La massoneria necessita di un ammodernamento, abbandonando vecchi stereotipi e aprendosi alla società odierna

La Massoneria ieri, oggi e domani

Tutte le storie iniziano con “c’era una volta”. La volta della massoneria italiana inizia storicamente col dopoguerra, ovvero nel 1945, con buona pace di coloro che, proseguendo “un filo ideale”, insistono nel datarla al 1805, con la fondazione del Grande Oriente d’Italia. Né può passare in secondo ordine la rifondazione del Grande Oriente d’Italia nell’Ottocento, iniziata nel 1859 e terminata nel 1864. Quindi, sono tre i periodi in cui sorge e risorge la massoneria in quanto sistema organizzato. Ciò che accomuna questi sistemi in tempi differenti è lo scopo che essi perseguirono: migliorare la società del tempo. Questo e solo questo, si prefiggeva la massoneria italiana, come fanno fede gli statuti e le costituzioni di queste istituzioni. Quindi, un fine socio-politico: costruire l’identità degli italiani. Anche in questa ultima rifondazione giocò un ruolo fondamentale il confronto tra due entità, la massoneria e il rito scozzese antico e accettato, che meglio sarebbe definirlo come esoterismo cavalleresco. Nella massoneria continentale già dal Settecento si registrava la lotta di queste due entità per la supremazia interna, lotta che ha accompagnato, e accompagna tuttora, la storia massonica italiana.

Sin dal 1945, con l’avvento della politica americana di Harry Truman, politico repubblicano, che prima di essere il presidente degli Stati Uniti era stato gran maestro della Gran Loggia del Missouri, e il conseguente avvio della “Guerra Fredda” durata sino alla caduta del Muro di Berlino nel 1989, la massoneria americana, altro partito dello Stato, e in particolare il Rito Scozzese Antico e Accettato, nelle sue due articolazioni centrali di Boston e di Washington, offrì il suo generoso contributo operativo, tramite i suoi uomini, sovente impegnati in agenzie di Intelligence. Le cronache massoniche degli anni Quaranta e Cinquanta narrano di incontri e relazioni tra gli scozzesisti americani e le varie obbedienze italiane, tra le quali alla fine scelsero quella del Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani, dopo aver constatato la conflittualità permanente delle obbedienze scozzesiste, somigliante più a liti tra comari. Un nome su tutti è sufficiente a far storia: l’italo-americano di Calabria Frank Bruno Gigliotti, insignito per i suoi meriti massonici del titolo di Gran Maestro onorario a vita del Grande Oriente d’Italia. Molti dollari arricchirono il tesoro del GOI ma in cambio fu consegnata la propria libertà e indipendenza, divenendo pedina nello scacchiere politico mediterraneo. Gli americani indicarono il percorso che il Grande Oriente avrebbe dovuto fare per entrare nel circuito mondiale, la richiesta di riconoscimento inglese, ma inizialmente questo indirizzo incontrò l’opposizione dei “vecchi”, quelli sopravvissuti al fascismo, i quali, coltivando lo spirito laico-risorgimentale si sentivano invece più vicini ai fratelli francesi, estranei al contatto con gli americani. Il primo tentativo di recidere i legami fu attuato da Publio Cortini, imprenditore romano, ingegnere e industriale italiano , che fu Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia dal 1953 al 1956, amico degli americani, che non vi riuscì. Diversamente fu per il successivo Gran Maestro, il giovane Giordano Gamberini della cordata del Cortini, che riuscì nell’intento. Dalla sua elezione nel 1961, aspettando pazientemente che la natura facesse il suo corso con i vecchi, avviò la mutazione genetica, ma inconsapevolmente avviò anche un processo di degenerazione che raggiunse il culmine con lo scandalo P2 del 1981. Gamberini sdoganò l’esoterismo iniziatico, allora ancora cultura marginale, ponendolo al centro della metodologia massonica e correlandolo con la cultura di sostegno (Tradizione, gnosticismo, ecc.) chiudendo ogni rapporto con la società civile. Il GOI non aveva più come obbiettivo il miglioramento della società tramite l’impegno culturale ma il perfezionamento spirituale dell’individuo. La prima conseguenza fu la fuga degli intellettuali e l’ingresso dei mistici, ed insieme ai mistici i faccendieri. Ecco spiegata la presenza e la carriera massonica di un antimassone come Licio Gelli. Infatti chi si oppose alle mire gelliane fu un gruppo di massoni di solida cultura illuminista, come Fernando Accornero, Francesco Siniscalchi, Ermenegildo Benedetti, Lucio Lupi, ed altri. Purtroppo il degrado non si arrestò con l’affare P2 ma proseguì con l’inchiesta Cordova e la scissione di Di Bernardo del 1993. Gli americani pretesero da subito, ai fini del loro riconoscimento, che la massoneria italiana fosse unificata, ma pur essendo una missione impossibile il Grande Oriente si impegnò oltremodo anche accogliendo affrettatamente gruppi scozzesisti antitetici ai propri fini e metodi. In particolare, nel periodo 1961-1974 nel Grande Oriente affluirono espressioni del neofascismo e dei servizi segreti, culturalmente si andò alla deriva misticheggiante e tradizionalista, con autori come Julius Evola, e René Guenon, assurti a rango di evangelisti. Il brodo di cultura per la P2 di Licio Gelli era pronto, le premesse c’erano tutte e gli anticorpi inesistenti. La prima implosione della massoneria italiana si ebbe con lo scandalo P2, di cui c’è ormai abbondante letteratura, ma il testo più completo e realistico resta la raccolta degli atti della Commissione Interparlamentare sulla Loggia P2, presieduta dall’on. Tina Anselmi. Si tratta di circa 100.000 pagine, molte delle quali documenti delle logge, che spiegano cosa è stata la massoneria italiana dal dopoguerra in poi, in particolare gli anni Sessanta e Settanta di varie obbedienze italiane. Che la massoneria del Grande Oriente non abbia imparato la lezione della vicenda P2 se ne ha conferma dopo circa otto anni, con un altro scandalo, l’inchiesta Cordova e la conseguente scissione di Giuliano Di Bernardo. In entrambi i casi il problema massoneria non fu adeguatamente affrontato né dai massoni, che continuavano a scrollarsi le spalle, ripetendo la sporadicità degli eventi legati a mestatori prontamente espulsi e a pregiudizi della società fomentati dai nemici di sempre, i preti e i comunisti.

Sempre nei formidabili anni Settanta, apice della degenerazione massonica, è ormai accertato da sentenze e studi che ebbe inizio l’infiltrazione mafiosa nelle logge siciliane e calabresi nella più assoluta segretezza e ignoranza, sia delle pubbliche istituzioni sia dei vertici delle stesse massonerie. Tale processo di penetrazione vede oggi la massoneria italiana sotto accusa dalle istituzioni pubbliche, in particolare della Commissione Antimafia presieduta dalla deputata Rosy Bindi, non in quanto complice o collusa con le mafie, bensì in quanto inadeguata a resistere alla penetrazione mafiosa, e quindi permeabile ad essa, per mancanza di idonee misure di controllo e sicurezza delle logge. Ovviamente, tale accusa è stata respinta dalle massonerie interessate, che dal canto loro facevano valere l’estrema risibilità dei risultati portati dall’indagine della Commissione, ottenuti a seguito di sequestro penale dei tabulati degli iscritti di quattro massonerie nelle regioni della Calabria e della Sicilia, e dell’estraneità per le organizzazioni più numerose (Grande Oriente d’Italia e Gran Loggia d’Italia) a qualsiasi sistema criminale, pagando il prezzo del vuoto normativo riguardo le associazioni massoniche, causa della confusione tra massonerie “regolari” e “deviate”. Una situazione che oggi qualcuno ipotizza costituita in Italia da circa 280 obbedienze, qualche altro in circa 150, tenuto presente che sono sufficienti tre logge per costituire un’obbedienza, e non c’è legge dello Stato che possa proibire di farlo.

Tuttavia, al di là delle polemiche sui dati riscontrati, l’occasione ha fatto riemergere vecchi problemi ed emergerne di nuovi. I vecchi problemi sono quelli legati alla segretezza e all’obbedienza, i nuovi sono quelli derivanti dall’efficacia dei controlli per l’ingresso nelle logge per il contrasto all’infiltrazione mafiosa, che interessa non solo le due citate regioni meridionali ma tutte indistintamente, a causa della diffusione nazionale delle organizzazioni mafiose. D’altro canto, solo attualmente le pubbliche istituzioni, con riferimento sempre alla Commissione Antimafia, hanno riconosciuto la lunga assenza normativa del legislatore che in materia ha soltanto definito poco e male, con la legge Spadolini del 1982 , il concetto di loggia segreta, senza alcun altro intervento in materia, nonostante l’allarme di continue indagini giudiziarie negli ultimi vent’anni.
La relazione conclusiva della Commissione Antimafia , pubblicata il 21 dicembre 2017, dopo una capillare analisi sotto vari profili, storico-sociologico-giuridico, evidenziava l’urgente necessità di legiferare in materia, innanzitutto chiarendo la priorità dei principi di trasparenza, imparzialità e fedeltà, costituzionalmente garantiti rispetto al principio della riservatezza, di inferiore rango di tutela. Conseguentemente, superando il concetto di disvalore vigente negli anni Novanta a proposito della partecipazione dei magistrati ai sodalizi massonici, veniva stabilita l’esclusione di categorie di pubblici dipendenti non solo di magistrati, ma anche di poliziotti, diplomatici e militari, nonché l’obbligo di dichiarazione d’appartenenza da parte delle altre categorie di pubblici dipendente, a pena di sanzione. La XVIII legislatura, sorta dopo le elezioni del 4 marzo 2018, ha visto depositata una proposta di legge del senatore Elio Lannutti (M5S), fortemente restrittiva rispetto alle indicazioni della relazione Bindi, considerando le organizzazioni massoniche molto più che disvalore ma alla stregua di associazioni a delinquere, a fronte, invece, del rispetto più volte rimarcato dalla Commissione Antimafia. Il 4 ottobre il presidente della Commissione Antimafia della Regione Sicilia, a Statuto speciale, l’on. Claudio Fava, ha promosso un disegno di legge regionale in cui si poneva obbligo ai deputati dell’Assemblea Regionale Siciliana di dichiarare la propria posizione in merito all’appartenenza di associazioni massoniche. Non solo tale disegno è stato approvato dall’Assemblea in sede plenaria quasi all’unanimità, con esclusione di due soli voti, ma in tale sede l’obbligo di dichiarazione è stato esteso con un emendamento anche agli eletti in altri enti pubblici. La risposta delle massonerie è stata una laconica indignazione, e in particolare quella del Grande Oriente, un ulteriore ricorso alla giustizia europea.

Ma la disgrazia della massoneria italiana non si ferma qui. Ciò che è trapelato negli ultimi anni non è solo un discredito interno ai nostri confini, ma anche all’estero. I media hanno riportato ultimamente che agli italiani sono interdette le logge del Grande Oriente di Francia, per segnalazione della polizia francese del rischio di possibili infiltrazioni malavitose nelle sue logge, con buona pace del principio di universalità della massoneria.

Tra le numerose associazioni massoniche l’unica che ha reagito con continuità è stata quella del Grande Oriente d’Italia, la più numerosa e la più ricca, contando attualmente circa 23.000 iscritti. Le altre sono rimaste silenti, tranne qualche singulto della Gran Loggia d’Italia, con i suoi 6.000 iscritti, e la Gran Loggia Regolare d’Italia, l’unica a potersi fregiare della qualità di “legittima” per il riconoscimento inglese, ma ormai ridotta a meno di mille aderenti. La politica del GOI, portata dal suo attuale dominus è stata di fatto improntata, nonostante irenici proclami al dialogo e al rispetto delle leggi, allo scontro piuttosto che a una sana dialettica con le pubbliche istituzioni. Si ricorda la polemica con il Senato della Repubblica per la restituzione di soli 120 mq sugli oltre 3000 dell’interno di Palazzo Giustiniani, sede del Senato, per impiantare il museo della massoneria. Polemica sterile e senza alcun risultato, come era previsto e come si è confermato. Polemica sulle audizioni dallo stesso dominus tenute davanti alla Commissione Antimafia, fruibili da chiunque sui siti internet, dove si costruì l’aura di martire di medievale Inquisizione, in realtà bollato come “non collaborativo” come gli altri gran maestri convocati, e divenendo per tali comportamenti causa e presupposto del successivo sequestro penale delle liste degli appartenenti. Reazione improduttiva al sequestro, mediante denuncia penale ai membri della Commissione, subito archiviata; appello al presidente della Repubblica, ignorando o dimenticando che fu membro severo della Commissione P2, ricorso alla giustizia europea, tuttora pendente e non di pronta soluzione. Stessa reazione si è ripetuta a seguito della legge siciliana sulla trasparenza. Ora, a giudicare dalle iniziative pubbliche che si stanno avvicendando, pare che stia rivolgendo, in maniera improvvisata, la strategia conciliativa verso la Chiesa cattolica, durante il periodo compreso tra la commemorazione del rogo di Giordano Bruno e quella del XX Settembre. Le iniziative culturali del GOI abbondano dappertutto in quantità negli ultimi anni, ma ne soffrono in qualità. Basta parteciparvi per rendersene conto. Altamente proficua, invece, la propaganda.

Questo, dunque, il quadro della situazione attuale. Quali sono le possibili prospettive? Gli scenari sono vari, dipendenti da molteplici variabili. Per il breve termine, una crisi di governo col ritorno alle urne e la sconfitta del Movimento Cinque Stelle, e con la vittoria netta delle destre scongiurerebbe in tempi brevi il rischio della legge Lannutti . Altra ipotesi vorrebbe un freno a tale volontà normativa da parte dell’alleato di governo, la Lega di Salvini, in quanto è notorio che le massonerie italiane sono di orientamento moderato-conservatore, ed appare difficile non considerare già in atto una discreta attività lobbistica, peraltro assolutamente legittima. L’ultima ipotesi considera raggiunto l’esito per il quale l’attuale establishment sta lavorando contro la massoneria, ovvero l’approvazione e l’entrata in vigore della legge Lannutti, con il conseguente dimezzamento della popolazione massonica italiana, in particolare le due obbedienze più numerose (GOI e GLDI). Ma questi possibili scenari hanno un senso solo considerando un atteggiamento passivo delle obbedienze.

Se invece una grande obbedienza o più obbedienze decidessero di porre mano alle riforme interne, quelle attese da vari decenni, ci sarebbero buone probabilità che in breve tempo la massoneria italiana potrebbe riprendere il suo cammino e il suo ruolo nella società italiana, senza trascinarsi più le zavorre e i timori del passato. Le riforme dovrebbero interessare la forma giuridica dell’obbedienza, non essendo più sufficiente quella associativa, la questione del segreto e del giuramento, la totale trasparenza di atti e procedure di ammissione e di giustizia interna, di amministrazione e di economia, il ruolo dei Corpi rituali. Esigenze non da poco e non poche, pur mantenendo integro il nucleo consegnato dalla tradizione storica della Libera Muratoria. Queste riforme valgono ovviamente solo per l’aspetto organizzativo. Sarà ineludibile innovare anche l’aspetto politico sotto il profilo di un rinnovato rapporto con la realtà esterna, sia quella nazionale che europea. A livello nazionale occorre riallacciare i fili di un rapporto dialettico con le istituzioni perché non è pensabile continuare una posizione di scontro permanente, che porterebbe tutta la massoneria italiana a essere criminalizzata e quindi isolata e distrutta. Per far questo deve essere percepita la necessità di fare squadra tra le obbedienze italiane perché non può e non deve essere una sola obbedienza a muoversi politicamente sul terreno dialettico. L’esperienza delle massonerie degli altri Paesi ci insegnano che si federano tra loro per conseguire obbiettivi comuni. E da nessuna parte come in Italia si dovrebbe avvertire l’esigenza di un’azione comune per fronteggiare le sfide che la società odierna lancia alle associazioni massoniche.

Per i rapporti con le istituzioni estere, non da oggi le massonerie francofone, quelle cosiddette “liberali” o adogmatiche, attente all’evoluzione sociale, hanno consolidato un ruolo consultivo in ambito UE con la Commissione COMALACE (Contribution des Obédiences Maçonniques Adogmatiques et Libérales A la Construction Européenne), che raccoglie rappresentanti di associazioni filosofiche non confessionali come le obbedienze massoniche ed altre organizzazioni umanistiche, da cui sono esclusi i massoni italiani. D’altro canto le massonerie cosiddette “regolari” comprese nel circuito anglofono, non possono, per vincolo politico con la Gran Loggia Unita d’Inghilterra, aderire a strutture associative europee. Si rinuncia così a una risorsa che poteva portare lentamente a un riconoscimento normativo internazionale delle associazioni massoniche, restituendo quella dignità istituzionale che in Italia viene loro negata. Quanti massoni italiani sono oggi a conoscenza dell’art. 17 del Trattato di Lisbona dell’UE, secondo cui l’unione “mantiene un dialogo aperto, trasparente e regolare con le chiese e le organizzazione filosofiche non confessionali”, aprendo così il varco a praterie sterminate per l’impegno culturale e politico delle massonerie? Quanti sanno che il CLIPSAS (Centre de Liaison et d'Information des Puissances maçonniques Signataires de l'Appel de Strasbourg), associazione massonica internazionale che riunisce più di 70 obbedienze massoniche nel mondo, ha fatto il suo ingresso nel Consiglio economico e sociale (ECOSOC) dell'ONU portando seco le istanze massoniche?

Quindi, o si cambia o si muore, o ci si attrezza culturalmente con una vera selezione degli adepti puntando sulla qualità o si continua a sprofondare nelle sabbie mobili del tirare a campare sino alla distruzione totale, o ci si impegna a studiare la realtà esterna con l’intento di interagire osmoticamente accogliendo nuovi stimoli culturali e offrendo elaborazioni e progettualità infarciti di principi massonici di libertà, uguaglianza, laicità, tolleranza, legalità o ci si narcotizza con la tradizione unica-perenne-primordiale di Guénon ed il superuomo evoliano. Che piaccia o meno, la massoneria italiana sarà costretta a fare una scelta, in quanto così come è articolata oggi è inutile. Le due maggiori obbedienze drenano considerevoli risorse economiche, a cominciare dal Grande Oriente d’Italia col suo bilancio annuale di circa 5.000.000 di euro, spesi in amministrazione di gestione, comunicazione, meeting annuale, rimborsi spese, consulenze esterne e case massoniche. Nessun investimento in assistenza alle fragilità presenti, come strutture di accoglienza per massoni anziani; nessun investimento in impegni di filantropia scientifica come ospedali specializzati, laboratori di ricerca, università di eccellenza. Nelle massonerie degli altri Paesi, a cominciare da quelli anglosassoni, tali opzioni sono realtà, in Italia sono un sogno, ma anche misura di quanto la massoneria italiana sia chiusa in sé stessa e incapace di relazionarsi con la realtà sociale, di cui solo a proclami sostiene di impegnarsi per migliorarla. Eppure di questo e di più appare nei programmi elettorali massonici, per fugarli subito dopo l’elezione. I rinnovi elettorali saranno, quindi, momento di verifica se effettivamente è percepita e gestita l’esigenza del cambiamento o la persistenza del letargo letale. Comunque, ben difficilmente potranno superare la crisi del modello “obbedienziale” dei grandi numeri di iscritti. Per crisi si intende non la penuria di iscritti bensì il suo contrario, per un’associazione che ha formato nella storia universale l’élite della società, ovvero, la quantità delle risorse umane ha sopraffatto la qualità, venendo meno formazione e selezione. Ovviamente, da questa mia personale visione resta escluso ogni ruolo e dignità all’esoterismo iniziatico, sorto alla fine dell’Ottocento sulla scia del movimento teosofico di Madame Blavatsky, sistema non di pensiero ma di credenze para-religiose, arricchitosi strada facendo delle contaminazioni gnostiche, martiniste, e di tradizioni cosiddette “sapienziali” varie innestate nelle logge massoniche, restando invece saldamente ancorata al lascito inglese secondo cui la massoneria è scuola di morale, ed a quello francese, secondo cui è scuola di pensiero. Quindi, non solo crisi del modello organizzativo ma anche di quello teoretico della cosiddetta “via iniziatica”, fondata sullo sviluppo personale, sviluppatasi con singolare coincidenza con il movimento New Age, che lambì anche l’Italia negli anni Settanta dell’ultimo secolo.

Attualmente, nel panorama massonico italiano, così abbondante nella quantità, ma quasi omogeneo nelle impostazioni, a forte orientamento scozzesista, si possono comunque registrare segni di vitalità. Dopo l’esperienza fallimentare di un tentativo effettuato ai primi degli anni Novanta con il Real Ordine dei Liberi Muratori, piccola obbedienza guidata da Alberto Cesare Ambesi e Michele Moramarco, eminentissimi studiosi di Storia ed esoterismo massonico, di lunga esperienza ma chiusi in un contesto misticheggiante avulso dalla realtà esterna, è degno di menzione un interessante esperimento, sorto da un paio d’anni, di un altro insigne massone di lungo corso ed esperienza, Luigi Pruneti, che ha elaborato una formula associativa apparentemente nuova, ma che affonda le sue radici nella tradizione massonica italiana e francese, consistente in un ritorno alle origini, incentrando tutto sull’autonomia della Loggia nella sua libertà di autodeterminazione anche nella scelta ritualistica e nella giurisdizione interna, sull’indipendenza dell’Ordine dai riti, sulla estrema economicità delle obbligazioni associative, sull’esaltazione del principio di uguaglianza sia mediante l’assoluta elettività delle cariche che delle responsabilità disciplinari, sulla centralità della gestione nazionale affidata a un organo collegiale, adottando per la prima volta in Italia il modello organizzativo del Grande Oriente di Francia ma sgravato dalle articolazioni verticistiche periferiche. Si tratta di un tentativo in fieri, per cui solo il futuro potrà decretare il suo successo o il suo fallimento, anche se, a giudicare del favore sinora riscosso può contare su 1100 adesioni in tutta Italia, ponendosi al terzo posto delle obbedienze italiane più numerose, a seguito del calo di iscritti della Gran Loggia Regolare d’Italia, e con tendenza ad aumento. Ma, se si resiste alla tentazione di appesantire la struttura con i grandi numeri, limitandola invece al massimo entro i 4000 iscritti, si potrebbe continuare a tenere buon governo della Comunione, basato sul volontariato puro, poiché, al di sopra di tale dimensione si dovrebbe necessariamente mutare modello organizzativo facendo però saltare quelle premesse.

In definitiva, quando la massoneria italiana deciderà di smettere gli indebiti e logori abiti da monastero di clausura e deciderà di aprire le finestre per fare entrare l’aria, i profumi e i colori del mondo circostante, sarà finalmente il giorno della sua rinascita.