Sentinella dell’Est: passo verso uno scontro NATO-Russia
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
La guerra tra Russia e Ucraina ha finora coinvolto la NATO solo come sostegno indiretto a Kiev, evitando un confronto militare diretto. A settembre 2025 però la crisi ha toccato direttamente i cieli dell’Alleanza: nella notte fra il 9 e il 10 settembre, circa 19 droni militari russi hanno violato lo spazio aereo della Polonia – alcuni provenendo dalla Bielorussia – in concomitanza con l’esercitazione russo-bielorussa Zapad 2025. Varsavia ha denunciato l’incursione come intenzionale e ha invocato l’Articolo 4 del Trattato NATO, chiedendo consultazioni urgenti per la propria sicurezza. Episodi simili di sconfinamento con droni si erano già verificati in Romania e nei paesi baltici, alimentando il timore di un “effetto spillover” del conflitto. In risposta, il 12 settembre la NATO ha annunciato il lancio di una nuova missione di sorveglianza aerea denominata “Eastern Sentry” (tradotta informalmente in italiano come “Operazione Sentinella dell’Est”), volta a “rafforzare ulteriormente la nostra posizione difensiva lungo il fianco orientale”. L’operazione, di durata non predefinita, ha preso avvio formale il 13 settembre 2025 e prevede un impiego flessibile e integrato di risorse militari aeree, terrestri e navali di vari Paesi alleati.

IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
Eastern Sentry segna il primo ingaggio diretto NATO contro droni russi: per Mosca è la prova che l’Alleanza è ormai in guerra.
La missione risponde a provocazioni russe, rassicura gli alleati e previene nuove incursioni.
Il dispiegamento permanente sul fianco est cristallizza una divisione Europa-Russia simile a quella della Guerra Fredda.
Mostrare compattezza e prontezza dissuade Mosca da ulteriori aggressioni, riducendo il rischio di guerra.
La missione può generare incidenti: basta un errore di calcolo per scatenare uno scontro incontrollabile.
Eastern Sentry è calibrata: solo difesa entro confini NATO, senza atti offensivi.
L'operazione spinge la NATO a disperdere risorse, indebolendo il sostegno a Kiev e testando la coesione occidentale.
L’operazione riduce il rischio che droni colpiscano città NATO, evitando tragedie e escalation.
L’operazione Sentinella dell’Est un passo verso lo scontro diretto
Per i critici, l’operazione Sentinella dell’Est rappresenta un punto di non ritorno nell’escalation tra NATO e Russia. Per la prima volta dall’inizio della guerra in Ucraina, l’Alleanza atlantica ha autorizzato l’intercettazione e l’abbattimento di droni russi nello spazio aereo di un Paese membro. Secondo il Cremlino, questa è la prova che “la NATO è ormai parte della guerra” (“RaiNews”, “Tgcom24”). Peskov ha dichiarato che l’Alleanza “non ha bisogno di altre prove per essere considerata in guerra con la Russia”, mentre Medvedev ha definito “provocatoria” e “folle” l’ipotesi di creare una no-fly zone al confine polacco-ucraino, interpretandola come passo verso il coinvolgimento diretto.
La novità non è solo semantica: il 13 settembre, meno di 24 ore dopo l’avvio ufficiale della missione, un Rafale francese e un elicottero polacco sono intervenuti in Romania per neutralizzare un drone russo (Defense One). Questo è stato letto come la dimostrazione pratica che la NATO non si limita più ad azioni simboliche, ma esercita un ruolo attivo di difesa contro mezzi russi. In passato, episodi simili erano stati gestiti a livello nazionale; ora il coinvolgimento è collegiale e sancito da una missione permanente.
Carlo Jean (“Formiche.net”) ha sottolineato che la posizione di Rutte — secondo cui non importa se le violazioni fossero intenzionali o accidentali — riduce i margini di de-escalation. Considerare irrilevante l’intenzionalità significa che anche un errore tecnico potrebbe portare a una reazione militare. Questo approccio, per i critici, aumenta drasticamente il rischio di incidenti incontrollabili. Basti immaginare se un caccia NATO colpisse un velivolo russo entrato per errore nello spazio aereo: sarebbe difficile evitare un’escalation.
Inoltre, la missione non ha una durata definita, ma “finché necessario” (“Panorama”). Questo suggerisce l’intenzione di mantenere una presenza armata stabile ai confini con la Russia, creando una situazione permanente di attrito. Per i detrattori, la NATO si sta spostando da una postura di contenimento a una logica di confronto diretto, in cui l’incidente armato non è più un’ipotesi remota ma una possibilità concreta.
Dunque, Sentinella dell’Est è una soglia oltrepassata: la NATO, pur presentandosi come difensiva, ha varcato la linea che la separava dal conflitto diretto con la Russia.
Nina Celli, 19 settembre 2025
Sentinella dell’est è un’operazione difensiva necessaria per prevenire la guerra
Per i sostenitori di Sentinella dell’Est, la missione rappresenta l’unica scelta logica di fronte a una provocazione che non poteva restare senza risposta. La violazione dello spazio aereo polacco con 19 droni russi (“Reuters”) non è stata un episodio marginale: secondo il commissario europeo Andrius Kubilius era un vero e proprio “test delle capacità NATO ed europee” (“Vatican News”). Se l’Alleanza non avesse reagito, Mosca avrebbe percepito la mancata risposta come un segnale di debolezza, incoraggiandosi a intensificare le incursioni.
Il premier britannico Keir Starmer ha sottolineato che i Typhoon inviati dal Regno Unito non rappresentano una dimostrazione di forza, ma strumenti “essenziali per scoraggiare aggressioni e proteggere lo spazio aereo” (“ANSA”). Questo chiarisce il punto di vista dei difensori della missione: non si tratta di provocare la Russia, bensì di rassicurare le popolazioni alleate e ridurre le probabilità di ulteriori violazioni.
In termini di legittimità, l’attivazione dell’Articolo 4 del Trattato NATO da parte della Polonia ha reso doveroso il coinvolgimento collettivo. L’Alleanza, secondo la sua stessa natura difensiva, ha risposto in modo proporzionato. Kosiniak-Kamysz, vicepremier polacco, ha dichiarato che “i 32 Paesi dell’Alleanza difenderanno ogni centimetro del loro territorio: un attacco a uno è un attacco a tutti” (“il Giornale”).
La storia dimostra che in momenti di crisi simili la deterrenza è stata spesso l’unica via per mantenere la pace. Durante la Guerra Fredda, l’Occidente non evitò la guerra restando passivo, ma rispondendo con fermezza a ogni provocazione sovietica. Anche in questo caso, i sostenitori ritengono che rafforzare la postura difensiva sia l’unico modo per evitare che la Russia metta davvero alla prova l’Articolo 5.
Per i sostenitori della missione Sentinella dell’Est, l’operazione non è un’escalation ma garanzia di stabilità: senza una risposta ferma, il rischio di guerra sarebbe stato maggiore.
Nina Celli, 19 settembre 2025
Una nuova “Cortina di ferro” in Europa
Molti osservatori hanno interpretato Eastern Sentry (Sentinella dell’est) come il ritorno a una divisione militare dell’Europa. “HuffPost Italia” ha parlato apertamente di “nuova cortina di ferro”, mentre “Panorama” descrive la missione come ricreazione di una barriera armata “dal Mare del Nord al Mar Nero”. L’operazione non ha scadenze e, per Barlocchetti (“Panorama”), durerà “finché non cambieranno i vertici a Mosca o Kiev”. Di fatto, si prepara a essere un dispositivo permanente.
Il linguaggio utilizzato non è neutro: “Sentinella” richiama il presidio ai confini, come durante la Guerra Fredda. Crosetto ha ammesso che l’Italia non è pronta a difendersi da missili e droni (“Repubblica”), alimentando la percezione di una corsa al riarmo. Per i critici, Eastern Sentry sancisce un cambiamento culturale e politico: dall’illusione di un continente pacificato si passa alla ricostituzione di un confine armato che separa l’Occidente dalla Russia.
La retorica del Cremlino trova in questo contesto un facile appiglio. Putin e Peskov possono raccontare al pubblico russo che l’Occidente “ha ricreato la cortina di ferro”, giustificando così nuove misure militari e nazionalistiche. Nel frattempo, in Europa, l’effetto sarà quello di una crescente militarizzazione, con nuove spese e minore cooperazione su altri fronti.
La missione diventa così un simbolo: un’Europa tornata a dividersi in blocchi. Per i detrattori, Eastern Sentry non risolve la crisi ucraina ma consolida una contrapposizione strutturale che ricorda il passato. La missione non è solo una misura difensiva: rappresenta il ritorno della logica dei blocchi, un arretramento storico che rischia di cristallizzare lo scontro con la Russia per decenni.
Nina Celli, 19 settembre 2025
L’operazione Eastern Sentry è deterrenza efficace per evitare nuove provocazioni
Eastern Sentry ha principalmente una funzione di deterrenza, cioè di mostrare a Mosca che l’Alleanza è compatta e pronta a reagire. Il segretario generale Mark Rutte lo ha espresso chiaramente: “Non possiamo permettere droni russi nello spazio aereo alleato” (“Reuters”). Non è importante se l’incursione fosse intenzionale o accidentale: in entrambi i casi, la sua inaccettabilità richiede una risposta netta.
Il generale Grynkewich ha ribadito che la missione sarà “flessibile e calibrata” sulla minaccia (Defense One), evitando sia eccessi sia sottovalutazioni. Dopo l’avvio della missione, non ci sono stati altri sconfinamenti multipli di droni: segno che l’effetto deterrente ha già funzionato.
Inoltre, la missione ha rafforzato la coesione interna. Kosiniak-Kamysz ha ringraziato gli alleati per la “perfetta interoperabilità” dimostrata durante la notte dell’incidente (“il Giornale”). Questo risultato politico è cruciale: dimostra che l’Alleanza non è divisa, ma capace di agire in modo coordinato.
La deterrenza non mira solo a rassicurare Polonia e Baltici: serve a prevenire che i Paesi più esposti agiscano in autonomia. Se Varsavia non avesse avuto la protezione collettiva, avrebbe potuto decidere da sola di colpire basi di lancio in Bielorussia, con conseguenze potenzialmente disastrose. Con Eastern Sentry, la responsabilità è condivisa e incanalata in un quadro multilaterale.
Per i difensori, la missione non avvicina alla guerra ma la allontana: l’unico modo per fermare nuove provocazioni è dimostrare che la NATO non tollererà altri incidenti.
Nina Celli, 19 settembre 2025
La missione Sentinella dell’est è una provocazione ad alto rischio di incidenti
L’operazione Sentinella dell’Est aumenta sensibilmente la presenza militare NATO lungo i confini con la Russia. Per i critici, questa strategia rischia di trasformarsi in una provocazione involontaria, che può sfociare in incidenti incontrollabili. Già nelle prime ore dopo l’avvio, un Rafale francese e un elicottero polacco sono stati costretti a decollare in Romania per inseguire un drone russo per quasi un’ora (Defense One). In scenari di alta tensione, ogni errore di calcolo o malinteso tecnico può avere conseguenze drammatiche.
La Russia interpreta la missione come atto ostile. Peskov ha dichiarato che la NATO “è ormai in guerra” con Mosca (“RaiNews”), mentre Medvedev ha bollato come “provocatoria” qualsiasi ipotesi di no-fly zone, definendo “idioti” i politici occidentali che la propongono (“Tgcom24”). Questa retorica, pur parte della propaganda, segnala che Mosca considera Eastern Sentry non come semplice difesa, ma come una sfida diretta. A ciò si aggiungono le grandi esercitazioni russo-bielorusse (Zapad-25), con oltre 100mila uomini dispiegati proprio in risposta alla missione NATO, creando un clima di escalation reciproca.
Sul piano tecnico, Carlo Jean (“Formiche.net”) sottolinea due criticità: l’efficacia limitata delle difese occidentali e la sproporzione costi-benefici. Mentre l’Ucraina abbatte circa l’80% dei droni, la NATO in Polonia ne ha neutralizzati appena il 20%, dimostrando difficoltà operative. Al tempo stesso, i droni Geran-2 russi costano poche migliaia di euro, mentre i missili intercettori NATO arrivano a milioni. Questa sproporzione potrebbe indurre Mosca a intensificare le incursioni, logorando le risorse occidentali e costringendo l’Alleanza a reagire in modo sempre più aggressivo.
Alcuni analisti temono un ulteriore passo: se i droni continueranno a eludere le difese, la NATO potrà colpire direttamente le basi di lancio in Bielorussia o Russia, atto che equivarrebbe a una dichiarazione di guerra. Jean parla apertamente della necessità di una “deterrenza attiva”, cioè capacità di colpire le fonti della minaccia, ma ammette che ciò significherebbe oltrepassare la linea rossa del conflitto diretto.
In prospettiva storica, episodi simili di sovrapposizione militare hanno spesso portato a incidenti. Durante la Guerra Fredda, sconfinamenti aerei sfociarono talvolta in abbattimenti e gravi crisi diplomatiche. Oggi, con un conflitto già in corso in Ucraina, il rischio è ancora maggiore: un drone o un caccia russo abbattuto nello spazio NATO potrebbe innescare invocazioni dell’Articolo 5, con conseguenze imprevedibili.
Per i critici, dunque, Sentinella dell’Est non rafforza la stabilità, ma crea un ambiente iper-militarizzato in cui il margine di errore si assottiglia. Più assetti in volo e più regole d’ingaggio aggressive significano più possibilità che un incidente minore degeneri in una crisi internazionale incontrollabile.
Nina Celli, 19 settembre 2025
Eastern Sentry è una risposta proporzionata e conforme al Diritto internazionale
Un punto centrale delle argomentazioni a favore della missione è la sua proporzionalità. Eastern Sentry non ha introdotto atti offensivi, ma solo rafforzato la difesa entro i confini NATO. Gli assetti aggiuntivi annunciati sono pochi e mirati: due F-16 danesi, tre Rafale francesi, quattro Eurofighter tedeschi (“Reuters”). Non si tratta dunque di un build-up massiccio, ma di un’aggiunta simbolica e calibrata.
L’analista Emmanuele Panero (“Vatican News”) ha spiegato che la missione si inserisce nei dispositivi già presenti, rafforzandoli senza stravolgerli. La NATO ha scelto con attenzione termini e modalità: non si parla di no-fly zone, ma di operazione difensiva. Questo riduce il rischio di essere percepita come offensiva.
Sul piano giuridico, l’operazione è pienamente conforme al Trattato NATO e al Diritto internazionale. La NATO agisce solo sul proprio territorio o su quello dei membri che ne fanno richiesta. Non vi è stato alcun sconfinamento nello spazio aereo russo o bielorusso. Il Papa stesso ha ricordato che “la NATO non ha cominciato nessuna guerra” (“Tgcom24”), a conferma della natura difensiva dell’Alleanza.
La trasparenza è un altro elemento di proporzionalità: Rutte e Grynkewich hanno presentato pubblicamente l’operazione, spiegandone scopi e limiti. Questa scelta evita malintesi e segnala chiaramente a Mosca che non si tratta di un atto aggressivo, ma di protezione.
Per i sostenitori, quindi, Eastern Sentry non è escalation ma un intervento giuridicamente e politicamente legittimo, costruito con misure proporzionate e pienamente difensive.
Nina Celli, 19 settembre 2025
La missione distrae dall’Ucraina e genera pressione sugli alleati
Secondo molti analisti, Sentinella dell’est realizza parte della strategia russa: dividere le forze NATO e ridurre il sostegno all’Ucraina. Jamie Shea (“RFE/RL”) ha osservato che Putin mira a costringere l’Occidente a scegliere tra difendere i propri confini e sostenere Kiev. Con l’avvio di Sentinella dell’Est, questo scenario diventa concreto: gli alleati devono destinare caccia, fregate e risorse di intelligence al fianco est, sottraendoli potenzialmente alla guerra in Ucraina.
In Italia, la Lega ha chiesto esplicitamente di non distogliere mezzi dal Mediterraneo, segnalando la difficoltà di mantenere impegni su più fronti (“Repubblica”). L’Italia ha già oltre 2.000 militari schierati, quattro F-35 in Polonia e sistemi Samp/T, e valutava di aggiungere due Eurofighter (“ANSA”). Ogni incremento a est è percepito come un sacrificio altrove. Lo stesso vale per altri alleati: Regno Unito, Francia e Germania hanno inviato caccia e navi, riducendo la disponibilità per altri teatri.
Sul piano politico, la missione ha evidenziato divisioni interne all’Alleanza. Trump ha minimizzato l’incursione dei droni definendola “un errore” (“Reuters”), suscitando la reazione immediata di Tusk: “Magari fosse stato un errore… ma non lo era, e lo sappiamo”. Questa divergenza ha mostrato come l’operazione possa accentuare crepe transatlantiche, tra cautela americana e fermezza europea. L’ambasciatrice USA Shea ha poi corretto il tiro, promettendo di difendere “ogni centimetro di territorio NATO”, ma il danno politico era fatto: per ore, l’Alleanza ha dato un’immagine di divisione.
Sul fronte ucraino, gli effetti sono preoccupanti. Nel mentre la NATO si concentrava sui droni in Polonia, la Russia intensificava i bombardamenti su Kiev e altre città (“Reuters”, “Al Jazeera”). Zelensky ha chiesto a Trump di assumere “passi decisivi” e non lasciarsi distrarre, segnalando il timore che l’Ucraina venga sacrificata. La stessa Oana Lungescu (“RFE/RL”) ha sottolineato che gli europei hanno reagito con assetti propri, mentre gli USA hanno mantenuto un profilo basso, lasciando intendere che Washington preferisca che l’Europa si concentri sulla difesa di se stessa piuttosto che su Kiev.
La strategia russa sembra chiara: moltiplicare gli “incidenti” ai confini NATO per costringere l’Alleanza a impiegare risorse sulla difesa interna. Così, meno sistemi antiaerei e meno armi arrivano all’Ucraina, che resta esposta. Inoltre, all’interno dei singoli Paesi si alimenta il dibattito politico: in Italia il M5S ha parlato di “folle escalation militare” (“AGI”), in Germania e Francia emergono dubbi sul peso delle nuove missioni.
Per i critici, quindi, Eastern Sentry è un diversivo che indebolisce la coesione occidentale e riduce l’efficacia del sostegno a Kiev. Putin ottiene così un duplice vantaggio: un’Europa costretta a giocare in difesa e un’Ucraina più vulnerabile. La missione, lungi dal rafforzare la NATO, rischia di minarne la capacità di agire sul vero fronte del conflitto.
Nina Celli, 19 settembre 2025
Sentinella dell’est ha lo scopo di protezione dei civili e stabilità regionale
Un aspetto spesso sottovalutato è la protezione dei civili. Gli episodi recenti mostrano che i droni russi rappresentano una minaccia concreta per la popolazione: in Polonia, frammenti di un drone sono caduti su un’abitazione (“Tgcom24”). In passato, l’incidente di Przewodów del 2022, in cui due civili morirono per l’impatto di un missile, dimostrò quanto possa essere sottile il confine tra conflitto regionale e guerra globale. Eastern Sentry nasce proprio per prevenire simili tragedie.
La missione non tutela solo Polonia e Romania, ma l’intera stabilità europea. Kosiniak-Kamysz ha sottolineato l’“impressionante interoperabilità” tra le forze alleate (“il Giornale”). Questa capacità di coordinamento garantisce che le difese siano efficaci e riduce la possibilità di errori. In questo modo si proteggono i cittadini e si rafforza la fiducia politica reciproca.
Inoltre, l’operazione contribuisce a stabilizzare la regione impedendo che singoli Stati agiscano unilateralmente. Varsavia, privata del sostegno NATO, avrebbe potuto reagire in modo sproporzionato alle violazioni. Invece, l’Alleanza ha incanalato la risposta in una cornice condivisa, più controllata.
Da un punto di vista politico, Eastern Sentry ha anche permesso all’Occidente di presentarsi compatto all’ONU. L’ambasciatrice USA Dorothy Shea ha dichiarato che “gli Stati Uniti difenderanno ogni centimetro del territorio NATO” (“Al Jazeera”), garantendo credibilità alle minacce di difesa collettiva. Questo messaggio è fondamentale per dissuadere ulteriori provocazioni.
Per i sostenitori, dunque, Sentinella dell’Est non è un passo verso la guerra, ma una misura di protezione dei civili e di stabilità regionale, capace di ridurre il rischio che un incidente isolato degeneri in conflitto globale.
Nina Celli, 19 settembre 2025