Nr. 36
Pubblicato il 21/08/2015

Democrazia digitale

FAVOREVOLE O CONTRARIO?

La democrazia è in crisi. Il termine ha perso la sua forza, tanto che difficilmente si parla solo di "democrazia", ma le si accostano aggettivi per specificarla. Viene messa in discussione, concettualmente, sia sul piano politico e sociale, sia su quello giuridico e costituzionale. Studiosi e analisti divergono nelle indicazioni e soluzioni per superarla: per alcuni si tratta di una trasformazione, di un passaggio e di un necessario adattamento al periodo contingente; per altri è auspicabile un rinnovamento, se non addirittura un rivoluzionamento e/o la sostituzione della democrazia con forme che prevedano una maggiore e/o totale partecipazione dei cittadini alle decisioni e all'amministrazione della cosa pubblica. Entrambe le visioni sviluppano il ragionamento partendo dall'assunto che la diffusione e l'irrompere della rete ha profondamente modificato anche i rapporti in ambito politico e concordano sul fatto che la democrazia al tempo del web debba essere ripensata.


IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:

La democrazia è in crisi e la modernità impone un suo ripensamento: il web ha modificato i rapporti in ambito politico. Oggi si parla di “democrazia digitale”, in riferimento all’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in ambito politico, che eliminano la mediazione dei partiti, ma anche di democrazia “diretta”, “partecipativa”, fino ad arrivare all'“iperdemocrazia”.
01 - Non può esistere una democrazia diretta, nemmeno nell'era digitale

Antonio Sgobba, collegandosi alle tesi di Norberto Bobbio, ripercorre le voci critiche dell'idea di democrazia diretta. Egli confuta la sua stessa possibilità nella società complessa, poiché nella storia esperienze tali non sono mai esistite, neanche la polis greca era completamente democratica. Ugualmente critica è l’idea di Massimo Fini, nella sua analisi del fenomeno del M5S.

02 - La realtà digitale garantisce la trasparenza e la tracciabilità, valori indiscussi della democrazia

La rete crea uno spazio di diffusione e comunicazione che garantisce inclusività, universalità e trasparenza. L'auspicio è che ciascuno possa avere libero accesso alle decisioni politiche. La trasparenza che si crea è “simmetrica”: se è vero che il cittadino rientra in uno spazio virtuale sempre più controllato, anche l'operato dei politici può essere controllato dai cittadini.

La possibilità che il cittadino entri nelle aule del governo non è sempre positivo per la democrazia. Per Roberto Casati “la costruzione democratica ha bisogno di spazi di invisibilità e di oblio”. Anche dal lato opposto: quando lo Stato o le organizzazioni possono entrare nella vita pubblica e privata dei cittadini, il limite che divide trasparenza e controllo si fa sempre più sottile.

03 - La “democrazia” digitale replica i poteri forti

Il filosofo Alberto Burgio individua nell’antipolitica e nella richiesta di iperdemocrazia la genesi di una personalizzazione del potere e una deriva plebiscitaria. Nella storia non esiste “alcun esempio di esercizio della sovranità da parte di un'intera popolazione”. “[è] evidente l’incoercibile scivolamento della pretesa partecipazione diretta alla sovranità verso l’affidamento al capo”.

I nuovi media hanno permesso a esperienze locali e sociali periferiche di connettersi, al di fuori del controllo dei soggetti politici e dei media tradizionali. Il sociologo Manuel Castells, nel suo libro, Reti di indignazione e speranza. Movimenti sociali nell'era di Internet analizza i movimenti di protesta nati “dal basso” sul web e ne evidenzia il carattere di autonomia dai poteri forti.

04 - Lo spazio digitale incrementa la partecipazione democratica

La rete tende a influire sui sistemi politici: può integrare e migliorare l’attuale democrazia rappresentativa. Almeno teoricamente, infatti, può riavvicinare i cittadini alla partecipazione della cosa pubblica, favorendo il dialogo con i rappresentanti e ampliando i momenti della consultazione. Dopo la crisi dei partiti di massa, la rete rende possibili nuovi spazi di partecipazione.

La possibilità di condividere e comunicare in rete non aumenta la partecipazione alla politica: l’astensionismo e la sfiducia nelle Istituzioni persistono. Anzi, la rete può configurarsi come strumento di controllo. esistono, inoltre, problemi di ordine tecnico, come il digital divide e la carenza di piattaforme idonee: anche quella del M5S presenta carenze, come denunciato da Davide Barillari.

 
01

Non può esistere una democrazia diretta, nemmeno nell'era digitale

CONTRARIO

“L'ipotesi che la futura computer-crazia, com'è stata chiamata, consenta l'esercizio della democrazia diretta, cioè dia a ogni cittadino la possibilità di trasmettere il proprio voto a un cervello elettronico, è puerile”. Così il filosofo Norberto Bobbio scriveva nel 1984. Insieme alla tesi di Bobbio, Antonio Sgobba ripercorre le voci critiche all'idea di una democrazia diretta. Ciò che si confuta è la sua stessa possibilità nella società complessa, notando che nella storia esperienze tali non sono mai esistite, neanche la polis greca era completamente democratica, ma si reggeva su un sistema di esclusioni (Antonio Sgobba riunisce nel suo testo “È arrivata l'ora della democrazia diretta”. Di nuovo?, “Il Sole 24 Ore”, 22 febbraio 2014).

Massimo Fini è ugualmente critico sulla questione, analizzando in modo circostanziato il fenomeno del M5S. L'idea di una democrazia diretta è possibile solo per piccole comunità ma non nella nostra in cui “i cittadini, a parte casi specifici e ben individuati, non possono conoscere veramente, a fondo, le questioni su cui dovrebbero pronunciarsi” (Massimo Fini, Democrazia diretta. Perchè il sogno di Grillo è irrealizzabile, 7 marzo 2013).

 
02

La realtà digitale garantisce la trasparenza e la tracciabilità, valori indiscussi della democrazia

FAVOREVOLE

La rete crea uno spazio di diffusione e comunicazione che garantisce inclusività, universalità e soprattutto trasparenza. L'auspicio è che ciascuno possa avere libero accesso alle decisioni prese in ambito politico. La trasparenza che si crea è “simmetrica”, vale a dire se è vero che il cittadino rientra in uno spazio virtuale sempre più controllato, anche l'operato dei politici può essere controllato dai cittadini. Uno stato cyberdemocratico è sostanzialmente uno stato trasparente. Ciò garantirà un maggiore senso di responsabilità. Per esempio nel caso della tracciabilità e trasparenza delle operazioni finanziarie gli scopi sono “1) scoraggiare la corruzione e incoraggiare migliori decisioni di bilancio da parte dei politici e dei responsabili amministrativi; 2) ispirare fiducia da parte dei cittadini in uno Stato che non ha 'nulla da nascondere' rispetto a loro; 3) coinvolgere i cittadini nel governo della prosperità mostrando loro con precisione da dove proviene il denaro dello Stato e che direzione prende” (P. Lévy, Verso la cyberdemocrazia, in Dopo la democrazia? Il potere e la sfera pubblica dell'epoca delle reti, a cura di D. de Kerckhove, A.Tursi, Apogeo, 2006, pp. 15-17).

CONTRARIO

La possibilità che il cittadino possa in ogni istante entrare nelle aule del governo, dove si prendono decisioni politiche, non è sempre un valore positivo per la democrazia. Secondo Roberto Casati “la costruzione democratica ha bisogno di spazi di invisibilità e di oblio” (Alla politica serve l'oblio, “Il Sole 24 Ore”, 24 febbraio 2013).
Ugualmente preoccupante è la situazione dal lato opposto, cioè quando sono lo Stato, le organizzazioni o le grandi compagnie, che possono entrare nella vita pubblica e privata dei cittadini. In questo modo il limite che divide trasparenza e controllo si fa sempre più sottile. Parlando del testo di Giovanni Ziccardi Internet, controllo e libertà (Raffaello Cortina, 2015), Benedetto Vecchi fa notare che “visto che la rete è diventato un medium così diffuso, tutte le attività on-line dei 'naviganti' possono essere 'tracciate', catalogate, memorizzate al fine di definire 'profili' individuali ai quali è difficile contrapporre tecniche di difesa della propria privacy”(Benedetto Vecchi, La trappola della trasparenza in Rete, “Il Manifesto”, 6 marzo 2015).

 
03

La “democrazia” digitale replica i poteri forti

FAVOREVOLE

I nuovi media hanno permesso a esperienze locali e sociali periferiche di connettersi, al di fuori del controllo verticale dei soggetti politici e dei media tradizionali. Il sociologo Manuel Castells, nel suo libro, Reti di indignazione e speranza. Movimenti sociali nell'era di Internet (UBE, 2012) analizza i movimenti di protesta nati “dal basso” sul web e ne evidenzia il carattere di autonomia dai poteri forti: “I movimenti sociali esercitano contropotere innanzitutto autocostruendosi tramite un processo di comunicazione autonoma, libera dal controllo di quanti detengono il potere istituzionale. Dato che i mass media sono per lo più sotto il controllo dei governi e delle corporation, nella società in rete l’autonomia comunicativa gira soprattutto nelle reti di Internet e sulle piattaforme della comunicazione senza fili” (Ibidem, p. XXIII).

CONTRARIO

Il filosofo Alberto Burgio, in una analisi in cui paragona l'attuale crisi istituzionale ai periodi della storia italiana immediatamente precedenti all'instaurarsi delle dittature, individua nel sentimento di antipolitica e nella richiesta di iperdemocrazia che vi si associa la genesi di una personalizzazione del potere e una deriva plebiscitaria. Nella storia non esiste “alcun esempio di esercizio della sovranità da parte di un'intera popolazione. […] ma è soprattutto evidente l’incoercibile scivolamento della pretesa partecipazione diretta alla sovranità verso l’affidamento al capo”. Del resto, approfondisce il filosofo “democrazia diretta ed euforia plebiscitaria mobilitano passioni, soddisfano pulsioni, forniscono gratificazioni che la relazione politica disciplinata nel quadro della democrazia rappresentativa non è in grado di offrire. La rappresentanza vive nella mediazione, cioè nella distanza e nell’alterità”. (relazione Fascino e illusioni della democrazia diretta presentata al convegno Democrazia diretta. Il volto di Medusa della politica moderna, Pisa, 7 giugno 2013).

 
04

Lo spazio digitale incrementa la partecipazione democratica

FAVOREVOLE

La rete tende a influire sui sistemi politici: può integrare e migliorare l’attuale democrazia rappresentativa. Almeno teoricamente, infatti, può riavvicinare i cittadini alla partecipazione della cosa pubblica, favorendo un dialogo continuo con i rappresentanti e ampliando i momenti della consultazione. Dopo la crisi dei partiti di massa, spiega il professor Franco Gallo, la rete rende possibili nuovi spazi di partecipazione: “i nuovi media, la rete [...] hanno sottratto il controllo e la gestione della comunicazione, anche politica, ai centri tradizionali di potere, favorendo nuove forme di partecipazione e, comunque, innovando quelle tradizionali” (lectio magistralis Democrazia 2.0. La Costituzione, i cittadini e la partecipazione, tenuta nell'ambito del Festival Lector in fabula di Conversano il 15 settembre 2013).

 

CONTRARIO

La possibilità di condividere informazioni e comunicare in rete non aumenta la partecipazione al dibattito politico. I fatti, in termini di dati e cifre, mostrano che in Italia l'accesso alla rete non porta automaticamente a una maggiore condivisione di questioni politiche: l’astensionismo e la sfiducia nelle Istituzioni persistono. Fabio Chiusi, riportando i risultati tratti dal “Forum mondiale per la democrazia 2013” al Consiglio d'Europa Lo stato della democrazia digitale nel 2013 (24 dicembre 2013, “wired.it”) conclude che gli strumenti informatici: “non hanno finora costituito un’alternativa alla democrazia rappresentativa. La politica online è perlopiù politics as usual”, cioè la solita politica. Non esiste un meccanismo deterministico che associ alla diffusione della rete un maggiore senso di partecipazione alla politica, anzi questo può configurarsi come strumento di controllo e sorveglianza.

A impedire un efficace utilizzo democratico della rete intervengono problemi di ordine tecnico, come il digital divide e la carenza di piattaforme idonee alla partecipazione. Anche la piattaforma del M5S presenta carenze, denunciate dal consigliere regionale grillino Davide Barillari.

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