Decrescita Felice
Badiale vs Mazzetti

Tre sono i punti di contrasto che emergono nel confronto tra Marino Badiale, professore di Analisi Matematica all'Università di Torino, e del prof. Giovanni Mazzetti, Direttore del Centro Studi dell'Associazione per la Redistribuzione del lavoro, sul tema della decrescita. Il primo riguarda il rapporto tra la riproduzione materiale degli uomini e i limiti ecologici: se per Badiale è necessario ridurre il livello di produzione e consumo, per Mazzetti è, invece, opportuno riorientarlo per bilanciare eccessi e difetti nella soddisfazione dei bisogni umani. Il secondo punto punto di contrasto riguarda il modo di intendere la decrescita: per Badiale,

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Tre sono i punti di contrasto che emergono nel confronto tra Marino Badiale, professore di Analisi Matematica all'Università di Torino, e del prof. Giovanni Mazzetti, Direttore del Centro Studi dell'Associazione per la Redistribuzione del lavoro, sul tema della decrescita. Il primo riguarda il rapporto tra la riproduzione materiale degli uomini e i limiti ecologici. Secondo il prof. Badiale, fautore della decrescita, “il superamento dei limiti ecologici del pianeta ci sta creando e ci creerà sempre di più una serie di problemi più difficili da gestire che peseranno maggiormente sulle classi più disagiate e che porteranno alla necessità di profondi cambiamenti nell'organizzazione economica e sociale. La proposta della decrescita è la proposta di cominciare a pensare per tempo ai cambiamenti che saranno necessari”.

Per Mazzetti, critico della decrescita, “se è vero che ci sono numerose manifestazioni del nostro sistema economico e del nostro stile di vita in cui è evidente in cui abbiamo ormai oltrepassato ampiamente i limiti della riproduzione ambientale, è altrettanto vero che in molti aspetti della nostra vita siamo al di sotto del livello di decenza nella soddisfazione dei bisogni (ad esempio, per quanto riguarda l'assistenza medica di tipo preventivo). Non è affatto vero che l'attuale livello di produzione e di consumo è insostenibile. E' vero che bisogna riorientarlo in maniera tale che la parte in cui abbiamo ecceduto vada in quella in cui siamo in una situazione di carenza strutturale”.

Dunque, se per Badiale è necessario ridurre il livello di produzione e consumo, per Mazzetti è, invece, opportuno riorientarlo per bilanciare eccessi e difetti nella soddisfazione dei bisogni umani.

Il secondo punto punto di contrasto riguarda il modo di intendere la decrescita. Per Badiale, “la decrescita è una proposta ragionevole di riduzione selettiva della produzione di una serie di merci che non contribuiscono al benessere umano, e quindi sostanzialmente anche la proposta di riduzione del PIL”, e non una qualsiasi riduzione del PIL. “Ci sono molti modi per ridurre il PIL che sono assolutamente negativi. All'interno di questi rapporti sociali dati, una recessione economica è una dimiuzione del PIL che provaca solo danni. Bisogna pensare alla decrescita come alla proposta di una dieta, fatta per stare meglio e per scelta razionale”. Mazzetti, oppone “alla tesi inconsistente della decrescita, alla quale molti aderiscono in maniera religiosa, secondo cui ridimensionare il livello dell'attività produttiva e accontentarsi di soddisfare meno bisogni risolve i problemi ambientali” la visione per cui “la ricchezza degli esseri umani risiede nello sviluppo dei loro bisogni” e di un modo intelligente di soddisfarli.

Il terzo punto di contrasto riguarda come connotare un modo di produzione orientato ai bisogni, sulla quale entrambi concordano. Badiale nota come nel dibattito pubblico con crescita s'intende “crescita del prodotto interno lordo all'interno degli attuali rapporti sociali nei quali la produzione è finalizzata al profitto. L'idea di una produzione finalizzata ai bisogni e non al profitto comporta una fuoriuscita dagli attuali rapporti sociali ed economici, fuoriuscita dopo la quale non avrà più molto senso parlare di crescita come crescita del PIL”. Per Mazzetti, non solo gli squilibri ambientali ma anche altri fenomeni, come la disoccupazione di massa in Europa, costituiscono contraddizioni che spingono la società ad andare verso una regolazione e pianificazione della produzione secondo i bisogni umani e non secondo il profitto. Di ciò “se ne parla da almeno duecento anni, ed aveva un nome, si chiamava comunismo”.

N.C e M.G