Responsabilità civile dei magistrati

La questione della responsabilità dei giudicanti è argomento centrale del dibattito politico, giuridico e filosofico. La disciplina vigente, contenuta nella legge n. 117 del 1988 come modifica della legge n. 18 del 2015, pone una serie di interrogativi, a cominciare dall’individuazione delle ragioni giustificatrici del differente trattamento riservato ai magistrati rispetto ai dipendenti pubblici.

TESI FAVOREVOLI

TESI CONTRARIE

01 - La responsabilità civile dei magistrati mina la loro indipendenza e la serenità del giudizio

Fatti salvi l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, che non permettono un regime risarcitorio, appare oggi necessaria una legislazione in grado di conciliare tali valori con quello del diritto al risarcimento per il cittadino danneggiato. Luciano Violante afferma che sul principio di autorità deve prevalere il principio di trasparenza: il magistrato deve giustificare il suo operato.

La responsabilità civile dei magistrati mina la loro indipendenza e la serenità del giudizio. Secondo alcuni questa incrinerebbe la loro autonomia di giudizio. In ogni caso, a pagare dovrebbe essere lo Stato e non il singolo giudice: altrimenti nessuno darebbe più torto al ricco. Ma, in linea di principio, la responsabilità del giudice ne limita l’indipendenza.

02 - Il giudice è chiamato a rispondere dei danni da lui causati al pari di ogni altro dipendente pubblico

Una volta accertata la colpa grave del magistrato, egli sarà tenuto a un risarcimento pari alla metà dello stipendio netto che guadagnava all’epoca del fatto, mentre la somma restante non può che ricadere sulla fiscalità generale e dunque su tutti i cittadini, ivi compreso, sul piano delle tasse, su colui che attraverso l’azione risarcitoria ha ottenuto il diritto a essere risarcito.

L’attività del magistrato si caratterizza per il fatto di creare un danno ogni volta che esprime una sentenza. Il timore della responsabilità, quindi di azioni risarcitorie, potrebbe indurre il giudice a prendere decisioni che lo pongano al riparo, magari a danno di chi ha meno possibilità di intentare nuove azioni legali. L’attività del giudice deve essere libera da azioni difensive.

03 - La responsabilità diretta del giudice condiziona la sua attività e ne mette a rischio la terzietà

Escludendo ogni ipotesi di responsabilità diretta dei magistrati si è “sancito definitivamente il principio per il quale, a differenza di quanto avviene per tutte le altre categorie professionali, i giudici, in nome dell’indipendenza della magistratura, godono anche di una sorta d’irresponsabilità e di libertà di processare chiunque, anche in mancanza del più lontano e larvato indizio”.

“Un magistrato soggetto ad azione diretta della parte che sta giudicando non sarebbe più libero di giudicare senza condizionamenti”. La possibilità di esercitare l’azione risarcitoria implica “l’estromissione dal giudizio del magistrato sgradito alla parte”. Il giudice dovrebbe astenersi per l’impossibilità di giudicare colui che è in quel momento la sua controparte in un’azione civile.

04 - Il giudice non può essere chiamato a rispondere per l’attività di interpretazione delle norme e di valutazione di fatti e prove (c.d. clausola di salvaguardia)

Il consigliere di Stato Francesco Bellomo, scrive che escludere il magistrato dall’area di responsabilità non ha alcun senso, poiché la discrezionalità che ne connota l’esercizio è oggettivamente controllabile. Per il ministro della Giustizia Orlando il magistrato “può essere chiamato in causa soltanto nel caso di negligenza inescusabile”, quindi con un'area di responsabilità ridotta.

Secondo Ciro Falanga si deve evitare il rischio che la responsabilità civile ponga “una cappa di piombo sull’attività interpretativa delle norme, determinando uno statico conformismo alla giurisprudenza della Cassazione che […] gli stessi giudici della Corte non auspicano”. È prevedibile che con l’introduzione della responsabilità civile le sentenze si orienteranno in chiave difensiva.

05 - Il giudice non deve rispondere se si discosta dagli orientamenti della Corte di Cassazione. La tradizione giuridica italiana ne tutela la libertà decisionale

L’onorevole Carlo Giovanardi ha affermato che, posto che “la funzione nomofilattica della Corte […] risponde all'esigenza di assicurare certezza nell'interpretazione delle norme e garanzia ai diritti dei cittadini”, non vi sono ragioni per cui i magistrati non rispondano “direttamente della mancata ottemperanza alle disposizioni di legge, così come interpretate dalla Suprema Corte di cassazione”.

Per l’on. Giuseppe L. Cucca “il nostro sistema non prevede una gerarchia delle decisioni alle quali si debba adeguare un giudice. […] non esiste un obbligo di adeguarsi alle decisioni della giurisprudenza […] anche se questa sia formata dalla Corte di cassazione. […] L’estensione della colpa grave in caso di discostamento della giurisprudenza andrebbe a detrimento della libertà del giudice.

06 - È opportuno prevedere un filtro preliminare che valuti l’ammissibilità delle domande di risarcimento del danno derivante da responsabilità del giudice

Per il ministro della Giustizia Orlando il filtro di ammissibilità “si era trasformato in una muraglia al punto da scoraggiare i ricorsi”. Eliminando questo “filtro che in modo sommario porta a respingere molti ricorsi dei cittadini” si consente a chi avvia un ricorso di “sapere che non ci sono blocchi invisibili, che c’è un giudice più accessibile per chi subisce un danno ingiusto”.

Il giudizio di ammissibilità della domanda di risarcimento tutela il giudice da eventuali azioni infondate che possano turbarne la serenità di giudizio. Senza il filtro di ammissibilità l’azione per la responsabilità civile potrebbe essere avviata anche durante le indagini e l’indagato si troverebbe lo stesso pm come avversario in una causa civile.