Nr. 329
Pubblicato il 25/04/2025

Rimozione delle statue confederate (procon.org)

Pubblicato da ProCon.org

La pubblicazione qui proposta è la traduzione di un dibattito pubblicato sul sito di dibattiti nordamericano “ProCon.org” (per la versione originale visita Historic Statue Removal).
Perché pubblichiamo articoli di altre redazioni?
Sul sito Pro\Versi vogliamo dare spazio a siti esteri che abbiano un obiettivo affine al nostro: aiutare i lettori a informarsi e formarsi un’opinione propria attraverso i pareri degli esperti dei vari settori, per facilitare impegno civico dei cittadini e favorire un dibattito calmo e razionale. La traduzione e pubblicazione di dibattiti esteri ci consente inoltre di arricchire i nostri contenuti di punti di vista differenti, non limitati a un orizzonte nazionale.
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ProCon.org: affidabile, apartitico, stimolante

Acquisito nel 2020 dal Gruppo Britannica, il sito ProCon.org si propone come una fonte di informazioni non di parte. Presentano i pro e i contro di questioni controverse, nonché una serie di informazioni di riferimento relative a tali questioni, accuratamente ricercate da uno staff di ricerca e dai redattori. Utilizzano il formato pro e contro per raggiungere quattro obiettivi:

  • esponendo ai lettori entrambe le parti di una questione è per loro più facile vedere la differenza nei fatti e negli argomenti sostenuti da ciascuna parte.
  • Crea quella che chiamano "confusione benefica", inducendo i lettori a confrontarsi con posizioni opposte e a impegnarsi in un pensiero valutativo. I lettori possono rafforzare la loro opinione, oppure possono cambiarla. In ogni caso, il processo di acquisizione e valutazione critica delle informazioni avrà un effetto benefico.
  • Il formato rende i lettori più sicuri nel discutere e dibattere le proprie opinioni con altri, sapendo cosa può pensare "l'altra parte".
  • Esaminare entrambi i lati di una questione tende a ridurre la probabilità che si ricorra alla "demonizzazione" di coloro che hanno opinioni opposte.

 
01

Le statue distorcono la storia e glorificano l’oppressione

FAVOREVOLE

Molte statue confederate furono erette decenni dopo la fine della Guerra Civile, non per ricordare i caduti, ma per legittimare la segregazione razziale durante l’epoca Jim Crow. Documenti ufficiali come quello della secessione del Mississippi dichiarano apertamente che lo scopo della Confederazione era la preservazione della schiavitù come pilastro economico.
Dopo la sconfitta, il Sud creò il mito della Lost Cause per riscrivere la narrazione storica: da guerra per la schiavitù a nobile difesa dello stile di vita agricolo e dei diritti degli Stati. Le statue divennero strumenti visivi per diffondere questa narrazione.
Secondo il professor David W. Blight (Yale University), queste statue furono erette “non per educare, ma per dominare simbolicamente lo spazio pubblico”. Simili meccanismi si trovano anche nella rappresentazione di Cristoforo Colombo, la cui figura è celebrata nonostante sia responsabile di stermini e schiavitù nelle Americhe.

 
02

Rimuovere è censurare: la storia va capita, non cancellata

CONTRARIO

Per molti, rimuovere statue significa rifiutare il dialogo con il passato. John Daniel Davidson del “The Federalist” sostiene che anche i monumenti controversi servono per insegnare: “Una società matura deve imparare a convivere con il proprio passato”. Anche Lawrence Kuznar afferma che lasciarle in piedi è un modo per “educare e affrontare le verità scomode”.
Il Primo Emendamento tutela la libertà di espressione, anche se controversa. Le statue sono anche espressione del pluralismo di opinioni e delle dinamiche storiche locali.

 
03

Le statue sono simboli razzisti che perpetuano odio e discriminazione

FAVOREVOLE

Le statue non sono solo testimoni silenziosi del passato: esse comunicano valori. Quando quei valori includono il suprematismo bianco, come nel caso di monumenti confederati, il messaggio implicito è di tolleranza o addirittura di celebrazione dell’odio.
Secondo lo storico Henry Louis Gates Jr., questi simboli “alimentano il timore che alcuni vogliano riportare l’America a un’epoca di segregazione razziale”. L’impatto psicologico è significativo: Tommye Finley, cittadina afroamericana di Richmond, afferma: “Perché costruire un viale per dei perdenti? È un sistema che dice: abbiamo ancora il potere”.
Le statue attraggono tutt’oggi movimenti suprematisti, come dimostrato dal raduno del 2017 a Charlottesville o dalla radicalizzazione di Dylann Roof nel 2015.

 
04

Le statue non causano razzismo, ma possono servire per combatterlo

CONTRARIO

Alcuni attivisti afroamericani, come Sophia A. Nelson, non vedono le statue come un pericolo reale. Propongono invece un uso educativo: mantenere i monumenti ma dotarli di targhe contestuali che denuncino esplicitamente il razzismo dei personaggi rappresentati.
In città come Atlanta, i pannelli informativi hanno cambiato il senso dei monumenti, trasformandoli da oggetti celebrativi a “strumenti critici”. Come afferma Sheffield Hale, direttore dell’Atlanta History Center: “Argomentiamo sui fatti, scriviamoli su una placca, e discutiamone”.

 
05

La rimozione delle statue è un’opportunità per riscrivere una narrazione più inclusiva

FAVOREVOLE

Secondo la Monument Lab (progetto di arte pubblica), le donne rappresentano meno dell’8% delle statue pubbliche americane; ancora meno sono le persone nere. Questa sottorappresentazione contribuisce a ciò che i sociologi definiscono “annientamento simbolico”: l’assenza di modelli culturali rafforza l’idea che certi gruppi non siano degni di onore.
Le rimozioni possono diventare occasioni per erigere monumenti più rappresentativi. Tra i sostituti proposti: Dolly Parton, Johnny Cash, George Washington Carver, Ruby Bridges e molti altri. Inoltre, queste nuove opere possono valorizzare artisti viventi come Kehinde Wiley, autore della scultura Rumors of War, un ritratto equestre afroamericano che rielabora i canoni monumentali confederati.

 
06

La rimozione delle statue e il rischio della

CONTRARIO

Dopo la morte di George Floyd, non solo le statue confederate furono vandalizzate. Anche monumenti di George Washington, Thomas Jefferson e Ulysses Grant furono attaccati per il loro passato schiavista.
Annette Gordon-Reed, storica di Harvard, spiega: “C’è differenza tra fondare una nazione e tentare di distruggerla. Washington e Jefferson meritano di essere ricordati per il loro contributo”. Il problema, secondo questa visione, non è glorificare il passato, ma integrarlo nel presente con consapevolezza.
I critici temono che la rimozione diventi arbitraria, soggetta a emozioni del momento, e che porti a distruggere ogni monumento controverso, come accaduto con le statue di Frederick Douglass e Arthur Ashe.

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