La chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari genera un inaccettabile pericolo per la società

Si tratta di mero allarmismo sociale, non vi è alcun pericolo per la sicurezza

Dinanzi alle dure critiche mosse nei confronti di una riforma che, secondo gli oppositori, rischia di generare seri pericoli per la collettività, il ministro della giustizia Andrea Orlando ha risposto che la chiusura degli OPG non espone ad alcun rischio per la sicurezza pubblica e ha pertanto invitato tutte le forze politiche ad evitare la strumentalizzazione. È facile dire che si liberano dei criminali, ma in realtà si passa dall’internamento alla cura e, semplicemente, i soggetti più pericolosi verranno ospitati da strutture maggiormente idonee, quali le nuove REMS. (Opg, Andrea Orlando: "Nessun rischio per la collettività". Stefano Cecconi a Matteo Salvini: "Allarme inutile",“Huffington Post”, 31 marzo 2015).
Anche per il sottosegretario del Ministero della Giustizia Cosimo Ferri si tratta di mero allarmismo, in quanto “gli internati non saranno abbandonati, ma verranno affidati a delle strutture sanitarie idonee e il giudice potrà applicare misure di sicurezza non detentive come la libertà vigilata, per cui questi soggetti resteranno controllati” (Mariateresa Conti, L'ultima trovata del governo: liberi criminali come Kabobo, “Il Giornale”, 7 giugno 2014).
Infine, il coordinatore del movimento StopOpg Stefano Cecconi, riferendosi direttamente alle affermazioni del leader della Lega Salvini, ha ricordato che “dal 2011 circa 700 internati sono stati liberati dagli ospedali psichiatrici giudiziari, ma nessuno di questi ha compiuto una strage, [sostenendo che] questa apprensione per la chiusura delle strutture di internamento ricorda la campagna di terrore quando furono sigillati i manicomi. Allora come oggi la paura è ingiustificata” (Opg, Andrea Orlando: "Nessun rischio per la collettività"...cit.)

 

Solo un terzo degli infermi autori di reato ha realmente bisogno di essere ricoverato.

Lo psichiatra Angelo Fioritti, nelle dichiarazioni rilasciate a Michele Miravalle del Centro di Documentazione su Carcere, Devianza e Marginalità, ha ricordato che solo un terzo della popolazione internata ha davvero bisogno di luoghi maggiormente contenitivi e che, pertanto, il nostro ordinamento continua ad avvallare la prassi che “un buon numero di suoi cittadini sia rinchiuso in luoghi dove non dovrebbe stare” (La riforma della sanità penitenziaria: il caso Ospedali Psichiatrici Giudiziari, “L’altro diritto”, consultato l’8 agosto 2015).
La coordinatrice nazionale dell’Associazione Antigone, Susanna Marietti, ha infatti osservato che dalle visite effettuate presso gli OPG è immediata la percezione del fatto che la maggior parte dei casi ha poco a che vedere con la sicurezza pubblica (Cfr. Chiudono gli Opg: percorsi diversi. Alcuni ricoverati verso le “residenze”, “Corriere della Sera”, 31 marzo 2015). E infatti, se si confronta il numero dei pazienti internati con la popolazione psichiatrica grave e, in proporzione, con il numero complessivo di criminali, ci si avvede che si tratta di cifre irrisorie che non giustificano alcun allarme sociale, se non in chiave prettamente strumentale, come hanno affermato gli psicologi Luigi D'Elia e Nicola Piccinini: “1500 circa è il numero dei pazienti attualmente rinchiusi negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari italiani, coloro cioè con atti criminali alle spalle. Un numero irrisorio sia rispetto a tutta la popolazione psichiatrica grave (non contiamo nemmeno tutta la popolazione con disagio), ma anche rispetto alla popolazione criminale complessiva. Tale numero non giustificherebbe dunque, se non in chiave strumentale, alcun allarme sociale. Insomma, la propensione al crimine non è un dato specifico della popolazione psichiatrica” (Luigi D’Elia, Nicola Piccinini, Il mito della pericolosità dei sofferenti psichici, “Il Fatto Quotidiano”, 5 maggio 2011).

 

Se si realizza un buon piano terapeutico non c’è bisogno di sbarre.

Per quella percentuale di soggetti che verrà ritenuta socialmente pericolosa e che, pertanto, necessiterà di strumenti maggiormente contenitivi, la riforma prevede il ricovero nelle REMS, senza tuttavia che queste diventino nuovi lager. Difatti, come ha ricordato l’onorevole Paolo Beni, “la sicurezza dei cittadini non può essere affermata a scapito della dignità dei soggetti più deboli” (Resoconto stenografico 226° seduta Camera dei deputati, “Camera.it”, 12 maggio 2014), nel rispetto di quanto affermato anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 253 del 2003 (“giurcost.org”) dove si precisa che “le esigenze di tutela della collettività non potrebbero mai giustificare misure tali da recare danno, anziché vantaggio, alla salute del paziente: e pertanto, ove in concreto la misura coercitiva del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario si rivelasse tale da arrecare presumibilmente un danno alla salute psichica dell’infermo, non la si potrebbe considerare giustificata nemmeno in nome di tali esigenze”.
D’altronde, l’assenza di sbarre e di strumenti di contenzione non significa necessariamente scarsa sicurezza. Il deputato del Partito Democratico Edoardo Patriarca, infatti, durante la discussione alla Camera, ha ricordato che “alcune esperienze già in atto sui territori mostrano come sia possibile un diverso approccio alla pericolosità sociale degli infermi di mente, approntando percorsi di cura e reinserimento che limitino le misure di contenimento e la restrizione della libertà ai soli casi in cui sia strettamente necessario” (Resoconto stenografico 226° seduta Camera dei deputati, “Camera.it”, 12 maggio 2014).
Una di queste esperienze è quella di Casa Zacchera, residenza sulle colline di Castrocaro che dal 2007 ospita gli ex internati degli OPG. Intervistati dal quotidiano “La Repubblica”, il presidente Stefano Rambelli e l'organizzatore Matteo Montanari hanno spiegato che l’obiettivo è quello di sostenere e assistere i pazienti affinché possano quanto prima fare ritorno nelle proprie case. Garantendo venti operatori per sedici ospiti, cinquanta ore settimanali di aiuto psicologico e venticinque di accompagnamento psichiatrico, hanno dimostrato che è possibile assistere e curare anche coloro che, tradizionalmente, sono definiti socialmente pericolosi. Infatti a Casa Zacchera “non ci sono reti, cancelli e sbarre [e, sebbene sia ospitato anche chi ha commesso omicidi], in questi due anni e mezzo non c'è stata nessuna fuga, non c'è stato nessun incidente, [perché] la nostra custodia è capacità relazionale, è assistenza sanitaria” (Jenner Meletti, “Niente sbarre per i detenuti matti”. L'esperimento segreto dell'Emilia, “La Repubblica”, 13 marzo 2010). Così padre Giuseppe Insana, cappellano dell’OPG di Barcellona Pozzo di Gotto, intervistato da radio vaticana: “se ci fossero delle comunità terapeutiche assistite serie, non ci sarebbe bisogno neppure delle REMS [e ciò è confermato dal fatto che] ci sono delle persone dell’OPG che vivono in un clima fraterno di responsabilità, che collaborano e che quindi stanno costruendo il loro futuro. A qualcuno è già stata revocata la misura di sicurezza. Noi crediamo nel pieno recupero delle persone che sono state internate in OPG, e crediamo secondo la Legge Basaglia, che la persona inferma di mente abbia diritti, dignità e possa farsi una vita integrandosi nella società. Questa è l’esperienza che facciamo” (Ancora internati negli OPG: l'appello di don Giuseppe Insana, “Radiovaticana.va”, 14 luglio 2015).

 

Con la chiusura degli OPG si lasciano dei criminali a piede libero

A poche ore dalla scadenza del termine ultimo per la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, fissato al 31 marzo 2015, la prima dichiarazione del leader della Lega Nord Matteo Salvini, apparsa su twitter e subito riportata da “Il Giornale”, ha messo in luce il principale problema sollevato dalla riforma: “Domani chiudono gli ospedali psichiatrici giudiziari. Stiamo parlando di 700 'folli' pericolosi, internati per omicidi, violenze sessuali e aggressioni di ogni genere, 450 dei quali verranno 'ospitati' in nuove strutture, mentre più di 200 usciranno. Chi pensa alle famiglie, lasciate sole, e alle vittime, passate e future? una scelta pazzesca, purtroppo siamo in tema” (Monica Serra, Chiusi gli Opg, Salvini: "700 folli in libertà". Rischio commissariamento per il Veneto?, “Il Giornale”, 31 marzo 2015). Anche la deputata della Lega Nord Laura Molteni, d’altronde, si era posta la medesima domanda nella sua dichiarazione di voto in sede di approvazione della legge di conversione del decreto legge n.211 del 2011: “chi si preoccupa di assicurare adeguata tutela ai parenti delle vittime colpite dai reati efferati compiuti dalle persone che, considerate ex socialmente pericolose, rientreranno nel loro territorio di appartenenza?” (Resoconto stenografico dell’Assemblea Seduta n. 585, “Camera.it”, 14 febbraio 2012) . A tale proposito, in un articolo pubblicato dalla rivista giuridica “Diritto Penale Contemporaneo”, il giudice Paola Di Nicola ha sottolineato che la chiusura degli OPG e la fuoriuscita di internati ancora pericolosi, non accompagnata da adeguati percorsi di cura, generano “il rischio, o meglio la certezza, di quella che viene definita ‘vittimizzazione secondaria’, ovverosia la condizione di ulteriore sofferenza e oltraggio sperimentata dalla vittima dopo avere subito la commissione di un reato in relazione ad un atteggiamento di insufficiente attenzione o di negligenza da parte del soggetto che dovrebbe essere deputato alla sua tutela: lo Stato” (Paola Di Nicola, La chiusura degli OPG: un'occasione mancata, “Penalecontemporaneo.it”, 13 marzo 2015).
A pagare le più care conseguenze della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, tuttavia, sarà la collettività intera perché torneranno a piede libero quelli che l’antropologo Antonello Ciccozzi, non senza una vena provocatoria, ha definito “mostri che hanno esercitato follemente violenza sulle vite del loro prossimo” (Antonello Ciccozzi, Chiusura degli ospedali psichiatrici e buonismo: un pazzo assassino non è come un ‘ladro di pere’,  “Il Fatto Quotidiano”, 31 marzo 2015).
Si tratta di infermi di mente, certo, ma pur sempre criminali che hanno commesso reati gravi o gravissimi che diversi magistrati e medici hanno ritenuto reiterabili, così disponendo l’internamento come misura di sicurezza a tutela della comunità intera. Tuttavia, con un finto buonismo, la riforma chiude proprio i luoghi deputati a contenere la pericolosità sociale di questi soggetti, con la conseguenza che “questi mostri, che qualcuno preferisce chiamare ‘sventurati’, una volta messi di nuovo nella possibilità di farlo, potrebbero tornare ad uccidere gli sventurati, quelli veri, che gli capiteranno a tiro: magari un operatore della struttura che li ospita, qualche passante, o la donna che perseguitavano da anni” (ibidem).

La sicurezza pubblica è un bene di primaria importanza e da più parti sono state sollevate serie perplessità sulle capacità dello Stato di garantirne la tutela in assenza di luoghi di contenimento quali erano gli OPG. La senatrice della Lega Nord Erika Stefani, in occasione della dichiarazione di voto, ha sottolineato le difficoltà che potrebbero emergere con il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, specie con riferimento alla necessità di individuare strumenti custodiali idonei ad evitare che queste persone possano commettere ulteriori reati, posto che appare arduo un loro recupero sociale stante la patologia mentale che li affligge: “Noi della Lega Nord non possiamo però non sottolineare un altro aspetto difficile, come aveva detto anche il relatore Casson. Mi riferisco al contemperamento fra le opposte esigenze, da una parte, di provvedere alla cura di persone che per una malattia si trovano ad essere minorate dal punto di vista mentale e, dall’altra, di assicurare la tutela della collettività perché si tratta di persone che, a causa della loro malattia o per la loro inclinazione, purtroppo si sono trovate a delinquere. Noi ricordiamo tristemente l’episodio dell’ormai tristemente noto Kabobo, una persona affetta da difficoltà di tipo mentale che ha procurato la morte di persone in un modo assolutamente incomprensibile. Noi riconosciamo che questa sia una persona malata, però ci mettiamo nell’ottica delle persone offese e di chi subisce dei delitti anche gravi. Per questa ragione, le nostre perplessità e considerazioni ci portano a interrogarci: con il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari riusciremo ad assicurare la custodia idonea ad evitare che queste persone possano commettere ulteriori reati? Proprio per la loro condizione mentale probabilmente vi è anche la difficoltà di un recupero sociale e di un pentimento. È un problema legato alla malattia. Si tratta di una malattia che va curata e che a volte è anche difficilmente curabile. Noi invece ci mettiamo nella posizione di quanti ritengono che dobbiamo pensare a come riuscire a garantire la sicurezza alla collettività ed evitare che purtroppo queste persone possano commettere ulteriori reati” (Resoconto stenografico 237° seduta Senato della Repubblica, “Senato.it”, 24 aprile 2014).

Anche a voler ritenere che le nuove REMS siano mezzi sufficienti per il raggiungimento di tale finalità, il fatto che in alcuni casi esse siano state individuate all’interno delle città crea una situazione di pericolo per la popolazione che abita in prossimità delle nuove strutture perché i centri abitati non sono idonei, secondo il deputato Nicola Molteni, a gestire situazioni di particolare pericolosità sociale (Resoconto stenografico della 223° seduta della Camera dei deputati, “Camera.it”, 6 maggio 2014). Lo Stato ha il compito di proteggere e tutelare i cittadini dai soggetti pericolosi, ragione per la quale l’onorevole Marco Rondini, durante la discussione in Commissioni Riunite del 7 maggio 2014, ha proposto in modo provocatorio che le REMS vengano ubicate nelle immediate vicinanze dei presidi territoriali delle forze dell’ordine.

 

I servizi psichiatrici territoriali non sono in grado di farsi carico di tutti gli ex internati

Nel corso dell’esame del testo della legge di conversione del decreto numero 52 del 2014 (Cfr. Resoconto stenografico 226° seduta Camera dei deputati, “Camera.it”, 12 maggio 2014) da parte delle commissioni riunite (Giustizia e Affari Sociali), l’onorevole Andrea Cecconi ha evidenziato che con la chiusura degli OPG si rischia di immettere nella società soggetti che non sono in grado di starci, per cui l’unica via possibile sarebbe quella di sottoporli a trattamento sanitario obbligatorio attraverso il ricovero coattivo presso i servizi psichiatrici di diagnosi e cura. E tuttavia, come ha ricordato il presidente della Società Italiana Psichiatria Emilio Sacchetti, alcuni pazienti con disturbi psichici più gravi hanno bisogno di controlli che le strutture territoriali attuali non sono in grado di assicurare (Cfr. Maria Giovanna Falella, L'allarme degli psichiatri: "Da aprile 800 malati mentali senza cure", “Corriere della Sera”, 14 febbraio 2013).
In particolare, secondo il deputato della Lega Nord Marco Rondini “non si tiene conto del fatto che gli attuali Dipartimenti di Salute Mentale non si occupano di persone incapaci di intendere e di volere, ma di precise patologie psichiatriche che richiedono, per essere curate, adeguati ambienti di cura” (Resoconto stenografico della 234° seduta della Camera dei deputati, “Camera.it”, 27 maggio 2014). Con la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, pertanto, i malati psichiatrici autori di reato verranno inviati ai DSM (Dipartimento di Salute Mentale) con la duplice conseguenza che, da un lato, i centri spesso non saranno in grado di prendersene carico, dall’altro lato, verrà alterata profondamente la possibilità di cura di tutti gli altri pazienti non rei (ibidem). A tale proposito, gli psichiatri Andrea Balbi e Massimo Biondi, rispettivamente direttore del Dipartimento di Salute Mentale ASL Roma D e docente di Psichiatria presso l’Università “La Sapienza” di Roma, si domandano “chi proteggerà i pazienti psichiatrici che non hanno commesso reati dalle possibili ricadute di comportamenti aggressivi e violenti dei pazienti socialmente pericolosi nei CSM e negli SPDC dove saranno fianco a fianco” e su chi ricadranno poi le responsabilità penali di tali atti (Andrea Balbi, Massimo Biondi, Ombre ed errori di una legge: il parere dei clinici, “Rivistadipsichiatria.it”, 2015, p. 49).

 

La riforma mette in pericolo la sicurezza del personale sanitario che lavora nelle REMS

Se è vero, inoltre, che nei casi più gravi i pazienti potranno essere affidati alle nuove Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS), è altrettanto vero che tali luoghi sono a gestione interamente sanitaria, non essendo prevista la presenza di forze dell’ordine al loro interno, nonostante i dati dimostrino che le risse e i ferimenti siano abbastanza frequenti. Pertanto, l’onorevole Massimo Baroni del Movimento Cinque Stelle ha sottolineato come questa scelta si riveli altamente pericolosa per la sicurezza del personale sanitario delle REMS che viene abbandonato e lasciato a confrontarsi con situazioni rispetto alle quali non ha alcuna preparazione né formazione (Resoconto stenografico 226° seduta Camera dei deputati, “Camera.it”, 12 maggio 2014).
Nella sua analisi della riforma anche lo scrittore Paolo Giordano (Gli ultimi internati della nostra storia. Così finisce un’idea di detenzione, “Corriere della Sera”, 9 marzo 2015) ha dato ampia rilevanza al “fardello che cade improvviso sul personale sanitario, investito di responsabilità nuove, come il mantenere un livello di sicurezza e ordine fra internati, senza l’ausilio dei secondini”. Infatti, la REMS non dovrebbe ricordare un penitenziario (ad esempio andrebbero evitate le sbarre alle finestre) ma non è dato sapere su chi ricadrà la responsabilità allorquando, in un accesso di delirio, il primo degli internati riuscirà a buttarsi di sotto.
Non è certamente accettabile che agli psichiatri venga richiesta una funzione di vigilanza e custodia di tali malati, invece di svolgere le funzioni di cura che gli competono. Come ha affermato lo psichiatra Claudio Mencacci, ex presidente della SIP (Società Italiana di Psichiatria) che, pur dicendosi concorde con l'obiettivo generale di superare il modello degli OPG, è convinto che i passaggi “sono stati portati avanti senza sentire ragioni. Questo non è accettabile, così come non è accettabile che agli psichiatri, che a causa di questo provvedimento saranno gravati da ulteriori responsabilità civili e penali, venga richiesta una funzione di vigilanza e custodia di questi malati invece di svolgere le funzioni di cura che competono loro” (“Con la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari 800 malati a rischio cure”, “Il Fatto Quotidiano”, 14 febbraio 2013). In tal modo, secondo lo psichiatra Franco Rotelli, uno dei principali collaboratori di Basaglia, si ricostruisce in concreto “il nesso cura-custodia, e quindi responsabilità penale del curante-custode” (Franco Rotelli, I nuovi vestiti degli Ospedali psichiatrici giudiziari (a proposito una legge molto “pericolosa”, “Forumsalutementale.it”, 29 gennaio 2012).