Esiste un asse Washington-Mosca
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
Esiste un asse Washington-Mosca? Non si parla qui di un’alleanza formale, con trattati e firme, ma di qualcosa di più sfuggente e sottilmente influente. Un’intesa informale, personale, costruita tra due leader fuori dagli schemi – Donald Trump e Vladimir Putin – che sembrano, almeno a volte, parlare la stessa lingua del potere. Ma si tratta davvero di un patto o è solo una convergenza retorica priva di riscontri concreti?

IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
Diversi segnali suggeriscono l’avvio di un’alleanza funzionale tra Trump e Putin, sebbene non formalizzata. Entrambi i leader hanno dichiarato la volontà di avviare negoziati per un cessate il fuoco.
Non esiste alcun “asse strategico” stabile tra Washington e Mosca. Le dichiarazioni ufficiali non hanno prodotto accordi vincolanti, né modificato lo status quo del conflitto russo-ucraino.
C'è una convergenza strategica profonda tra Trump e Putin: una forma di alleanza anti-multilaterale che mira a scavalcare l’Unione Europea nei negoziati internazionali.
I rapporti tra Trump e Putin hanno scatenato reazioni critiche da parte dei leader europei, che vedono nella strategia trumpiana una deviazione dagli interessi occidentali condivisi.
Il legame tra Donald Trump e Vladimir Putin si fonda su un'ampia sintonia ideologica. Entrambi rappresentano una reazione contro l’ordine liberale emerso dopo la Guerra Fredda.
Sebbene abbiano mostrato disponibilità al dialogo, Trump e Putin perseguono interessi radicalmente divergenti e non si fidano l’uno dell’altro.
Esiste un’alleanza funzionale Trump–Putin incentrata sulla gestione della guerra in Ucraina
Dopo mesi di stallo e conflitto aperto tra Russia e Ucraina, l’elezione di Donald Trump nel 2024 ha segnato un’inversione di rotta nella postura diplomatica statunitense. Diversi segnali suggeriscono l’avvio di un’alleanza funzionale tra Trump e Putin, sebbene non formalizzata, come sottolineano alcune testate come “Al Jazeera”, “CNN”, “Foreign Policy”. Le ripetute telefonate – almeno tre in un solo mese – culminate in una lunga conversazione di oltre due ore il 19 maggio 2025, hanno aperto la strada a una nuova dinamica geopolitica.
In queste occasioni, entrambi i leader hanno dichiarato la volontà di avviare negoziati immediati per un cessate il fuoco. La proposta di una sede neutrale – il Vaticano – è stata accettata con favore, e il tono pubblico della diplomazia si è modificato. Putin ha riconosciuto il ruolo costruttivo di Trump, affermando che “gli Stati Uniti, per la loro influenza, possono risolvere qualsiasi problema”. Questa apertura russa è stata accompagnata da un gesto simbolico: un cessate il fuoco unilaterale di tre giorni coincidente con l’anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale.
Parallelamente, Washington ha evitato nuove sanzioni, preferendo incentivi diplomatici. Trump ha persino espresso il desiderio di un incontro diretto con Putin per “risolvere la questione o almeno capirla”. Questa intesa, pur ancora volatile, ha già prodotto un risultato concreto: uno scambio di 1000 prigionieri, il più ampio dall’inizio del conflitto.
Questo “asse funzionale” appare guidato da interessi convergenti più che da affinità ideologiche: Trump vuole portare risultati rapidi per fini elettorali e geopolitici; Putin cerca una riduzione della pressione militare e diplomatica. Seppure fragile e in divenire, questa cooperazione bilaterale è di fatto operativa e indica l’esistenza di una relazione strategica centrata sull’efficienza, più che sulla fiducia.
Nina Celli, 21 maggio 2025
Non esiste un vero asse Washington-Mosca: la cooperazione Trump–Putin è instabile e priva di risultati concreti
Nonostante la retorica positiva che ha circondato le telefonate tra Donald Trump e Vladimir Putin, i fatti dimostrano che non esiste alcun “asse strategico” stabile tra Washington e Mosca. Le dichiarazioni ufficiali, benché ottimistiche, non hanno prodotto accordi vincolanti, né modificato lo status quo del conflitto russo-ucraino. A confermarlo sono numerose fonti internazionali, come “CNN”, “Foreign Policy”, “Reuters”, che evidenziano la distanza tra gli annunci e la realtà diplomatica.
Durante la lunga conversazione del 19 maggio 2025, Trump ha parlato di “negoziati immediati” per un cessate il fuoco. Tuttavia, il Cremlino ha mantenuto un tono ambiguo, parlando di un semplice “memorandum di principi”, senza scadenze né impegni concreti. L’assenza di una road map dettagliata o di un documento firmato rende l’intesa solo verbale e di breve respiro.
Anche le reazioni europee e ucraine sono indicative. Zelensky ha espresso timore che Trump “si stia accordando sopra la nostra testa”, senza ottenere alcun impegno vincolante da Mosca. In un’intervista alla “BBC”, un diplomatico francese ha parlato di “spettacolarizzazione senza contenuto”. Perfino “Politico”, testata solitamente attenta agli sviluppi conservatori, ha definito l’accordo “un bluff elettorale privo di struttura negoziale”.
Un altro elemento rivelatore è la mancata convergenza su sanzioni e trattati. Mentre Trump propone incentivi economici per la pace, il Congresso USA e gli alleati europei continuano a sostenere misure punitive. Questo scollamento interno alle istituzioni americane indebolisce la posizione negoziale di Trump, rendendolo un attore meno affidabile agli occhi di Mosca.
L’idea di un asse Washington-Mosca si basa quindi più su una narrativa personalistica che su risultati concreti. Nessun trattato, nessun cessate il fuoco, nessuna concessione territoriale condivisa: la cooperazione, per ora, resta nel dominio della diplomazia verbale. È più corretto parlare di un’illusione di asse, utile a entrambi per guadagni propagandistici interni, ma priva di fondamenta geopolitiche reali.
Nina Celli, 21 maggio 2025
La convergenza diplomatica tra Washington e Mosca riflette una strategia bilaterale contro il multilateralismo europeo
Dietro la facciata di una mediazione sulla guerra in Ucraina, emergono segnali di una convergenza strategica più profonda tra Trump e Putin: una forma di alleanza anti-multilaterale che mira a scavalcare l’Unione Europea nei negoziati internazionali. Come evidenziano fonti quali “Politico”, “Reuters”, “Al Jazeera”, la scelta di Trump di interloquire direttamente con Mosca, senza un coinvolgimento prioritario di Bruxelles, e la proposta di colloqui a Istanbul o al Vaticano, escludendo le sedi classiche come Ginevra o Berlino, sono segnali chiari di questo orientamento.
Le conversazioni dirette tra i due presidenti, spesso annunciate senza consultazione preventiva con i partner europei, hanno generato reazioni contrastanti: “Trump ha scelto di parlare con Putin prima ancora di sentire Macron o Scholz” scrive “Politico” il 17 maggio 2025, citando ambienti diplomatici europei che temono un “patto a due” che riduca la guerra a una questione negoziabile tra potenze. In un’intervista alla “BBC”, un diplomatico britannico ha affermato: “L’America di Trump non sta mediando, sta rinegoziando i confini del continente con Mosca”.
Putin, da parte sua, ha accolto con favore questa esclusione delle capitali europee. Secondo “Al Jazeera”, il presidente russo ha esplicitamente ringraziato Trump per la “riattivazione del canale diretto tra Washington e Mosca”, sottolineando che l’Europa non è più un interlocutore prioritario. Questa preferenza reciproca si basa su una visione del mondo condivisa: meno regole, più accordi ad personam. È significativo che l’unico progresso concreto – lo scambio di prigionieri – sia avvenuto proprio dopo un dialogo bilaterale, senza l’intervento di organismi multilaterali come l’OSCE o l’ONU.
Questa convergenza anti-multilateralista consolida un asse geopolitico che, pur privo di trattati formali, funziona nei fatti come un accordo di forza. Washington e Mosca sembrano preferire una diplomazia ristretta, fatta di chiamate personali e memorandum riservati, a discapito della trasparenza e del pluralismo. È una nuova forma di realpolitik, dove il dialogo tra “uomini forti” prevale sulle istituzioni collettive.
Nina Celli, 21 maggio 2025
Il presunto asse Trump–Putin mina la credibilità internazionale degli Stati Uniti
L’idea che esista un “asse Washington-Mosca” non solo è infondata, ma risulta profondamente dannosa per la proiezione internazionale degli Stati Uniti. I tentativi di Trump di aprire un canale privilegiato con Vladimir Putin, condotti senza coordinamento con NATO, Unione Europea e alleati storici, hanno generato confusione, diffidenza e isolamento diplomatico. Questo comportamento ha scatenato reazioni critiche nelle capitali europee, che vedono nella strategia trumpiana non un’alleanza funzionale, ma una deviazione dagli interessi occidentali condivisi.
Articoli di “Politico”, “Reuters”, “BBC” sottolineano che Trump ha parlato con Putin prima ancora di informare formalmente i partner europei. Il 17 maggio 2025, “Politico” ha riportato che i leader di Francia, Germania e Italia sono stati avvertiti della telefonata con Mosca solo a giochi fatti. Il presidente Macron, in particolare, ha espresso riserve sulla volontà americana di “cedere terreno a Mosca” in cambio di una pace rapida.
L’Ucraina, il paese direttamente coinvolto, ha manifestato grande preoccupazione. Zelensky ha dichiarato che “nessun piano che esclude Kiev è accettabile”, mentre membri del suo governo hanno denunciato il rischio che la pace proposta da Trump equivalga a una “resa mascherata”. Perfino il Congresso americano ha reagito con freddezza, con voci repubblicane e democratiche contrarie a concessioni territoriali.
Il tentativo di bypassare i canali multilaterali ha inoltre danneggiato l’immagine di Washington come garante del Diritto internazionale. Storicamente, gli Stati Uniti si sono proposti come difensori dell’integrità territoriale e della sovranità nazionale; l’attuale apertura a un negoziato “tra leader” – che esclude principi e trattati – mina questa narrativa. Secondo “Al Jazeera”, Putin stesso ha dichiarato che preferisce trattare con Trump perché “non è vincolato da burocrazie o convenzioni”. Ma proprio questa “libertà” diplomatica rappresenta una forma di erosione delle norme globali.
In definitiva, anche se un dialogo Trump–Putin può sembrare pragmatico, esso riduce il peso internazionale degli Stati Uniti, li isola dai loro alleati storici e li espone all’accusa di legittimare l’espansionismo russo. Più che un asse, si tratta di un cortocircuito diplomatico che logora la fiducia globale nell’America come potenza responsabile.
Nina Celli, 21 maggio 2025
Trump e Putin condividono una visione geopolitica autoritaria che rafforza l'asse ideologico tra Washington e Mosca
Al di là della contingenza ucraina, il legame tra Donald Trump e Vladimir Putin si fonda su una più ampia sintonia ideologica. Entrambi i leader rappresentano, in forme diverse, una reazione globale contro l’ordine liberale emerso dopo la Guerra Fredda. La loro convergenza si esprime in una politica estera pragmatica, antiglobalista e centrata sulla sovranità nazionale, e trova una delle sue manifestazioni più evidenti nella gestione della crisi russo-ucraina.
Le fonti quali “Ukraine Solidarity Campaign” e “Geopolitical Monitor”, parlano esplicitamente di un “asse della reazione”, che punta a indebolire i meccanismi multilaterali e a ridimensionare l’influenza di organismi come la NATO, l’ONU o l’UE. La posizione ambivalente di Trump sull’Alleanza Atlantica – già evidente durante il suo primo mandato – si è riaffermata nel 2025 con l’annuncio della possibile riduzione del supporto militare all’Ucraina, mentre Putin ha sottolineato più volte che “la crisi ucraina è solo un sintomo di un ordine occidentale decadente”.
Questa visione comune si traduce in gesti concreti: Trump propone una tregua di 30 giorni, ma evita di condannare l’aggressione russa e apre all’idea che alcuni territori occupati possano restare sotto il controllo di Mosca. Putin, dal canto suo, elogia Trump come “interlocutore razionale”, e afferma che “il dialogo con gli USA è più diretto e costruttivo rispetto a quello con Bruxelles”.
A rendere ancor più visibile questo asse ideologico è il disinteresse condiviso per i diritti umani e il ruolo della società civile nei negoziati: nessuna delle proposte discusse tra i due leader include il coinvolgimento di ONG ucraine o di attori indipendenti. L’attenzione è interamente centrata sulla “geopolitica dei leader”, in cui due potenze riscrivono l’equilibrio mondiale senza mediazioni.
Ciò che emerge, dunque, non è solo un’alleanza tattica, ma una forma embrionale di intesa tra due visioni del mondo convergenti: sovraniste, verticali, nazionaliste. Un asse Washington-Mosca esiste, dunque, non solo nei negoziati, ma nei principi politici condivisi da Trump e Putin.
Nina Celli, 21 maggio 2025
L’alleanza Trump–Putin è illusoria: interessi divergenti e sfiducia reciproca ne impediscono la stabilità
La narrativa dell’“asse Washington-Mosca” ignora un dato fondamentale: Trump e Putin, sebbene abbiano mostrato disponibilità al dialogo, perseguono interessi radicalmente divergenti e non si fidano l’uno dell’altro. Le loro recenti interazioni, pur caratterizzate da cordialità formale, sono state segnate da ambiguità strategica, contraddizioni diplomatiche e assenza di convergenza su questioni chiave come i confini, la sicurezza energetica e il ruolo dell’Ucraina.
“Axios” evidenzia che, nonostante due ore di colloquio, nessun accordo concreto è stato raggiunto. Trump ha annunciato “negoziati imminenti”, ma Putin ha solo parlato di un “memorandum”, mantenendo la richiesta che l’Ucraina si ritiri da tutti i territori occupati – una pretesa inaccettabile per Kiev. Nel frattempo, gli USA non hanno ritirato le sanzioni, e Mosca ha continuato gli attacchi con droni, dimostrando che la guerra prosegue e la fiducia è minima.
Un altro segnale della distanza strategica è rappresentato dall’offerta di Trump di utilizzare il Vaticano come sede dei colloqui: una scelta non gradita al Cremlino, che aveva proposto Istanbul. La divergenza sulle sedi riflette una competizione simbolica su chi debba avere il controllo narrativo del negoziato.
Inoltre, Trump stesso ha espresso pubblicamente dubbi su Putin. Il 19 maggio 2025, durante un incontro con la stampa a bordo dell’Air Force One, ha dichiarato: “Forse risolveremo la questione, o forse no. Ma almeno capiremo meglio la situazione”. Questa affermazione, ben lontana da una posizione coerente, indica scetticismo e imprevedibilità. Da parte sua, Putin ha sottolineato che “il problema di fondo è l’influenza americana sul governo di Kiev”, suggerendo che per Mosca, Trump resta pur sempre un rappresentante dell’avversario sistemico.
Perfino sul piano personale, i due sembrano più interessati ai propri ritorni di immagine che a una cooperazione strategica. Trump vuole rivendicare un successo diplomatico in vista della rielezione; Putin cerca di legittimare la sua posizione interna mostrando di poter parlare da pari a pari con Washington. Ma questa convergenza opportunistica non si traduce in una stabilità duratura.
Le dichiarazioni pubbliche di collaborazione, quindi, mascherano una realtà fatta di interessi divergenti, sospetti reciproci e assenza di strumenti operativi condivisi. Il presunto “asse” Trump–Putin è dunque più un costrutto mediatico che una realtà geopolitica.
Nina Celli, 21 maggio 2025