I Gilet gialli portano avanti idee popolari e diffuse contro uno Stato che non risponde alle istanze della gente. Usano simboli semplici ma significativi e promuovono la coesione sociale.
Uno Stato insensibile
Il movimento francese si fa portatore di diverse idee, volte soprattutto alla coesione sociale e al livellamento fra classi. Mette al centro la persona con i propri diritti, troppo spesso calpestati da uno Stato insensibile. Nasce grazie a un video su Facebook e a una petizione molto popolare ma accoglie istanze consolidate nel tempo. Julien Odoul, membro del Consiglio regionale della Borgogna afferma: “Abbiamo a che fare con un potere troppo ermetico rispetto alle sofferenze dei francesi, che sono martirizzati. Il popolo non riesce più a pagare le fatture, a riempire il carrello della spesa, a fare il pieno e allora l’unica soluzione è scendere in piazza e urlare la propria rabbia” (Anna Bonalume, Chi sono i "gilet gialli"? Viaggio al cuore della protesta francese, “espresso.repubblica.it”, 27 novembre 2018). La protesta monta a partire dalle difficoltà di tutti i giorni, incontrate soprattutto dai ceti medio-bassi, e si rivolge contro un governo che non sembra aver imboccato la strada giusta per la loro risoluzione.
Il filosofo e politologo Toni Negri individua con chiarezza il bersaglio del movimento, il presidente francese: “Macron ha distrutto i corpi intermedi e ora si ritrova senza possibilità di mediazione e senza la minima possibilità di fare un appello gaullista" (Angela Mauro, "Gilet gialli, non è destra o sinistra. È tutti contro Macron". Intervista a Toni Negri, “huffinghtonpost.it”, 7 dicembre 2018). I Gilet gialli puntano a mettere con le spalle al muro il potere per ottenere il riconoscimento di alcuni tra i diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione.
Movimento simbolico
Il movimento usa simboli popolari, comuni, un giubbotto giallo catarifrangente che tutti devono avere, così come tutti devono essere sullo stesso piano davanti agli occhi del potere. Ci vuole livellamento tra le classi, ci vogliono politiche forti e coraggiose. Secondo il politologo Lorenzo Castellani: “I gillets jaunes sono un fenomeno molto simbolico di questa era che si manifesta contro un aumento di tasse per chiedere molto più stato sociale. Ciò fornisce l’idea di quanto siano diventare insostenibili le promesse delle nostre democrazie“ (Paolo Mossetti, I gilet gialli sono davvero i forconi francesi?, “wired.it”, 4 dicembre 2018). Si parla di democrazia solo sulla carta, poiché essa non trova riscontro nel vivere quotidiano. L’enorme pressione fiscale è solo uno degli aspetti più importanti. Il giubbotto giallo, tuttavia, è anche simbolo di altro, come confermato da Anna Bonalume, giornalista dell’Espresso: “ Il popolo, con un oggetto utilizzato in caso d’incidente stradale, cerca di segnalare la propria presenza e il proprio scontento al governo ” (Anna Bonalume, Chi sono i "gilet gialli"? Viaggio al cuore della protesta francese , “espresso.repubblica.it”, 27 novembre 2018).
Occasione per unirsi
Ma i Gilet gialli, in Francia come negli altri Stati europei, rappresentano un’occasione per fare squadra, per fare gruppo, sospinti dagli stessi ideali. Tutti vogliono vedere riconosciuti i propri diritti e molti prendono coraggio grazie a queste mobilitazioni di massa. Il sociologo Patrick Cingolani sottolinea un altro aspetto: “Questo movimento pone per la prima volta, ma come contrari, la domanda sociale e quella dell’ambiente. In tal senso, il momento è se non decisivo almeno importante e non va perso per ricondurre a unità le contraddizioni. Se la parola ‘persone’ ha ancora un significato, non è solo nel suo emergere, ma soprattutto nella sua capacità di dire riuniamoci” ("Gilets jaunes", un peuple qui vient ? “liberation.fr”, 20 novembre 2018). Troppo spesso quindi si parla di numeri, di popolo, di contribuenti, ma dietro ci sono le persone, con le loro vicende, con le loro famiglie, con le difficoltà ad arrivare alla fine del mese.
Antonio Del Piano, ex membro del club Forza Silvio, ex candidato sindaco di Napoli con la lista “Ricomincio da 10”, sottolinea quali siano le richieste da parte del movimento italiano, sulla stessa lunghezza d’onda dei “colleghi” francesi: “Vogliamo riconquistare la nostra sovranità, nazionalizzare le banche, le industrie, le autostrade, vogliamo abolire l’obbligo di fare i vaccini, una legge per limitare le agenzie interinali e chiediamo di dimezzare le accise su carburanti, gas e luce” (Il leader dei gilet gialli italiani: “Vogliamo uscire dall'Ue, un referendum per mandare Salvini a casa e commissioni popolari nei palazzi del potere”, “linkiesta.it”, 7 febbraio 2019). Richieste semplici dunque, che dovrebbero trovare il loro soddisfacimento in uno Stato che si professi democratico.
Claudio Colombrita, 25 giugno 2019
Autori citati:
Odoul Julien
- membro del Consiglio regionale della Borgogna
I manifestanti portano avanti idee giuste con mezzi sbagliati. Violenza, blocchi, cariche non sono il modo giusto in un paese democratico, ma il fenomeno è comunque da studiare con maggiore attenzione.
Un affronto alla democrazia
Non è in discussione la fondatezza delle idee dei Gilet gialli e i motivi che li spingono a manifestare o a scendere in piazza e bloccare le strade, qui il problema nasce dal modus operandi, criticato aspramente dal governo e da Macron. Blocchi che causano incidenti, vetrine spaccate, muri imbrattati, danni al patrimonio storico, artistico e architettonico, non c’è limite a una violenza che ha causano anche morti e un ingente danno economico al Paese. Così il presidente francese Emmanuel Macron: “La democrazia non è qualcosa con cui giocare il sabato sera, invito i manifestanti a ritornare alla vita normale e dichiarare il loro disaccordo liberamente, ma entro i limiti previsti dalla democrazia, cioè votando” (Macron offre ai gilet gialli di fermare le proteste ed entrare in politica, “it.sputniknews.com”, 18 maggio 2019).
Dello stesso avviso il ministro degli Interni francese Christophe Castaner: “La libertà di espressione, di manifestazione, è un diritto fondamentale, ma non può autorizzare che si possa durevolmente impedire, al di fuori di ogni quadro legale, la libera circolazione, né ostacolale la vita commerciale, la vita economica” (Umberto Mazzantini, Gilet gialli, quando ha ragione Macron. Ma l’impatto sociale della carbon tax è da rivedere, “greenreport.it”, 21 novembre 2018). Ben vengano dunque le riunioni, la manifestazione libera di pensiero, il riconoscimento dei diritti, ma espressi nel modo giusto, cioè pacificamente.
Tra sostegno e contrasto alla violenza
Ma a mettere in discussione le modalità con cui il movimento manifesta le proprie idee non sono solo i politici francesi, ma gran parte dei politici europei. Addirittura Matteo Salvini, leader della Lega e vicepresidente del Consiglio, il quale appoggia i Gilet gialli italiani, ha duramente criticato la violenza delle manifestazioni francesi: “Sostegno ai cittadini perbene che protestano contro un presidente che governa contro il suo popolo ma assoluta, ferma e totale condanna di ogni episodio di violenza che non serve a nessuno” (Di Maio ai gilet gialli: non mollate. Salvini a ruota: sostegno ma no alle violenze, “ilsole24ore.com”, 7 gennaio 2019). Protestare con questi modi dunque non fa altro che indispettire ancora di più la controparte che può irrigidirsi sulle sue posizioni e che di certo non è proiettata all’ascolto. Il capo politico del M5S Luigi Di Maio rincara la dose, proponendo comunque un supporto alla parte pacifica del movimento: "Condanniamo con forza chi ha causato violenze durante le manifestazioni, ma sappiamo bene che il vostro movimento è pacifico, dunque, possiamo mettere a vostra disposizione alcune funzioni del nostro sistema operativo per la democrazia diretta, Rousseau, per esempio, 'Call to action' per organizzare gli eventi sul territorio o il sistema di voto per definire il programma elettorale e scegliere i candidati da presentare alle elezioni" (Di Maio ai gilet gialli: "Non mollate, M5S vi sostiene. A vostra disposizione la nostra piattaforma Rousseau", “huffingtonpost.it”, 7 gennaio 2019).
Un fenomeno da studiare
In ogni caso si tratta di un movimento da studiare dal punto di vista storico, che è nato in seguito a una mobilitazione montata sul web, quindi con modalità del tutto peculiari rispetto al passato. Gianni Borsa, referente dell’Agenzia S.I.R. (Servizio Informazione Religiosa) afferma: “Non è un nuovo Sessantotto, ne mancano vivacità, colori gioiosi, note musicali e volti giovanili. Ma s’intravvede, in Europa, un nuovo fiume carsico, che appare e scompare, fatto di manifestazioni di protesta, di gilet gialli, di bandiere al vento, di scontri con la polizia. Il tutto, ovviamente, accompagnato – in questa fase di dittatura del web – da gruppi e gruppuscoli che agiscono tra le quinte, a volte creando e sempre alimentando le stesse proteste tramite facebook, twitter e whatsapp” (Gianni Borsa, Europa, piazze in ebollizione: i gilet gialli di Parigi non sono più soli, “agensir.it”, 18 dicembre 2018). Assistiamo dunque a una svolta epocale che ha sicuramente le sue ripercussioni sulla nostra società. Tuttavia, al momento, si è trattato di istanze poco definite, con richieste non sempre uniformi e con una spaccatura piuttosto evidente all’interno dello stesso movimento. Bisogna dunque aspettare la naturale evoluzione della situazione per capire se è stato solo un fuoco di paglia o c’è qualcosa di concreto.
Autori citati:
Macron Emmanuel
- presidente della Repubblica francese
Castaner Christophe
- ministro dell’Interno francese
Salvini Matteo
- ministro dell’Interno, segretario della Lega
Di Maio Luigi
- (M5S) ministro del Lavoro del governo Conte