Nr. 68
Pubblicato il 13/09/2015

Globalizzazione economica

FAVOREVOLE O CONTRARIO?

Vi è un generale consenso sugli elementi basilari della nozione di globalizzazione, che coinvolge la mutata esperienza, da parte dell'uomo postmoderno, dei contorni spaziali e temporali dell'esistenza. La contrazione dello spazio comporta i fenomeni della deterritorializzazione e la crescita dell'interconnessione sociale e dell'interdipendenza economica. La contrazione del tempo, dettata dalle innovazioni tecnologiche nel settore delle comunicazioni e dei trasporti, comporta l'accelerazione dell'attività sociale e l'aumento dei flussi di capitali e di persone attraverso le frontiere. La globalizzazione, inoltre, è un processo storico e multidimensionale (politico, economico, socio-culturale).
Dal punto di vista economico, la globalizzazione è la realizzazione di un mercato unico globale che permette la libera circolazione di capitali senza barriere protezionistiche e la dislocazione delle unità di produzione dove il mercato dei fattori produttivi è più vantaggioso. Il dibattito sulla globalizzazione coinvolge le seguenti posizioni: gli apologeti, che esaltano le opportunità di sviluppo economico del libero mercato globale; i critici radicali, che denunciano la crescente polarizzazione della ricchezza e l'instabilità finanziaria; gli scettici, che contestano la retorica del mercato compiutamente globale; i neokeynesiani, che auspicano che la globalizzazione venga guidata politicamente da parte di governi nazionali e organismi internazionali trasparenti e democratici.


IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:

La globalizzazione è la realizzazione di un mercato unico globale che permette la libera circolazione di capitali senza barriere protezionistiche e il trasferimento della produzione dove il mercato del lavoro è più vantaggioso. Il dibattito è animato da coloro i quali esaltano le opportunità di sviluppo economico del libero mercato e coloro che denunciano la crescente polarizzazione della ricchezza e l'instabilità finanziaria.
01 - Le politiche neoliberiste del Fondo Monetario Internazionale hanno acuito il divario globale tra paesi ricchi e poveri e tutelato gli interessi della finanza

Le conseguenze negative della globalizzazione derivano dai rapporti globali di potere che le istituzioni sovranazionali, e non democratiche, rappresentano. Le politiche ideologiche del Fondo Monetario internazionale, facendo dipendere le concessioni creditizie da riforme neoliberiste, hanno tutelato gli interessi del capitale finanziario a discapito delle popolazioni dei paesi in crisi.

Il Fondo Monetario Internazionale rileva che l'esperienza suggerisce che le difficoltà di bilancio non si risolvono stampando più moneta, perché l'inflazione incontrollata strangola la crescita e aumenta la povertà: accumulare debito come soluzione a breve periodo peggiora drasticamente il futuro prossimo.

02 - Per godere dei vantaggi della globalizzazione è necessaria la libera circolazione planetaria dei fattori produttivi

Affinché le popolazioni possano godere dei vantaggi della globalizzazione è necessario accrescere la cooperazione commerciale tra blocchi valutari egemoni (Usa, Ue), attraverso un’integrazione regionale, esemplificata dall'istituzione in Europa del mercato unico in cui capitali e merci circolano liberamente: la politica non ostacoli col protezionismo l’affermarsi di un libero mercato globale.

Nonostante la professione di fede nei principi dell'economia di mercato, le grandi potenze industriali nazionali, e le aggregazioni regionali come l'UE, per proteggere la propria produzione adottano strategie economiche nelle quali si congiungono, oltre alla liberalizzazione del mercati, la competizione mercantilistica fra Stati, il regionalismo economico e il protezionismo nel settore agricolo.

03 - La globalizzazione aumenta le disuguaglianze

La crescita delle disuguaglianze a livello mondiale, la precarizzazione del lavoro, il ritorno della povertà anche nelle società avanzate sono gli effetti negativi dell’estensione globale del libero commercio. La crescita economica fallisce nel migliorare le condizioni dei più poveri.

Non vi è una tendenza sistematica all'aumento della disuguaglianza se aumentano gli scambi commerciali internazionali. Poiché la maggior parte dei globalizzatori – in particolare Cina ed India - vent'anni fa erano tra i paesi più poveri del mondo, la loro rapida crescita è stata una forza per ridurre la disuguaglianza in tutto il mondo.

04 - La globalizzazione favorisce la crescita economica, la riduzione della disoccupazione, l'aumento della produttività

Le politiche di liberalizzazione dei mercati mondiali favoriscono la crescita economica, la riduzione della disoccupazione e l’aumento della produttività. Esternalizzare non minaccia l’economia nazionale: se un paese perde posti di lavoro quando le proprie compagnie producono all'estero, il medesimo paese guadagna posti di lavoro con gli investimenti esteri delle multinazionali.

Dopo il 1980, in correlazione a una forte accelerazione del processo di liberalizzazione dei mercati mondiali, nei paesi OCSE i dati relativi alla crescita economica, alla disoccupazione e alla produttività peggiorano in misura rilevante rispetto ai trent’anni precedenti. L'epoca della globalizzazione è stata contrassegnata in Europa occidentale dal massiccio ritorno alla disoccupazione di massa.

05 - Gli Stati-nazione sono unità politiche obsolete in un'economia globale

Lo Stato-nazione è obsoleto perché non è più l'unità politica ottimale per organizzare l'attività economica, poiché le più importanti decisioni economiche vengono prese all'interno di “regioni economiche”, che inglobano i confini nazionali di più Stati e che riescono ad attrarre capitali indipendentemente dall'appartenenza a frontiere nazionali.

Gli Stati non sono impotenti e passivi quando si confrontano con le forze di mercato a livello globale: l'intervento politico dello Stato nell'economia rimane vitale per la prosperità nazionale, anche con economie sviluppate e interdipendenti.

06 - L'internazionalizzazione dell'economia non significa che l'economia mondiale sia “globale”

Tra il 1890 e il 1914 il livello di internazionalizzazione degli scambi e di circolazione dei capitali era addirittura maggiore di quello contemporaneo. Nell’odierno libero mercato globale, in realtà, le attività produttive e commerciali tendono a costituire tre blocchi (America, Europa, Asia) distinti e talora contrapposti.

Lo sviluppo dell'economia mondiale non è un mero incremento quantitativo della frequenza e del valore degli scambi tra sistemi produttivi regionali che rimangono distinti. Il livello di dipendenza reciproca e di apertura dei mercati, anche finanziari, tra le diverse economie nazionali è talmente alto e inedito da rendere l'economia mondiale qualitativamente già una “economia globale”.

07 - La globalizzazione è un'irreversibile tendenza dello sviluppo economico

La globalizzazione economica, la crescente interdipendenza ed integrazione delle economie mondiali, è un'irreversibile tendenza dello sviluppo economico globale, e la sua forza istituzionale trainante sono riforme orientate al libero scambio.

L’ideologia neoliberista rappresenta la globalizzazione come un processo dettato non da determinate scelte politiche ma da inevitabili forze naturali – l’innovazione tecnologica, ad esempio - per convincere le persone che devono adattarsi alle leggi del libero mercato se vogliono sopravvivere.

 
01

Le politiche neoliberiste del Fondo Monetario Internazionale hanno acuito il divario globale tra paesi ricchi e poveri e tutelato gli interessi della finanza

FAVOREVOLE

Prima della pubblicazione del libro di Stiglitz, percepito come un informatore eroico, è stato il Fondo Monetario Internazionale, impegnato a favorire la crescita economica dei paesi in via di sviluppo e nell'alleviare la povertà, anche attraverso l'ascolto dei suoi critici, a sottolineare il bisogno di un cambiamento radicale nella gestione dei paesi in crisi.
In contrasto con le prescrizioni politiche di Stiglitz, il Fondo Monetario Internazionale rileva che i problemi politici del mondo reale sono più complessi dei modelli matematici usati nell'accademia e che l'esperienza suggerisce che le difficoltà di bilancio non si risolvono stampando più moneta, perché l'inflazione incontrollata strangola la crescita e aumenta la povertà.
Inoltre, Il Fondo Monetario Internazionale evidenzia l'importanza dei vincoli di bilancio nel tempo: accumulare debito come soluzione a breve periodo, infatti, peggiora drasticamente il futuro prossimo.
Infine, nei paesi in via di sviluppo, il fallimento dei governi è un problema maggiore rispetto al fallimento della liberalizzazione dei mercati.

CONTRARIO

L'economista premio Nobel Joseph Stiglitz pubblica nel 2002 La globalizzazione e i suoi oppositori, in cui viene duramente criticato l'orientamento neoliberista che la globalizzazione economica ha assunto grazie anche alle politiche ideologiche del Fondo Monetario Internazionale che, tutelando gli interessi del capitale finanziario, hanno acuito il divario globale tra paesi ricchi e poveri.
Se la globalizzazione in sé, intesa come crescente interconnessione tra i popoli nel mondo e come progressiva estensione del libero mercato all'intero globo, è un fenomeno né negativo né positivo, le conseguenze negative della globalizzazione derivano dai rapporti globali di potere che le istituzioni sovranazionali, e non democratiche, rappresentano.
Sia nella crisi dell'est-asiatico sia nella recessione dell'economia russa dopo la fine dell'Unione Sovietica si rinviene una corresponsabilità del Fondo Monetario Internazionale che, rendendo dipendenti le concessioni creditizie da riforme neoliberiste, quali l'abolizione dei controlli sui movimenti di capitali e affrettate privatizzazioni, ha rappresentato gli interessi del capitale finanziario a discapito delle popolazione dei paesi in crisi.

 
02

Per godere dei vantaggi della globalizzazione è necessaria la libera circolazione planetaria dei fattori produttivi

FAVOREVOLE

Affinché le popolazioni possano godere dei vantaggi derivanti dalla globalizzazione economica, in termini di produttività, crescita economica e sviluppo sociale, è necessario che i decisori politici non ostacolino il progressivo affermarsi di un libero mercato di dimensioni globali e la libera circolazione planetaria dei fattori produttivi (le materie prime, i capitali, la forza-lavoro, le conoscenze tecnico-scientifiche) attraverso politiche economiche volte a proteggere la produzione nazionale dalla concorrenza straniera limitando, mediante l'imposizione di alti tassi doganali, le importazioni rispetto alle esportazioni. Per far ciò, è imprescindibile accrescere la cooperazione politica e commerciale tra i blocchi valutari egemoni (Usa, Ue e Giappone), anche attraverso una progressiva integrazione regionale, esemplificata dall'istituzione in Europa di un unico mercato all'interno del quale sia i capitali sia le merci possono circolare liberamente.

CONTRARIO

Le politiche di progressiva liberalizzazione dei mercati mondiali coesistono con pratiche economiche, adottate dai paesi militarmente ed economicamente più forti, volte a proteggere la produzione nazionale.
Nonostante la loro professione di fede nei principi dell'economia di mercato, le grandi potenze industriali nazionali, e le aggregazioni regionali, come l'Unione Europea e il NAFTA (North American Free Trade Agreement), che alle grandi potenze industriali afferiscono (per esempio, in Europa, la Germania), adottano e praticano complesse strategie nelle quali si congiungono la competizione mercantilistica fra gli Stati, il regionalismo economico e il protezionismo settoriale, in particolare nel settore agricolo.
Le barriere non-tariffarie consentono di aggirare i principi liberistici che sono alla base del regime internazionale del commercio istituito dal GATT (Accordo generale sulle Tariffe e il Commercio). 

 
03

La globalizzazione aumenta le disuguaglianze

FAVOREVOLE

Non esiste nessuna correlazione tra i cambiamenti nel commercio e i cambiamenti nella disuguaglianza: non vi è una tendenza sistematica all'aumento della disuguaglianza se aumentano gli scambi commerciali internazionali.
La maggior parte della disuguaglianza di reddito interpersonale a livello mondiale può essere attribuita alle grandi differenze di reddito medio tra i paesi, piuttosto che alle disuguaglianze nella distribuzione del reddito all'interno dei paesi.
La rapida crescita dei globalizzatori rispetto ai paesi ricchi significa che i globalizzatori stanno restringendo il gap relativo al reddito pro-capite. Poiché la maggior parte dei globalizzatori – in particolare Cina ed India - vent'anni fa erano tra i paesi più poveri del mondo, la loro crescita è stata una forza per restringere la disuguaglianza in tutto il mondo.

CONTRARIO

Il sociologo Gallino, analizzando la globalizzazione contemporanea, in cui il potere decisionale è alla mercé del grande capitale e i lavoratori di diverse nazioni sono in competizione tra loro, individua le caratteristiche principali della stratificazione sociale nella crescita delle disuguaglianze a livello mondiale, nella precarizzazione del lavoro, nel ritorno della povertà anche nelle società avanzate, in cui l'istruzione non promuove più mobilità sociale e i giovani sono esclusi dal sistema produttivo. Le 'rappresentazioni collettive individualiste' spiegano l'assenza di movimenti di protesta compatti contro gli effetti negativi dell'estensione globale del libero commercio.
Secondo l'economista Sen, la preoccupazione principale che suscita la globalizzazione è il livello della disuguaglianza e spinge per attuare una più equa distribuzione dei beni a livello globale.
Che la crescita sia un bene per i poveri è un mito neoliberista diffuso da un rapporto della Banca Mondiale, che sebbene non sia una ricerca sufficientemente accurata, rappresenta un documento politico. In realtà, la crescita fallisce nel migliorare, in termini relativi, le condizioni dei più poveri.

 
04

La globalizzazione favorisce la crescita economica, la riduzione della disoccupazione, l'aumento della produttività

FAVOREVOLE

Le politiche di liberalizzazione dei mercati mondiali hanno un effetto positivo sulla crescita economica. L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, esprimendo preoccupazione sugli effetti a lungo termine delle misure protezionistiche adottate in risposta alla crisi globale, invita i decisori politici ad affidarsi alle forze del vantaggio comparato e all'apertura dei mercati per guidare le economie al recupero di reddito, produttività e posti di lavoro nel commercio e nei servizi.
Il fenomeno dell'esternalizzazione non è una minaccia per l'economia nazionale. La globalizzazione significa che l'attività economica scorre in entrambe le direzioni: così come un paese perde posti di lavoro quando le proprie compagnie effettuano operazioni all'estero, il medesimo paese guadagna posti di lavoro quando le multinazionali straniere investono lì. Inoltre, il libero commercio aiuta sia le economie straniere sia l'economia nazionale ad accrescere la produttività e il benessere. L'istruzione deve produrre lavoratori con la flessibilità di imparare nuove abilità in base all'evoluzione del mercato del lavoro.

CONTRARIO

Contro coloro che sostengono che la globalizzazione favorisca la crescita economica, la riduzione della disoccupazione, l'aumento della produttività, il sociologo Gallino osserva che, se si esaminano le serie storiche di questi indicatori, riferiti all'OCSE o più restrittivamente ai paesi parte dell'UE, e se si assume come punto di svolta il 1980, a partire dal quale il processo di globalizzazione ha registrato una forte accelerazione, dopo quell'anno tutti e tre gli indicatori peggiorano in misura rilevante rispetto ai venti o trent'anni precedenti. La dinamica economica dei paesi industriali è stata più vivace prima, e non dopo, il momento in cui si è proceduto alla liberalizzazione dei mercati. L'epoca della globalizzazione è stata contrassegnata in Europa occidentale dal massiccio ritorno alla disoccupazione di massa.
Gallino nota che questi effetti perversi della globalizzazione non possono essere minimizzati dagli stessi automatismi che li hanno generati.

 
05

Gli Stati-nazione sono unità politiche obsolete in un'economia globale

FAVOREVOLE

Lo Stato-nazione è obsoleto perché non è più l'unità politica ottimale per organizzare l'attività economica, poiché le più importanti decisioni economiche vengono prese all'interno di “regioni economiche”, che inglobano i confini nazionali di più Stati e che riescono ad attrarre i capitali geografici indipendentemente dall'appartenenza a delle frontiere nazionali. Inoltre, se, in passato, gli Stati-nazione sono stati indispensabili per fornire i “quattro io” della crescita economica – ossia gli investimenti, l'industria, le informazioni e gli individui – la rivoluzione delle comunicazioni in atto a partire dagli ultimi decenni del Novecento ha rivoluzionato radicalmente il ruolo dello stato nazione.
È necessario il passaggio da una prospettiva centrata sugli Stati-nazione a una prospettiva che si catalizza sugli Stati-regione, ossia su sfere territoriali che, indipendentemente dal loro essere inseriti o meno all'interno dei confini di uno o più Stati nazione, sono capaci di attrarre i capitali globali e di essere luoghi di prosperità economica.

CONTRARIO

L'impatto delle pressioni economiche esterne sulle economie nazionali e sulle politiche pubbliche, sociali e industriali, dipende in larga misura dalla forza o dalla debolezza delle istituzioni nazionali.
Se la sinergia degli Stati, strettamente interagenti con i principali attori economici, rafforza la capacità trasformativa dello Stato, vi è “interdipendenza governata”: gli stati sono in grado di guidare e coordinare il cambiamento economico. In tali casi, la regolazione della crisi economica rafforza le capacità centrali dello Stato. Se, invece, l'interdipendenza non è governata, la capacità dello Stato è relativamente indebolita, il rischio di fallimento delle aziende cresce e la risposta alla crisi economica rischia di protrarsi maggiormente ed essere più incerta.
Gli Stati non sono impotenti e passivi quando si confrontano con le forze di mercato a livello globale: l'intervento dello Stato nell'economia industriale rimane vitale per la prosperità nazionale, anche con economie sviluppate e mature.

 
06

L'internazionalizzazione dell'economia non significa che l'economia mondiale sia “globale”

FAVOREVOLE

Secondo gli apologeti della globalizzazione, lo sviluppo dell'economia mondiale contemporanea ha portato a un “global shift”, ad un cambiamento di direzione, a un salto, ad una “svolta” qualitativa. Lo sviluppo verso cui tende l'economia mondiale contemporanea non è unicamente un semplice incremento quantitativo della frequenza e del valore degli scambi all'interno delle relazioni economiche e finanziarie tra sistemi produttivi regionali che rimangono distinti. Nell'economia mondiale contemporanea il livello di dipendenza reciproca, di collaborazione e di apertura dei mercati, inclusi quelli finanziari, tra le diverse economie nazionali è talmente alto e assolutamente inedito nella storia umana, da rendere l'economia mondiale, da un punto di vista qualitativo, già una “economia globale”.

CONTRARIO

La tesi globalista secondo cui, il fatto, del tutto inedito nella storia del mondo, che ci sia un libero mercato globale in cui a predominare sono imprese transnazionali e che questo rende inutili le strategie economiche nazionali, non è un'accurata descrizione della realtà, poiché:
nel corso della storia si è assistito a periodi, come quello tra il 1890 e il 1914, in cui il tasso di internazionalizzazione degli scambi, della circolazione dei capitali e del sistema monetario era addirittura maggiore di quello contemporaneo;
i cosiddetti “capitali senza patria” delle multinazionali operano fattivamente a partire da distinte basi nazionali o continentali;
le attività produttive e commerciali, all'interno dell'economia mondiale, tendono a costituire tre blocchi distinti e talora contrapposti, che sono individuati nell'America settentrionale, nell'Europa Occidentale e nell'Asia orientale e nel Pacifico. Questi blocchi si articolano in centro e periferia e il progressivo aumento di integrazione, l'interdipendenza e l'apertura dei mercati, se effettivamente reale, si registrano in maniera preponderante all'interno (e non verso l'esterno) di ciascuna di queste tre aree.

 
07

La globalizzazione è un'irreversibile tendenza dello sviluppo economico

FAVOREVOLE

“La globalizzazione economica si riferisce alla crescente interdipendenza delle economie mondiali come un risultato della crescente scala di scambi transfrontalieri di merci e servizi, del flusso di capitale internazionale e della rapida e vasta diffusione delle tecnologie. 
La globalizzazione economica riflette l'espansione continua e la reciproca integrazione delle frontiere del mercato, ed è un'irreversibile tendenza dello sviluppo economico in tutto il mondo a cavallo del millennio […] Se il progresso tecnologico e lo sviluppo delle tecnologie informatiche sono assunti come forza tecnologica trainante per la globalizzazione economica, allora la riforma orientata al mercato dovrebbe essere considerata come la forza trainante istituzionale di questa tendenza” (Gao Shangquan, Economic Globalization: Trends, Risks and Risk Prevention, “Economic and Social Affairs”, 2000, TdR).

CONTRARIO

“Secondo l'ideologia neoliberista, la globalizzazione riflette il diffondersi delle irreversibili forze di mercato guidate da innovazioni tecnologiche che rendono inevitabile l'integrazione delle economie nazionali. Le molteplici voci del globalismo trasmettono al pubblico, con magistrale consistenza, il messaggio dell'inevitabilità […] La rappresentazione della globalizzazione come una sorta di forza naturale [...] rende più facile [...] convincere le persone che devono adattarsi alla disciplina del mercato, se vogliono sopravvivere e prosperare. Pertanto, l'affermazione della sua inevitabilità depoliticizza il dibattito pubblico sulla globalizzazione. Le politiche neoliberiste sono al di là della politica, perché semplicemente eseguono quello che viene ordinato dalla natura […] invece di agire secondo un insieme di scelte, le persone, semplicemente, soddisfano le leggi del mercato mondiale che richiedono l'eliminazione dei controlli governativi. Non c'è niente che si possa fare riguardo il movimento naturale delle forze economiche e tecnologiche”

(M. Steger, Globalism and the selling of globalization, in Planetary Politics ..., Rowman & Littlefield, 2005).

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