Ingerenza umanitaria
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
Sebbene principi e forme di legittimazione umanitaria dell’interferenza esterna in uno Stato sovrano siano rintracciabili fin dagli albori del diritto internazionale, nella sua configurazione attuale l’ingerenza umanitaria si fonda sulla codificazione normativa dei diritti umani nel dopoguerra. Sul piano giuridico l’ingerenza umanitaria si contrappone al primo pilastro del diritto internazionale moderno: il rispetto della sovranità degli Stati e il principio di non-interferenza. L’universalismo dei diritti umani fonderebbe in tal senso un superamento radicale del diritto internazionale “stato-centrico” nel quadro di un modello cosmopolitico tale da superare potenzialmente il principio statuale di sovranità. I due principi chiave della sovranità statale e dei diritti umani universali si pongono come poli di una tensione costante e irrisolta. L’ingerenza umanitaria si presenta così come una questione allo stesso tempo politica, di diritto ed etica, che va compresa proprio nell’intersezione di questi tre piani. Una questione che tocca direttamente i fondamenti del concetto moderno di sovranità, dei diritti umani e della stessa idea di guerra, e che si impone come decisiva per il futuro del diritto e delle relazioni internazionali.
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
L’“ingerenza umanitaria” è l’interferenza coercitiva in uno Stato sovrano da parte di un altro Stato o di una coalizione di essi giustificata dalla necessità di prevenire o porre fine a una grave violazione dei diritti umani. Sul piano giuridico l’ingerenza umanitaria si contrappone per definizione al primo pilastro del diritto internazionale moderno: il rispetto della sovranità degli Stati.
Garantire la dignità umana è un imperativo etico e giuridico della comunità internazionale. Qualora i diritti umani fondamentali fossero violati, sorgerebbe per la comunità internazionale il dovere di porvi rimedio. L’ingerenza umanitaria costituisce quindi in primo luogo un imperativo etico-morale, che comunque trova anche legittimazione sul piano giuridico.
L’esistenza di diritti umani universali trascende la loro specifica codificazione giuridica e la loro sanzionabilità legale prevista dai Trattati, dal sistema delle Nazioni Unite e dal Diritto internazionale. Il riconoscimento e la promozione dei diritti umani poggiano su un piano etico sovraordinato a quello meramente giuridico del diritto internazionale.
La Carta e le successive dichiarazioni delle Nazioni Unite stabiliscono le condizioni per l’uso della forza contro uno Stato nell’autorizzazione da parte del Consiglio di sicurezza. In assenza di un diritto specifico e di regole condivise dalla comunità internazionale, viene meno anche ogni limite all’uso della forza arbitrario e unilaterale.
Il riconoscimento dei diritti umani legittima e richiede quale condizione necessaria l’uso della forza nei confronti degli Stati che violino apertamente tali diritti. In assenza di una capacità coercitiva da parte della comunità internazionale finalizzata a garantire il rispetto dei diritti umani il loro riconoscimento normativo sarebbe del tutto effimero.
L’uso della forza a fini umanitari viola apertamente i principi di sovranità e di non-ingerenza alla base del diritto internazionale, minando così alla base la limitazione della guerra come strumento offensivo. L’inviolabilità della sovranità statuale rientra nello jus cogens effettivamente vincolante per tutta la comunità internazionale.
L’ingerenza umanitaria costituisce un imperativo etico-morale della comunità internazionale
La necessità di garantire l’effettività del valore supremo della dignità umana si impone come imperativo etico e giuridico prioritario della comunità internazionale. Ciò presuppone, in termini pratici, che, qualora i diritti umani fondamentali siano gravemente e sistematicamente violati, sorge per la comunità internazionale il dovere di porre rimedio a tale violazione. L’intervento umanitario si pone allora come strumento necessario al fine di garantire l’effettività dei diritti umani, altrimenti le norme che sanciscono tali diritti rimarrebbero effimere e svuotate di qualsiasi contenuto. L’ingerenza umanitaria costituisce quindi in primo luogo un imperativo etico-morale, che comunque trova anche legittimazione sul piano giuridico.
L’uso della forza per fini umanitari è giusto e legittimo in quanto principio etico della comunità internazionale
L’esistenza di diritti umani universali trascende la loro specifica codificazione giuridica e la loro sanzionabilità legale prevista dai Trattati, dal sistema delle Nazioni Unite e dal Diritto internazionale. Il riconoscimento e la promozione dei diritti umani poggiano su un piano etico sovraordinato a quello meramente giuridico del diritto internazionale, le cui ambiguità e incertezze non possono offrire una solida base all’effettiva realizzazione dei suddetti diritti. Se ogni Stato ha la responsabilità e il dovere di difendere i diritti umani, corrispondente alla loro titolarità da parte dei singoli individui, allora i rispettivi governi sono titolati a intervenire anche in opposizione ai veti e ai vincoli interni alle Nazioni Unite. Proprio perché gli interventi umanitari dell’ONU sono condizionati dai rapporti di forza interni al Consiglio di sicurezza, ragioni politiche e strategiche dei singoli Stati possono di fatto ostacolare la protezione dei diritti umani e lasciare impunita la loro violazione, calpestandone così il valore universale.
La Carta e le successive dichiarazioni delle Nazioni Unite, unico fondamento positivo dei diritti umani e della loro protezione, stabiliscono le condizioni per l’uso della forza contro uno Stato nell’autorizzazione da parte del Consiglio di sicurezza. In assenza di un diritto specifico e di regole condivise dalla comunità internazionale, in nome della superiorità dei principi morali, viene meno anche ogni limite all’uso della forza arbitrario e unilaterale da parte di singole potenze in grado di legittimare il perseguimento di interessi geopolitici ed economici attraverso il ricorso all’ingerenza umanitaria. In questo modo il preteso primato etico sulle norme codificate e affermatesi a livello internazionale può servire a legittimare guerre di conquista e neo-imperialiste da parte delle potenze occidentali. Se è vero che il rispetto dei diritti umani risulti vincolato infine ai rapporti di forza interni alle Nazioni Unite, tale sistema garantisce in ogni caso contrappesi migliori alla legittimazione di interventi militari a fini umanitari da parte di singoli Stati in vista della finalità ultima del mantenimento della sicurezza e della pace a livello internazionale.
Il riconoscimento di diritti umani universali legittima l’uso della forza della comunità internazionale nei confronti di Stati sovrani.
Il riconoscimento dei diritti umani e l’impegno della comunità internazionale nella difesa e promozione dei diritti umani universali, sancite da una specifica produzione normativa dal dopoguerra ad oggi, legittima e richiede quale condizione necessaria l’uso della forza nei confronti degli Stati che violino apertamente tali diritti. In assenza di una capacità coercitiva da parte della comunità internazionale finalizzata a garantire il rispetto dei diritti umani, la violazione – anche massiccia e ripetuta - degli stessi da parte di un governo non potrebbe essere né fermata, né punita, così da rendere il loro riconoscimento normativo del tutto effimero. Senza una corrispondente forza sanzionatoria da parte di un’autorità legittima, una norma non può sussistere come tale. Al diritto umano universale corrisponde l’universale dovere di farlo rispettare. Pertanto, se si stabilisce l’universalità e il carattere fondativo per la comunità internazionale dei diritti umani, bisogna ammettere necessariamente – sul piano teorico e nella prassi – la legittimità dell’ingerenza umanitaria.
L’uso della forza a fini umanitari viola i principi di sovranità e di non-ingerenza del diritto internazionale, minando alla base la limitazione della guerra come strumento offensivo. Se i diritti umani si sono imposti sul piano internazionale come principi, l’inviolabilità della sovranità statuale rientra nello jus cogens effettivamente vincolante per tutta la comunità internazionale. Le sole eccezioni in grado di giustificare l’uso della forza sono quelle relative al diritto di difesa e al mantenimento della sicurezza a livello internazionale: ma i diritti umani non rientrano e non possono rientrare in questi due casi. L’indeterminatezza di tali diritti, unita alla mancanza di un potere “terzo” e imparziale nell’individuazione di una loro violazione, fa di essi un presupposto valoriale privo di una precisa e reale codificazione normativa. Inoltre, la discrezionalità nella determinazione del contenuto specifico dei diritti umani in un quadro di rapporti di forza non egualitari fra gli Stati membri delle Nazioni Unite, rendono l’ingerenza umanitaria un dispositivo di legittimazione al servizio delle maggiori potenze mondiali nel perseguimento dei rispettivi interessi strategici.