L’Italia non ha la capacità e la robustezza per attrarre nuove risorse dall’estero

Una vetrina troppo appannata

Cosa manca al nostro Paese per essere considerato al pari delle altre potenze europee? Quali sono gli interventi da attuare per ristabilire una corretta circolazione dei cervelli? E perché una nazione così avvantaggiata sotto tanti punti di vista (artistico, territoriale, culturale) ha disperso così velocemente il proprio patrimonio? Sono tanti gli interrogativi connessi al fenomeno della “fuga dei cervelli”. Così Giuseppe Rabita, direttore di “Settegiorni dagli Erei al Golfo”: ”Non vi è da lamentarsi tanto del fatto che alcuni talenti trovino la propria strada all’estero, quanto del fatto che non riusciamo a nostra volta ad attirarne altrettanti perché non ci sono le condizioni e non siamo capaci di sviluppare le innumerevoli risorse di un territorio ricco di possibilità” (Macché fuga di cervelli!, “agensir.it”, 28 settembre 2017).

Mancano politiche di attrazione

L’Italia non è un Paese attraente, questa l’amara realtà che i dati di oggi ci consegnano. Eppure basterebbe davvero poco per soddisfare gli standard europei. Infatti, esistono già modelli di successo nelle altre economie che ben potrebbero trovare attuazione nonostante le lentezze della burocrazia e le difficoltà politiche del nostro Paese.
Alessandro Rosina, docente di Demografia e Statistica Sociale dell’Università Cattolica di Milano e presidente dell’associazione ITalents, organizzazione che punta a creare una piattaforma permanente di contatto fra i talenti italiani che sono emigrati all’estero, afferma: “Il problema dell’Italia non sono i tanti di valore che se ne vanno, ma i pochi che fanno il percorso inverso. Questo impoverisce il nostro Paese e lo fa entrare in una spirale negativa. Non a caso, i Paesi più dinamici e competitivi considerano strategiche le politiche di attrazione di giovani di qualità e riconoscono come veri e propri investimenti tutte le opportunità a essi fornite” (Neve Mazzoleni, Fuga di cervelli. Un fenomeno statistico e sociologico raccontato da Alessandro Rosina “artribune.com”, 11 novembre 2013).

Claudio Alessandro Colombrita, 25 maggio 2018

Un’accademia mondiale

Federico Binda, ricercatore presso l’Università di Regensburg, introduce il concetto di accademia senza confini per persone ed idee: “Piuttosto che una sterile ricerca del rientro degli italici cervelli, un’accademia realmente sana dovrebbe favorire il più possibile la circolazione di persone e di idee. Ben vengano dunque ricercatori stranieri in Italia, e ben vadano i ricercatori italiani all’estero!” (Federico Binda, Ecco perché l’Italia non può attrarre cervelli dall’estero, “associazionelucacoscioni.it”, 18 gennaio 2018).
Il viaggio è arricchimento sia per le persone sia per i Paesi ospitanti, i ricercatori necessitano di continui confronti anche per aggiornare il proprio bagaglio di conoscenze e per mettersi alla prova in realtà diverse. L’Italia è in crescita e risulta sempre più appetibile per gli stranieri, facendo leva sui suoi punti di forza: cultura, arte, clima, conformazione territoriale.

Opportunità e non fuga

I giovani di oggi hanno sempre più opportunità per esprimere il proprio talento e possono muoversi con sempre più facilità. Non esistono più confini geografici anche perché il talento risponde ad un unico linguaggio universale. Benedetto Coccia, primo Ricercatore dell'Istituto di Studi Politici “S. Pio V”, sottolinea: “Il problema non è se un giovane sceglie di andare all'estero, o fare un'esperienza di studio, lavoro o di stage in un altro Paese…se ciò rappresenta un'opportunità, è sano” (Matteo Resta, La fuga dei cervelli non è il problema, lo è il ritorno, “linkedin.com”, 19 giugno 2017).