Il videogioco è un’occasione importante per giocare insieme ad altri e confrontarsi con bambini di ogni parte del mondo. Stimola la creatività e aumenta la cooperazione.
Con i videogiochi, socializzazione senza confini
Giocare ai videogames può essere un ottimo strumento di socializzazione per i più piccoli. Le sfide al computer, infatti, possono essere altamente stimolanti e incentivare una sana competizione tra i videogiocatori. Un’occasione di unione, suffragata anche da studi scientifici: “Alcuni studi hanno evidenziato la potenzialità dei videogames di incrementare le abilità sociali dei giocatori. In una di queste ricerche, una parte dei soggetti del campione hanno giocato con videogames con componenti sociali, un’altra parte hanno invece giocato con giochi non sociali. Coloro erano stati assegnati al gioco sociale avevano poi mostrato una maggior propensione a intervenire positivamente quando un altro partecipante era stato infastidito, in sede dell’esperimento, da un soggetto complice dei ricercatori” (Luca Mazzucchelli, Videogiochi: 7 studi scientifici ne esplorano le potenzialità, “psicologo-milano.it”, 14 novembre 2015).
L’immagine del bambino chiuso in una stanzetta a giocare ossessivamente al videogioco deve essere superata. Internet consente connessioni eccezionali anche con bambini dall’altro lato del mondo, consente una socializzazione in diverse lingue con diverse culture, un’occasione di confronto, un’occasione per crescere: “Perché vogliamo limitare il tempo passato al computer dai ragazzi? Il computer è indubbiamente uno strumento unico, il più importante della società moderna. La nostra volontà di limitare il tempo trascorso al computer dai ragazzi potrebbe paragonarsi all’imposizione di un limite da parte dei cacciatori-raccoglitori al tempo trascorso dai loro ragazzi con l’arco e le frecce. I ragazzi che vengono al mondo sono fatti per guardarsi attorno e scoprire ciò che è utile sapere per entrare a far parte della cultura nella quale sono nati. E sono molto più dotati degli adulti. Perciò apprendono la lingua così velocemente e percepiscono il mondo che li circonda molto più rapidamente degli adulti” (Giocare ai videogiochi ha molti vantaggi per i ragazzi, “permondo.eu”, 24 aprile 2015).
Si impara a vincere ma si impara anche a perdere, si impara a vivere con uno strumento dalle potenzialità eccezionali e sconfinate: “Giocare ai videogiochi può dare piccoli benefici come la capacità di sopportare la sconfitta che è una dote importante e serve ai ragazzi per diventare prima più grandi. Inoltre i videogiochi mettono il giovane di fronte al problema di sapere le lingue straniere, fra cui importante è l'inglese. Stabilire coi propri figli orari per lo studio, per le attività sportive e per i videogiochi è un'ottima scelta per la formazione del giovane, come confermano studiosi di patologie comportamentali e legate al gioco compulsivo” (Videogiochi pro, contro, forse, “02web.it”, consultato il 6 giugno 2017).
“Non solo. Un’altra valenza positiva dei videogiochi è rappresentata dal contatto sociale; in effetti, la pratica dei videogiochi è un’opportunità di interazione sociale, promuove, secondo alcuni esperti, lo sviluppo di un’intelligenza ‘di gruppo’ che fa esercitare un sistema cognitivo complesso” (Angela Cannito, I videogiochi: alleati dei bambini o rischiosi per la loro salute?, “crescita-personale.it”,consultato il 6 giugno 2017).
Autori citati:
Mazzucchelli Luca
- vicepresidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia
Il videogioco è il principale nemico per la socialità e allontana il bambino dalla natura e dai giochi di una volta. Un abuso ha effetti negativi sulle nuove generazioni.
I videogiochi allontanano i bambini dalla reale dimensione sociale
Il videogame conduce ad una chiusura eccessiva dei bambini, che si rapportano solo con uno schermo e con i personaggi dell’episodio con cui stanno giocando. Il videogioco comporta un allontanamento dai giochi di una volta, dalla socializzazione naturale davanti ad un pallone, dal contatto con l’aria aperta: “Da quando le console casalinghe hanno raggiunto e superato i Coin-Op, le sale giochi sono ormai pochissime rispetto al passato e la gente non esce neanche di casa, giocando online quasi sempre con sconosciuti. Prima almeno ci si poteva trovare con gli amici che condividevano la stessa passione, mentre oggi la gente è diventata molto più solitaria e videodipendente, preferendo passare ore e ore davanti allo schermo di una tv piuttosto che chiacchierare con gli amici davanti ad una buona birra, giocare a bowling, minigolf, calcetto, basket o semplicemente fare una passeggiata in centro con loro. Se ai videogames aggiungiamo Facebook, Twitter, Whatsapp e compagnia bella, siamo a posto (I videogames influenzano la nostra vita, nel bene e nel male, “varesenews.it”, 20 febbraio 2014).
I videogiochi vanno scelti con un occhio di riguardo se sono destinati ai bambini perché possono ritardare lo sviluppo psicologico dei bambini e possono avere anche ripercussioni in età adulta. Il rischio dipendenza è sempre dietro l’angolo, con l’abuso di videogiochi che è ormai diventato una costante. La “Internet gaming disorder” è un disturbo mentale che spinge i soggetti affetti a trascurare persino i bisogni primari pur di continuare a giocare.
Così Jeffrey Anderson, professore di neuroradiologica presso la University of Utah School of Medicine: "Una ricerca ha dimostrato che nei videogiocatori compulsivi il cervello si sviluppa diversamente rispetto a quello di chi non gioca [Cfr. Jeffrey Anderson, Doug Hyun Han e altri, Wired for Gaming: Brain Differences Found in Compulsive Video Game Players, “Health. University of Utah”, 21 dicembre 2015] I videogiocatori cronici hanno delle connessioni neurali molto sviluppate che favoriscono un approccio migliore e più rapido alle nuove informazioni […] Nei videogiochi, molto spesso è necessario agire con velocità e precisione e questo aiuta a sviluppare le abilità del cervello dedicate alla coordinazione fra vista e udito. Anche se ci sono dei benefici, giocare troppo ai videogiochi porta anche al problema della dipendenza, conosciuta come ‘Internet gaming disorder’: un disturbo mentale che spinge i soggetti affetti a trascurare persino i bisogni primari pur di continuare a giocare" (Gabriele Castoro, Cervello e videogiochi, benefici ma anche svantaggi, “repubblica.it”, 30 dicembre 2015).
“Il fulcro della diseducazione nei videogames non è la quantità di fluidi corporei versati da corpi morenti, ma la morale. Perché un videogioco sia un gioco, e non la realtà, il fattore morte (e tutti i suoi campi d’azione) diviene al massimo una seccatura, che costringe chi gioca a riprendere la sessione partendo dall’ultimo salvataggio. Questa dinamica è presente in tutti i giochi, virtuali o non (o tutti i giocatori di scacchi dovrebbero morire alla prima partita persa), ma nei videogames viene amplificata dal fatto che l’immedesimazione è molto più forte” (Serena Bertogliatti, Videogames – pro e contro, “spaziodi.it”, consultato il 10 giugno 2017).
La soluzione sta nel giusto equilibrio, nel dosare il tempo passato con i videogames, alternandolo magari a passeggiate al verde o al contatto con altri coetanei. A volte il videogioco serve semplicemente per imbambolare i propri figli e tenerli occupati, un vero e proprio baby-sitter virtuale: “Questo rischia di intaccare la relazione, rischia di creare bambini ‘spenti’ (o che faticano a tollerare lo star seduti a tavola o la noia) e adulti che faticano sempre più a stare con i propri figli, a conoscerli profondamente. Ovviamente non stiamo demonizzando i videogiochi in sé ma l’abuso che talvolta se ne fa. Verso i 7-8 anni si può iniziare a concedere questo tipo di gioco ma limitando il tempo a mezz’ora al giorno. Stessa cosa vale per la TV. È vero che siamo in un’era tecnologica, ma è anche vero che c’è un’età giusta per tutto. I bambini di oggi sono capaci di usare il pc, accendere il dvd, usare il cellulare, ma questo non significa essere più intelligenti o attrezzati per la vita. Queste sono prestazioni, che sono diverse dalle competenze che si sviluppano con il tempo e mettendo in gioco se stessi e la propria fantasia. Non è un caso che nell’era della comunicazione il disagio aumenta sempre di più, perché è sempre più assente la capacità di comunicare, di entrare in relazione con se stessi e con gli altri in modo autentico. Il rischio è che la realtà virtuale sostituisca quella reale (soprattutto in adolescenza) e favorisca l’isolamento. In questo tempo di fretta e di corsa alla prestazione è fondamentale che i genitori, gli educatori e tutti coloro che si adoperano per il benessere del bambino, si assumano la fatica (e l’orgoglio) di andare controcorrente ( (Manuela Arenella, Risponde lo psicologo – Videogiochi, pro e contro, “noinonni.it”, 15 marzo 2012).
Claudio Alessandro Colombrita, 28 giugno 2017
Autori citati:
Castoro Gabriele
- Redattore del sito Tom’s Hardware
Han Doug Hyun
- docente presso la Chung-Ang University School of Medicine e presso la School of Medicine dell’Università dello Utah
Bertogliatti Serena
- scrittrice e giornalista
Arenella Manuela
- psicologa psicoterapeuta specializzata in psicoterapia dell’infanzia e dell’adolescenza
Anderson Jeffrey
- docente di Neuroradiologia presso la School of Medicine dell’Università dello Utah