente del femminismo cattolico spinge per l'ammissione delle donne al servizio sacerdotale. Tale ammissione, anziché scardinare il sistema maschilista, lo rafforzerebbe. Non è necessario spingere per l'ordinazione delle donne, ma si deve abbattere l’organizzazione gerarchica della casta sacerdotale e ottenere che i sacramenti possano essere amministrati da tutti i laici.