Legalizzare o liberalizzare le droghe leggere
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
Il dibattito sulla liberalizzazione delle droghe leggere si è rianimato dopo l’abrogazione della legge Fini-Giovanardi decisa dalla Corte Costituzionale il 12 febbraio 2014; la sentenza ha ritenuto illegittimo l’inserimento dei punti 4 bis e 4-vicies ter (modifiche al Testo Unico sugli stupefacenti del 1990) all’interno del decreto d’urgenza per il finanziamento delle olimpiadi invernali di Torino (30 dicembre 2005, n. 272, convertito in legge nel 2006). Le posizioni a confronto sull’argomento sono totalmente antitetiche; i proibizionisti si pongono contro qualsiasi ipotesi di legalizzazione della cannabis, nella convinzione che ciò comporterebbe un aumento del consumo di droghe e della criminalità; ritengono inaccettabile la distinzione tra droghe leggere e pesanti e sostengono che la legalizzazione non assicurerebbe alcun beneficio economico o sociale alla collettività.
Gli antiproibizionisti, al contrario, ritengono che la depenalizzazione della marijuana sia l’unica soluzione in grado di contrastare realmente la criminalità organizzata e la tossicodipendenza. Secondo tale tesi, una legislazione permissiva assicurerebbe enormi entrate fiscali allo Stato e consentirebbe una maggiore prevenzione verso le categorie più esposte ai rischi della droga, come minori e adolescenti; si propongono così due opzioni: l’istituzione di un libero mercato della marijuana (liberalizzazione) o una commercializzazione controllata della sostanza da parte dello Stato (legalizzazione).
MEDIATECA
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
Il tema della liberalizzazione delle droghe leggere ha creato due fronti contrapposti: i proibizionisti, che si oppongono all’ipotesi di legalizzazione della cannabis, poiché causerebbe un aumento del consumo di droghe e della criminalità; gli antiproibizionisti, che ritengono che la depenalizzazione sia l’unica soluzione in grado di contrastare la criminalità organizzata e la tossicodipendenza.
Roberto Saviano si è detto favorevole alla legalizzazione delle droghe; lo scrittore denuncia il fallimento del proibizionismo e illustra la grave situazione di violenza e illegalità presente nei paesi africani che intersecano le rotte dei narcotraffici. Secondo lo scrittore, la legalizzazione è il mezzo più efficace per sottrarre risorse alla criminalità organizzata.
Josè Berdini ha criticato Roberto Saviano, considerando semplicistiche le tesi dello scrittore. La legalizzazione non eliminerebbe il mercato nero degli stupefacenti, anzi creerebbe un mercato o parallelo, destinato a chi non possiede i requisiti per l’acquisto. La legalizzazione, inoltre, porterebbe a un uso incontrollato tra i giovani, con conseguenti problemi sociali e sanitari.
La maggioranza degli italiani è contraria a qualsiasi ipotesi di legalizzazione o liberalizzazione delle droghe leggere, come dimostrano le recenti rilevazioni demoscopiche effettuate dai più importanti istituti italiani di ricerca e statistica. Le preoccupazioni che muovono gli italiani su tali posizioni riguardano il rischio dell’aumento del consumo e i danni sociali che ne deriverebbero.
Al referendum del 1993 sulla legge Jervolino-Vassalli, in materia di stupefacenti, gli italiani si espressero a favore della depenalizzazione del consumo personale di droga. Alcuni sondaggi hanno rivelato una grande apertura della società sull’argomento: c’è un aumento dei favorevoli alla depenalizzazione o alla legalizzazione del consumo di cannabis.
La relazione del Dipartimento per le Politiche Antidroga, riporta i risultati della Fini-Giovanardi tra il 2008 e il 2011: “vi è stato un ulteriore calo dei consumi […] Tutte le sostanze stupefacenti trovano sempre un minor uso. La legalizzazione, invece: “porterebbe soltanto ad incrementare la disponibilità e l’accessibilità a tali sostanze, creando […] un aumento dei consumatori”.
La legge Fini-Giovanardi è accusata di aver causato un aumento del consumo di droghe e una criminalizzazione dei consumatori. Alcune statistiche del Dipartimento di Salute Pubblica del Colorado, a dimostrazione del fallimento del proibizionismo, sottolineano che a un anno dall’inizio della legalizzazione, si registra un calo del consumo di cannabis tra le fasce giovanili.
Si stima che la legalizzazione della cannabis assicurerebbe allo Stato italiano circa 10 miliardi di euro: 8 miliardi deriverebbero dal gettito fiscale, mentre 2 miliardi dai risparmi nel settore della pubblica sicurezza.
La presidenza del Consiglio dei Ministri e il Dipartimento per le Politiche Antidroga sostengono che legalizzare le droghe porterebbe costi insostenibili per lo Stato, tali da vanificare le entrate fiscali: “creare un apparato statale […] atto a gestire adeguatamente la produzione e lo smercio legali, si tradurrebbe di fatto nel sostenere costi esorbitanti da parte dello Stato”.
La classificazione delle droghe in pesanti e leggere non è accettata dagli studi scientifici. È più corretto far riferimento agli effetti che le sostanze determinano sull’organismo: possono esserci ‘effetti pesanti’ da un uso di droghe cosiddette leggere ed ‘effetti leggeri’ da quello di droghe cosiddette pesanti. Dipende dalla quantità, modo d’assunzione e condizioni fisiche di chi le assume.
Le pubblicazioni scientifiche che attestano la lieve pericolosità della cannabis concordano nel ritenere la marijuana una sostanza non letale e dagli effetti generalmente lievi. L’evidenza scientifica dimostra la non sussistenza di casi di morte dovuti a overdose di THC. Alcuni ritengono che la marijuana sia molto più sicura di molti dei cibi che consumiamo abitualmente.
Il Ddl dell’intergruppo Cannabis Legale è una valida proposta per regolamentare l’uso delle droghe leggere
Nel 2015, per iniziativa del senatore e sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova, nasce l’intergruppo parlamentare Cannabis Legale, con l’obiettivo di raggiungere una regolamentazione dell’uso delle droghe leggere, superando l’antiquata legge Iervolino-Vassalli. L’eterogeneo gruppo, formato da parlamentari di quasi tutti i partiti politici, elabora la proposta di legge N. 3235, Disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati, discussa per la prima volta alla Camera il 25 luglio 2016. A favore del Ddl, oltre ai parlamentari firmatari, si sono espressi anche alcuni magistrati come Raffaele Cantone, Henry John Woodcock e Franco Roberti.
Il Ddl sulla legalizzazione dell’intergruppo Cannabis Legale approda alla Camera il 25 luglio del 2016, ma il voto viene rimandato a causa dell’enorme numero di emendamenti a carattere soppressivo, circa duemila, presentati dalle forze politiche contrarie. Il ministro Angelino Alfano è tra i maggiori oppositori alla proposta di legge: più di 1300 emendamenti provengono dal suo partito. Contrari ad ogni forma di legalizzazione anche gran parte dei politici di Forza Italia e della Lega Nord. Sul fronte della magistratura, alle parole di apertura pronunciate da Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, ha risposto Nicola Gratteri, procuratore capo di Catanzaro, fermamente contrario ad ogni tipo di compromesso con le forze antiproibizioniste. Anche Catello Maresca, pm di Napoli, è convinto degli effetti negativi che una vendita regolamentata di cannabis provocherebbe, primo fra tutti l’aumento del consumo tra i più giovani.
La legalizzazione è il mezzo più efficace per sottrarre risorse alla criminalità organizzata
Roberto Saviano, autore di Gomorra e Zero, Zero, Zero, si è detto più volte favorevole a una legalizzazione delle droghe; in un appello apparso su “L’Espresso” lo scrittore denuncia il fallimento del proibizionismo e, citando una relazione di Kofi Annan, ex segretario generale dell’ONU, illustra la grave situazione di violenza e illegalità presente nei paesi africani che intersecano le rotte dei narcotraffici. Secondo lo scrittore la legalizzazione è il mezzo più efficace per sottrarre risorse alla criminalità organizzata e contrastare quello che egli definisce il “narcocapitalismo”, una struttura economica e criminale che agisce non solo sul piano economico ma anche su quello sociale. Saviano, infatti, sottolinea come il controllo di interi territori da parte della criminalità, la quale si alimenta principalmente con il traffico di droga, non si eserciti soltanto sul piano della violenza, ma anche sul piano politico e assistenziale. Pertanto lo scrittore esorta l’Italia a realizzare riforme in questo campo, strutturali e a costo zero, con il fine di contrastare le mafie e al contempo recuperare risorse economiche a favore della collettività.
Josè Berdini, responsabile della Cooperativa Pars, ha criticato l’appello di Roberto Saviano considerando ingenue e semplicistiche le tesi espresse dallo scrittore. La legalizzazione non solo non sarebbe in grado di eliminare il mercato nero degli stupefacenti, ma anzi creerebbe un mercato “grigio” o parallelo, cioè un mercato destinato a coloro i quali non siano in possesso dei requisiti per l’acquisto (ad esempio i minori). La legalizzazione, inoltre, porterebbe a un uso incontrollato da parte dei giovani, con conseguenti problemi sociali e sanitari. È per questi motivi che legalizzare non consentirebbe di contrastare la criminalità né da un punto di vista sociale né economico. Le critiche, inoltre, riguardano anche la fattibilità di tali proposte giudicate da Berdini dispendiose e troppo complesse da gestire. Posizioni contrarie alle proposte di Saviano sono state sostenute anche da don Mazzi con argomentazioni simili alle precedenti; il presbitero però tende a sottolineare il ruolo fondamentale del nucleo familiare, a suo avviso attore primario dell’unica vera attività di prevenzione: l’educazione ai valori positivi della vita.
L’opinione pubblica italiana non condivide l’ipotesi di una legalizzazione delle droghe leggere
In occasione del referendum del 1993 sulla legge Jervolino-Vassalli (1990) in materia di stupefacenti, i cittadini italiani si espressero a favore della depenalizzazione del consumo personale di droga. Successivamente alcuni sondaggi hanno rivelato una grande apertura della società sull’argomento: il trend sembra confermare un aumento di quanti si dicono favorevoli a misure che prevedano la depenalizzazione o la legalizzazione del consumo di cannabis in Italia. In particolare, è tra le persone in età compresa tra i quindici e i 64 anni che la percentuale dei favorevoli è largamente maggioritaria. A ciò si sommano gli appelli provenienti da autorevoli personalità del mondo medico come Umberto Veronesi, e da importanti organizzazioni della società civile come l'Associazione Luca Coscioni e l’ASCIA, (Associazione per la Sensibilizzazione Canapa Autoprodotta) che da anni si battono a favore della legalizzazione della marijuana. Da qualche anno, inoltre, alcune regioni italiane come la Puglia, la Toscana, il Veneto e l’Abruzzo hanno promulgato leggi favorevoli alla cannabis terapeutica, segno che anche l’Italia sembra essere pronta al passo decisivo in questa direzione.
La maggioranza degli italiani è contraria a qualsiasi ipotesi di legalizzazione o liberalizzazione delle droghe leggere, come dimostrano le recenti rilevazioni demoscopiche effettuate dai più importanti istituti italiani di ricerca e statistica. Le preoccupazioni che muovono gli italiani su tali posizioni riguardano il rischio dell’aumento del consumo e i danni sociali che ne deriverebbero. Contrario alla legalizzazione è anche papa Francesco il quale, in occasione della trentunesima edizione dell’International Drug Enforcement Conference, si è espresso contro qualsiasi ipotesi di questo tipo. Le stesse convinzioni sono condivise anche da realtà provenienti dalla società civile, come il MOIGE (Movimento Italiano Genitori) e il movimento LegaLife nato nel 2014 “dall’esigenza di far sentire la voce di educatori e famiglie nel dibattito sulla legalizzazione della cannabis” (Nasce il movimento Legalife, “Cdg.it”, 11 ottobre 2014). Anche un’eminente personalità istituzionale come Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia, si dice “contrario alla liberalizzazione delle droghe leggere che non è né possibile né auspicabile” (Legalizzazione della cannabis. Chi è pro e chi è contro, “LifeGate.it”, 27 febbraio 2014).
Il proibizionismo ha prodotto una diminuzione del consumo di stupefacenti mentre la legalizzazione lo incentiverebbe
Franco Corleone e Stefano Anastasia (4° Libro Bianco sulla legge Fini-Giovanardi, “fuoriluogo.it”, 2013) contestano i dati sulla diminuzione del consumo di cannabis divulgati dal Dipartimento per le Politiche Antidroga: “come tre anni fa la Relazione pubblicata sotto la responsabilità scientifica del dottor Serpelloni fece discutere per l’annuncio clamoroso di un crollo del 25% dei consumi life time di cannabis, suscitando una vera incredulità nella comunità scientifica anche internazionale, così sospettiamo che la diminuzione del numero dei detenuti tossicodipendenti appartenga alla categoria dei miracoli della propaganda”. L’accusa rivolta alla Fini-Giovanardi è di aver causato un aumento del consumo di droghe e una criminalizzazione dei consumatori. A ciò si affianca un articolo del 2014 di Stefano Auditore (In Colorado, dopo la Legalizzazione, è diminuito il consumo di Cannabis tra i minori, “freeweed.it”, 14 agosto 2014), direttore dell’Associazione FreeWeed Board, che riporta alcune statistiche del Dipartimento di Salute Pubblica del Colorado. A dimostrazione del fallimento del proibizionismo Auditore sottolinea che, a un anno dall’inizio della legalizzazione, i dati provenienti dal Colorado riportano un calo del consumo di cannabis tra le fasce giovanili.
La relazione al Parlamento (Sull’uso di sostanze stupefacenti e sulle tossicodipendenze in Italia, 28 giugno 2011) realizzata dal Dipartimento per le Politiche Antidroga, riporta i risultati ottenuti dalla Fini-Giovanardi tra il 2008 e il 2011: “i dati derivanti dalle indagini eseguite nel 2011 ci dicono che vi è stato un ulteriore calo dei consumi e che quindi questo trend al ribasso si riconferma anche quest’anno. Tutte le sostanze stupefacenti trovano sempre un minor uso da parte della popolazione giovanile che, soprattutto negli ultimi anni, sembra esprimere, nella maggioranza dei casi, un atteggiamento più consapevole e responsabile, nei confronti della necessità e dell’opportunità di evitare qualsiasi uso di droghe”. Il rapporto riporta i dati sui consumatori: dai 3.934.450 registrati nel 2008 ai 2.924.500 nel 2010, con un saldo negativo di 1.009.950 (meno 25,7%). Inoltre, il rapporto sostiene che “non può trovare accoglienza alcuna ingiustificata quanto insensata ipotesi di legalizzazione delle droghe, in quanto porterebbe soltanto ad incrementare la disponibilità e l’accessibilità a tali sostanze creando, nel tempo, inevitabilmente un aumento dei consumatori” (ibidem).
Legalizzare la marijuana porta enormi benefici economici alla collettività
Si stima che la legalizzazione della cannabis assicurerebbe allo Stato italiano circa 10 miliardi di euro: 8 miliardi deriverebbero dal gettito fiscale, mentre 2 miliardi dai risparmi nel settore della pubblica sicurezza (Marco Rossi, Il costo fiscale del proibizionismo: una simulazione contabile, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, settembre 2009, disponibile su “Encod.org”). Mario Centorrino, Pietro David, Ferdinando Ofria, (Effetto cannabis sui conti pubblici, “Lavoce.info”, 21 marzo 2014) sottolineano l’importanza dell’indotto legato a tali attività: “l’introito fiscale è solo parte dell’utilità complessiva che uno Stato può trarre dal passaggio dalla proibizione alla legalizzazione. La regolamentazione del mercato delle droghe leggere si lega strettamente alla contabilità ufficiale della finanza pubblica perché le regole concordate a livello internazionale nel Sec95 separano sommerso economico e attività illegali, includendo una stima del primo nel Pil, ma escludendo le seconde dalla contabilità ufficiale. In sostanza, esistono mercati illegali, con i propri occupati e il relativo fatturato, che tuttavia non vengono registrati nella contabilità ufficiale”.
La presidenza del Consiglio dei Ministri e il Dipartimento per le Politiche Antidroga sostengono che contrastare l'illegalità legalizzando le droghe sia infruttuoso. Al di là delle posizioni politiche, da un punto di vista economico ciò si tradurrebbe in costi insostenibili per lo Stato, tali da vanificare le eventuali entrate fiscali: “affinché il mercato illegale delle droghe sia efficacemente contrastato con la legalizzazione, lo Stato dovrebbe mettere in piedi un gigantesco sistema di produzione, controllo, custodia e distribuzione dei diversi tipi di sostanze che, dal punto di vista tecnico-sanitario, verrebbe affidato ad industrie professionali che siano in grado di rispondere a tutte le tipologie di consumatori: occasionali, abitudinari e dipendenti. Ma creare un apparato statale ben strutturato, di alto livello tecnologico, atto a gestire adeguatamente la produzione e lo smercio legali, si tradurrebbe di fatto nel sostenere costi esorbitanti da parte dello Stato e, quindi, dell’intera collettività” (Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Politiche Antodroga, Le ragioni del perché NO alla legalizzazione delle sostanze stupefacenti, I novembre 2011).
La scienza non considera valida la distinzione tra droghe leggere e pesanti
Le pubblicazioni scientifiche che attestano la lieve pericolosità della cannabis concordano nel ritenere la marijuana una sostanza non letale e dagli effetti generalmente lievi. L’evidenza scientifica dimostra la non sussistenza di casi di morte dovuti a overdose di THC, come confermano gli studi di illustri scienziati come David Nutt e Wayne Hall. Un rapporto della DEA (Drug Enforcement Administration, agenzia federale antidroga american, Opinion and reccomended ruling, findings of fact, conclusions of law and decision of Administrative Law Judge) sostiene che la quantità letale di THC è “impossibile da quantificare in quanto troppo alta” (TdR). Il rapporto in questione, stilato il 6 settembre 1988 dal giudice Francis L. Young, stima tra i ventimila e i quarantamila gli spinelli necessari per uccidere una persona; precisamente il documento individua in 1.500 chilogrammi, assunti in meno di un quarto d’ora, la quantità necessaria a causare la morte di un individuo. La lieve pericolosità della sostanza è resa emblematica dal punto 15 del rapporto: “in termini strettamente medici, la marijuana è molto più sicura di molti dei cibi che consumiamo abitualmente” (TdR).
La classificazione delle sostanze stupefacenti in “pesanti” e “leggere” non è accettata dagli studi scientifici: “è necessario sottolineare un aspetto che fa giustizia di alcune superficiali valutazioni circa la pericolosità delle droghe e, quindi, della loro classificazione in ‘leggere’ e ‘pesanti’ (definizioni create e sostenute dal movimento antiproibizionista), che non ha senso e non solo perché in dottrina è inesistente ma perché è ovviamente più corretto fare riferimento agli effetti che le sostanze determinano sull'organismo; in tal caso, va ulteriormente sottolineato che vi possono essere ‘effetti pesanti’ da un uso di droghe cosiddette leggere ed ‘effetti leggeri’ da quello di droghe cosiddette pesanti: tutto infatti è condizionato dalla quantità di sostanza assunta, da come viene ‘acquisita’ dall’organismo (iniettata, fumata, aspirata), dalle condizioni fisiche dell'assuntore e, infine, dal fatto che l’uso sia intenso e ripetitivo o del tutto occasionale” (Pietro Soggiu, Droga, Il libro dell’Anno “Treccani.it”, 2002).