Allevamenti industriali

La pratica dell'allevamento industriale è dibattuta in diverse sfere: scientifica, etica, igienico-sanitaria, alimentare, ecologica ed economica. Si dibatte su eventuali vantaggi che essa apporta e sulla sua sostenibilità economica, oltre che sui potenziali pericoli per la salute e per l'ecosistema.

TESI FAVOREVOLI

TESI CONTRARIE

01 - Gli allevamenti industriali alimentano gli animali sprecando risorse naturali in grado, da sole, di sostenere la fame nel mondo e la crescente domanda di cibo

È necessario garantire il diritto all’alimentazione alla popolazione in crescita grazie a due condizioni: l’accesso permanente al cibo e la disponibilità di cibo qualitativamente adeguato. In quest’ottica, l’allevamento industriale, in grado di produrre di più a bassi costi, sembra la soluzione più percorribile. Inoltre, in molte aree del pianeta l'unica pratica possibile è l’allevamento.

Di fronte al forte incremento demografico, l’uomo sarà costretto a fare una scelta: produrre cibo per nutrire gli animali oppure per gli esseri umani. A testimonianza degli sprechi basti pensare agli USA: il 70% della produzione di mais e l’80% della soia sono destinate agli allevamenti industriali, oltre al consumo d’acqua: per produrre 2 etti di carne di manzo occorrono 25mila litri d’acqua.

02 - I metodi produttivi utilizzati negli allevamenti industriali sfruttano intensamente gli animali non rispettando il benessere di questi ultimi

Il benessere degli animali è una priorità anche per gli allevatori. Le migliori performance produttive si ottengono con animali non stressati e non impauriti. Nello “stato di natura” gli animali vivono atroci sofferenze, mentre negli allevamenti intensivi sono protetti dai predatori, curati e alimentati in maniera adeguata, sacrificati con sistemi per non provocare dolore.

Lo sfruttamento intenso negli allevamenti industriali provoca stress negli animali, costretti a convivere in spazi affollati e ristretti, sovralimentati per incrementare la produzione. Secondo Slow Food, il benessere animale è un parametro di sicurezza alimentare: gli animali che vivono in condizioni ottimali si ammalano meno e richiedono un minore uso di farmaci.

03 - L’allevamento di tipo industriale danneggia l’ambiente: desertifica, inquina, riduce le risorse idriche e causa la perdita di biodiversità vegetale e animale

Il progetto LIFE+AQUA del CRPA di Reggio Emilia dimostra come la combinazione di tecnologie e pratiche innovative siano attuabili e sostenibili per l’ambiente. Gli interventi dimostrano una riduzione di agenti inquinanti. Per l’allevamento intensivo del pesce, le nuove tecnologie permettono la costruzione di gabbie in zone lontane dalla costa per un minore inquinamento e benessere del pesce.

Agli allevamenti industriali sono dovute tra il 18 e il 51% delle emissioni globali; tali allevamenti contribuiscono al degrado dei terreni, all’inquinamento, alla riduzione delle risorse idriche e alla perdita di biodiversità. Anche la produzione di mangime animale ha un impatto ambientale devastante: esso è responsabile di circa l’80% della deforestazione nella regione amazzonica.

04 - Il sovraffollamento e le carenti condizioni igieniche negli allevamenti industriali aumentano il rischio di malattie per animali, allevatori e consumatori

L’uso di antibiotici e combinazioni di ormoni aumenta la produzione di carne e diminuisce la mortalità animale. L’industrializzazione dell’allevamento combatte la carenza alimentare e permette una diversificazione della dieta: uno degli elementi che ha permesso un aumento delle aspettative di vita sana e il graduale incremento dell’altezza media di uomini e donne nel ventesimo secolo.

Lo stress, il sovraffollamento e le carenti condizioni igieniche degli allevamenti industriali rendono gli animali più vulnerabili alle malattie, perciò sottoposti, a intervalli regolari, a cure di vaccini e antibiotici, potenzialmente nocivi per l’uomo. Inoltre, gli antibiotici usati negli allevamenti industriali contribuisce alla proliferazione di super batteri resistenti agli antibiotici.

05 - I dati sull'impatto energetico degli allevamenti di Lord Nick Stern non sono attendibili

Le tesi di Lord Nick Stern, sull'impatto energetico degli allevamenti, sono criticate dal mondo accademico per la non affidabilità dei dati che produce. Secondo Peter Lilley, Stern si richiama alla letteratura non peer reviewed e allarmista per dipingere un quadro esagerato dei rischi del riscaldamento globale. Nessuno intende negare il Global Warming ma semplicemente rifiutare le esagerazioni.

Le tesi di Lord Nicholas Stern dicono che fra qualche decennio mangiar carne sarà un lusso per pochi. Basta considerare che l'impronta energetica della carne bovina è circa 45 volte quella del grano, mentre il contenuto energetico è circa due volte minore; considerando la crescente domanda di carne dei paesi in via di sviluppo, fra qualche decennio, dovremo diventare vegetariani.

06 - Il modello degli allevamenti industriali è economicamente insostenibile per gli alti costi energetici, i danni per l'ambiente e la salute

Gli allevamenti intensivi non sono sostenibili dal punto di vista economico, per l’alto costo dell’energia. Ciò li rende sempre meno competitivi rispetto agli allevamenti classici. Essi causano danni anche al settore occupazionale: l’allevamento intensivo industriale, in mano alle multinazionali, elimina le fonti di reddito di milioni di contadini e piccoli agricoltori in tutto il mondo.