Intelligenza artificiale: test di Turing

L’Intelligenza artificiale studia se e in che modo si possono riprodurre i processi mentali con un computer. Il Test di Turing, che si basa su una riformulazione del gioco dell’imitazione, è fondamentale: se una macchina è in grado di ingannare gli interroganti circa la propria identità in un arco di tempo ragionevole, essa mostrerebbe un comportamento indistinguibile da quello di un essere umano.

TESI FAVOREVOLI

TESI CONTRARIE

01 - Pensare è una funzione propria solo di chi possiede un’anima immortale creata da Dio.

Secondo Alan Turing, l’obiezione teologica all’Intelligena artificiale può essere confutata rimanendo nell’ambito della teologia. Nello specifico, sostenere che il pensiero è una funzione che spetta solo all’uomo, perché solo l’uomo ha un’anima immortale, implica una limitazione dell’onnipotenza di Dio

La tesi secondo cui pensare è una funzione propria solo di chi possiede un’anima immortale creata da Dio (chiamata nella letteratura sul test di Turing “obiezione teologica”), si fonda su una concezione dualista, secondo la quale il pensare è una funzione correlata a una sostanza non materiale, separata e indipendente dal corpo materiale e dalle sue funzioni, ed appartenente solo all’uomo.

02 - Risultati matematici come i teoremi di incompletezza dimostrano che le macchine non potranno mai sostituire un uomo nel gioco dell’imitazione.

Invocare il teorema di incompletezza di Gödel per creare delle argomentazioni contro l’idea che una macchina possa avere un’attività di pensiero paragonabile a quella umana e ingannare un interrogante nel gioco dell’imitazione, è certamente qualcosa di persuasivo, ma a ben guardare sembra essere piuttosto “un abuso” del teorema.

Secondo alcuni studiosi è possibile formulare un’obiezione al test di Turing muovendo da uno dei risultati fondamentali della logica matematica, ossia il teorema di incompletezza dimostrato da Gödel. Questo argomento nella letteratura sul test di Turing si definisce “obiezione matematica”.

03 - Solo sapendo che una macchina “sente di pensare” si può asserire che essa pensa.

Si potrebbe asserire che se una macchina non è in grado di “sentirsi pensare” non sta realmente pensando. Ora però, se si porta alle estreme conseguenze una simile idea, è chiaro che si giunge all’impossibilità di determinare che qualsiasi essere stia pensando, posto che non è possibile accedere direttamente (in prima persona) agli stati di coscienza degli altri.

Anche se una macchina dovesse passare il test di Turing, questa non avrebbe dimostrato davvero di pensare. Secondo Jefferson è necessario che una macchina “sappia” di star pensando per dimostrare di essere una “macchina pensante”. Ciò che manca alla macchina per essere come l’uomo – almeno per quanto concerne l’attività del pensiero – è, quindi, l’autocoscienza

04 - Le macchine non potranno mai avere la capacità creativa.

Una macchina non è ontologicamente incompatibile con la creatività, intesa come capacità di “rompere” schemi nascondendo le regole che si stanno applicando. Ad esempio, una macchina che gioca a scacchi fa mosse in base a calcoli e non a sensazioni; tuttavia, se essa sa “nascondere” le regole che l’hanno spinta a eseguire una mossa piuttosto che un’altra, si potrebbe dire che è stata creativa.

Una macchina non ha capacità creativa nel senso che essa può eseguire solo i compiti per la quale è stata programmata. La creatività è qualcosa che riguarda solo l’uomo: non è meccanizzabile per definizione, essendo essa appunto qualcosa di non soggetto alla meccanicità che caratterizza alcune azioni degli uomini, molte degli altri animali e tutte le azioni delle macchine.

05 - Una macchina simula l’intelligenza, ma non è davvero intelligente.

Il filosofo della mente Ned Block propone un’obiezione alla validità del test di Turing, mostrando come sia un test “troppo facile” e agevolmente superabile da una macchina attraverso l’uso della bruta forza combinatoria e non attraverso processi intelligenti propriamente detti.

06 - Caratteristica essenziale del pensiero è attribuire significati e non semplicemente manipolare simboli. Le macchine manipolano solo simboli.

L’idea di John Searle, esposta attraverso il famoso esperimento della stanza cinese, secondo cui la capacità di elaborare attraverso manipolazioni sintattiche – così come fa un computer – non è condizione sufficiente per l’emergere di un apparato semantico analogo a quello della mente umana, è stata criticata dai filosofi Paul e Patricia Churchland.

Per John R. Searle, la capacità di manipolare simboli eseguendo algoritmi non è condizione sufficiente per riscontrare la capacità di attribuire significati, che è la caratteristica essenziale del pensiero. Pertanto, una macchina, che è un dispositivo che esegue solo algoritmi, non è in grado di pensare.

07 - Le macchine non hanno capacità sub-cognitive come quelle degli umani.

Secondo il matematico Robert French, il test di Turing è troppo difficile per essere superato da un computer, perché rileva una forma di intelligenza specifica di tipo umano che si fonda su capacità di sub-cognitive. Un interrogante nel gioco dell’imitazione ha sempre un’arma per determinare se si trova di fronte a una macchina oppure a un essere umano: saggiare le sue capacità sub-cognitive