Accesso dei divorziati risposati al sacramento dell'eucaristia

Nella Chiesa cattolica c’è chi afferma che il nesso tra eucaristia e matrimonio sia sostanziale e, dunque, chi ha contratto nuove nozze si sia autoescluso dalla comunione. Di altro avviso coloro i quali, avvertendo come inesorabili alcuni cambiamenti nelle dinamiche sociali e nelle relazioni affettive, sostengono che la Chiesa debba ammettere i divorziati risposati alla comunione eucaristica.

TESI FAVOREVOLI

TESI CONTRARIE

01 - L'indissolubilità del matrimonio è una “norma giuridica naturale”, non un semplice ideale

L'indissolubilità del matrimonio non è un limite alla libertà degli sposi; anzi, al contrario, ne esalta la capacità di accoglienza, fedeltà e amore. Essa non è un “peso” né un ideale che dipende dalle capacità soggettive, ma un riflesso della legge naturale e divina che precede lo stesso messaggio cristiano. Non comprendere questo carattere significa non comprendere neppure il matrimonio stesso.

Nel matrimonio molte coppie danno il loro assenso non avendo una coscienza chiara di quanto promettono. Pertanto, molti matrimoni possono essere annullati dal tribunale ecclesiastico. Vivere una seconda unione coniugale “come fratello e sorella” è fuori dalle capacità umane, poiché la Chiesa non è fatta da puri, ma da peccatori che necessitano perdono.

02 - Il rifiuto dei sacramenti è un atto discriminatorio che colloca la Chiesa lontana dalle problematiche del mondo

I cambiamenti che hanno investito la società odierna riguardano anche il matrimonio. La Chiesa deve aprirsi alle sfide della modernità, tra cui accogliere coloro che hanno sperimentato un fallimento. Se così non fosse, la Chiesa perderebbe di credibilità. Le parole d'ordine devono essere “accoglienza” e “perdono”.

La Chiesa non può modificare le cose che Gesù ha indicato, e il matrimonio indissolubile e una di queste. La credibilità della Chiesa non dipende dalle fluttuazioni delle società nel tempo, ma dalla fedeltà con cui ripete il messaggio di Cristo. Sarebbe utile snellire i procedimenti di nullità matrimoniale, perché oggi molte persone si accostano al sacramento senza una coscienza chiara.

03 - È lecito, a determinate condizioni, concedere l'eucaristia ai divorziati risposati

Davanti al fallimento di un matrimonio e a una nuova unione civile dalla quale siano nati dei figli, la Chiesa non può misconoscere la bontà del nuovo matrimonio. È un bene innanzitutto per i coniugi, che ritrovano un nuovo slancio vitale e pace interiore. È un bene anche per gli eventuali figli avuti con il secondo matrimonio, poiché possono contare sulla presenza stabile di entrambi i genitori.

L'indissolubilità del matrimonio comporta che colui che rompe il patto nuziale si autoescluda dall’eucaristia. Non è lecito ammettere all’eucaristia coloro che rinnegano il matrimonio. Neanche l'autorità papale potrebbe contravvenire a questi dettami, poiché la dottrina cattolica, voluta e dettata da Dio, non è a disposizione degli uomini di Chiesa, che devono custodirla ma non modificarla.

04 - La Chiesa, escludendo i divorziati risposati, crea sofferenze e discriminazioni

Per i cristiani divorziati non poter partecipare all’eucaristia è motivo di sofferenza. I divorziati non possono prender parte alla vita della Chiesa e partecipare attivamente alle celebrazioni: oltre a non ricevere la comunione, non possono leggere la parola di Dio e essere padrini o madrine in altri sacramenti. Vivono, quindi, l'esclusione dalla comunità cattolica e si sentono discriminate.

Perché un cristiano che ha rifiutato un sacramento (il matrimonio) dovrebbe riceverne un altro (l'eucaristia), considerando la correlazione che esiste tra i due? Chi rifiuta il sacramento del matrimonio si autoesclude dall'accesso ad altri sacramenti. I divorziati risposati non sono esclusi dalla Chiesa, ma possono partecipare alla vita della comunità in altre maniere, come la messa.