L’uomo sente l’esigenza di entrate in contatto con la sua parte animale e ha l’esigenza di connettersi con altri animali attraverso una comunicazione libera, scevra da condizionamenti.
Una connessione inevitabile
L’uomo deriva dalla scimmia e questo suo essere “animale” lo porta ad avere una connessione inevitabile con i suoi simili. Ad oggi, egli si sforza poco di comprendere al meglio le loro dinamiche e si limita a rispondere ad un richiamo sempre più forte della sua natura. Desmond Morris, etologo, sottolinea: "Gli animali domestici sono uno dei pochi contatti veri con la natura che ci sono rimasti ed è anche per questo motivo che siamo attratti da loro. È una connessione vitale per noi. Noi umani siamo scimmie nude e quindi sentiamo questa necessità. […] Dovremmo dunque imparare a comprendere loro e il loro mondo, per stare tutti meglio "(Antonello Guerrera, Desmond Morris: "Umano, troppo umano. Una guida per trattare i nostri cani e gatti", “repubblica.it”, 18 giugno 2017). La comunicazione è fatta più di gesti che di parole, è una comunicazione in cui prevale l’istinto, un amore che non conosce logica, puro, senza condizionamenti. Così Cristina Rubano, psicologa e psicoterapeuta: ”Il rapporto con un animale ci porta su una connessione istintiva priva dei correlati verbali e cognitivi delle relazioni umane, gli animali diventano veicolo di un amore incondizionato, senza doppi fini o aspettative giudicanti, dove possiamo sentirci amati e accolti per quello che siamo incondizionatamente” (Cristina Rubano, Attaccamento verso gli animali: quando diventa morboso? “crescita-personale.it”, consultato il 18 marzo 2018).
Liberi di essere se stessi
Con gli animali non dobbiamo indossare una maschera, non dobbiamo fingere di essere quelli che non siamo per compiacere la società, loro ci amano in ogni caso, qualunque sia la nostra essenza. Roberto Pani, professore di Psicologia Clinica presso l’Università di Bologna conferma: “L’animale fa sentire più liberi di esprimere le proprie emozioni senza vergognarsi, senza temere di essere puniti, giudicati, condannati. Con gli animali si diventa complici perché ci fanno sentire compresi” (Eliana Canova, Amare “troppo” gli animali: quando cani e gatti prendono il posto degli umani, “ok-salute.it”, 23 maggio 2016).
Claudio Alessandro Colombrita, 19 aprile 2018
Autori citati:
Morris Desmond
- etologo
Rubano Cristina
- psicologa e psicoterapeuta
Pani Roberto
- docente di Psicologia Clinica presso l’Università di Bologna
Uomini e animali attivano in maniera differente il loro cervello. Il primo ha la capacità di pensare, il secondo non possiede tale facoltà e questa differenza rende la comunicazione insidiosa ed eterogenea.
L’intelligenza non conta
I problemi trai due mondi nascono perché l’uomo è razionale, agisce col pensiero e crede che l’animale risponda seguendo le sue stesse logiche. In realtà, pur essendoci animali che si avvicinano molto all’uomo, come il cane, essi agiscono d’istinto, seguendo un proprio codice di comportamento. La dott.ssa Sara Maffi, esperta in interazione Uomo-Animale, afferma: “Molti animali non umani sono stati riconosciuti come esseri senzienti, in grado di provare emozioni e in possesso di forme diverse di intelligenza. Questo però non deve portare a farsi fuorviare facendo paragoni errati con l’uomo […] Mancano ancora poi prove concrete nell’ambito di altre caratteristiche e capacità, ad esempio su che tipo di sentimenti gli animali provino e sulla consapevolezza che hanno o meno di sé e degli altri. Gli studi […] sono in corso. Nel frattempo si possono fare ipotesi, osservazioni, esprimere idee e opinioni, stando però attenti a non farci ‘ingannare’ dalla nostra tendenza a voler proiettare sugli altri animali i nostri sentimenti, pensieri, emozioni […] Spesso si tende a considerare l’intelligenza come uno dei parametri importanti per vedere se un’altra specie animale possa essere degna o meno della nostra considerazione. Tutti gli animali invece dovrebbero contare ed essere degni del nostro interesse al di là di quanto possano essere intelligenti” ("Umanizzare” gli animali non umani, “petfamily.it”, consultato il 18 marzo 2018). Non è il cane a dover parlare il nostro linguaggio perché non lo potrà fare mai, ma siamo noi che dobbiamo fare, se necessario, un passo indietro per rispettare il suo modo di essere. La sua spontaneità, seppur priva dell’intelligenza umana, gli permette di esprimere un amore incondizionato che nessun essere umano è in grado di esprimere. Il dott. Fabio Vergoni, veterinario comportamentalista, conferma: “Anche se si pensa di far bene, umanizzare è una forma di maltrattamento etologico, non si rispetta l’identità del cane, bisogna capire che siamo noi a dover parlare il suo linguaggio che non è fatto di foto con sguardi tristi , non è fatto di pensieri umani ma è fatto di una specie che ci chiede di essere integrata nel nostro tessuto sociale” (Umanizzare il cane Dr. Fabio Vergoni (Medico veterinario Comportamentalista), “gattapupina.it”, consultato il 18 marzo 2018).
Un confine sottile
La nostra ragione, il comportamento giusto come lo intendiamo noi, può essere del tutto sbagliato nell’approccio con un animale. Le emozioni sono diverse, le nostre sono filtrate dalla ragione, mentre quelle di un animale sono istintive, dirette. La ex consigliera regionale della Lombardia, Maria Teresa Baldini, afferma: “In una società che tende sempre di più ad isolare e dove si vive un imbarbarimento degli affetti è crescente il fenomeno dell’umanizzazione degli animali che crea delle condizioni potenzialmente pericolose. Un cane va trattato con cura e attenzione ma è indispensabile non oltrepassare il confine di ciò che può, involontariamente, rappresentare una mancanza di rispetto” (“Pericolosa l’umanizzazione degli animali” secondo Fuxia People, “varesepress.info”, 20 settembre 2017).