Politiche economiche del rigore

Le politiche economiche del rigore (taglio di spesa pubblica e aumento delle tasse) sono state messe in atto dall’UE, soprattutto nel Sud, con l'insorgere della crisi economica. Secondo alcuni, ciò ha permesso di mettere in sicurezza i conti pubblici. Secondo altri di accrescere le disuguaglianze e il malessere sociale.

TESI FAVOREVOLI

TESI CONTRARIE

01 - Le politiche del rigore hanno risanato i bilanci dello Stato e hanno ridotto le inefficienze del settore pubblico

L’elevato debito pubblico di vari paesi europei che hanno sofferto la crisi, tra cui l’Italia, è stato anche dovuto alla mala gestione dei conti pubblici. Grazie alle riforme attuate negli ultimi anni, in particolare dal governo Monti, il debito pubblico italiano è stato reso sostenibile, stabilizzando lo spread e tenendo il deficit sotto la soglia del 3%.

Dal 2008, le politiche rigoriste hanno peggiorato i conti pubblici degli Stati dell’Eurozona anziché migliorarli. Dopo otto anni di crisi la crescita economica appare modesta. Le forze produttive devono, invece, essere stimolate tramite investimenti pubblici. In Italia ulteriori tagli rischierebbero di colpire anche la spesa pubblica produttiva.

02 - La riduzione del debito tramite politiche di rigore tutela le future generazioni

Il debito pubblico verrà pagato dalle nuove generazioni. La generazione nata tra gli anni '40 e '50 ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità, percependo pensioni superiori rispetto ai contributi versati. Intervenire su chi ha avuto trattamenti previdenziali di favore è necessario per salvaguardare il futuro pensionistico delle nuove generazioni.

Le future generazioni non si salvaguardano con le misure di austerità: molti giovani non riescono ad entrare nel mondo del lavoro perché gli ultrasessantenni hanno prolungato la loro vita lavorativa. La legge Fornero va rivista. Solo la crescita economica e l’immissione nel mercato del lavoro dei giovani con contratti stabili può garantire loro una pensione.

03 - L’austerità porta ad un aumento delle disuguaglianze e del malessere sociale

Varie fasce della popolazione nei paesi dell’Europa meridionale hanno goduto di trasferimenti statali non giustificati, impedendo ai più poveri di poter beneficiare della spesa sociale. Questa disuguaglianza dannosa ha provocato l’inasprimento della crisi economica nei paesi mediterranei. La politica del rigore ha consentito di risanare i bilanci pubblici e di rimodulare la spesa pubblica, evitando abusi e sprechi.

Durante la crisi economica è cresciuta la disuguaglianza nei paesi periferici dell'Eurozona in conseguenza delle politiche di austerità, che hanno impedito la redistribuzione del reddito, frenato i consumi, aumentato la disoccupazione. Per la salvaguardia dei diritti sociali, è necessario un maggiore intervento dello Stato nel sistema economico.

04 - In una fase economica recessiva, solo l'intervento statale consente la ripresa economica

L’intervento dello Stato aumenta il deficit, che a sua volta porta a un incremento del debito pubblico. L’eccesso di debito pubblico di alcuni Stati coma la Grecia e l'Italia, dovuto anche a spese a fini elettorali, rappresenta proprio la principale causa della loro vulnerabilità rispetto alle turbolenze finanziarie dei mercati.

Nei periodi di crisi la domanda aggregata di beni e servizi è insufficiente e l'economia di mercato non si stabilizza da sola, tantomeno con politiche di austerity volte al taglio della spesa pubblica. L'intervento dello Stato a sostegno della domanda aggregata serve a rilanciare i consumi, gli investimenti e l'occupazione, anche in deficit.