La globalizzazione è un'irreversibile tendenza dello sviluppo economico

Was ist Globalisierung?

Ulrick Beck, sociologo e scrittore tedesco, è stato, oltre che direttore del dipartimento di sociologia presso la Ludwig-Maximilians-Universität München di Monaco di Baviera e docente presso la London School of economics, membro del Gruppo Spinelli per il rilancio dell'integrazione europea. Nel 1997, per le edizioni della Suhrkamp, ha pubblicato un libro che è stato poi molto influente nei dibattiti sulla globalizzazione: “Was ist Globalisierung?” (tr. It., Che cos'è la globalizzazione. Rischi e prospettive della società planetaria, Carocci, 1999). Nell'introduzione di questo testo, Beck espone le ragioni per cui il processo di globalizzazione è un processo irreversibile. Scrive Beck:

“Una delle caratteristiche essenziali che distinguono la seconda forma di modernità dalla prima è il fatto che la nuova globalità non può essere invertita. Ciò significa che le diverse e autonome logiche della globalizzazione – le logiche dell'ecologia, della cultura, dell'economia, della politica e della società civile - coesistono e non possono essere ridotti o chiusi uno nell'altro. Piuttosto, ognuno deve essere decodificato in modo indipendente e colto nelle sue interdipendenze. L'ipotesi guida è che solo in questo modo può essere aperta la prospettiva e lo spazio per l'azione politica. Perché? Perché solo allora l'incantesimo depoliticizzante del globalismo potrà essere spezzato; solo con uno sguardo multidimensionale della globalità potrà essere spezzata l'ideologia globalista della 'compulsione materiale'. Ma cosa rende irreversibile la globalità? Otto motivi possono essere forniti sotto i seguenti punti:

1 L'espansione geografica e la sempre maggiore densità di commercio internazionale, così come il collegamento in rete globale dei mercati finanziari e il crescente potere delle multinazionali.
2 La rivoluzione continua delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
3 Le esigenze universalistiche dei diritti umani. 
4 Il flusso di immagini provenienti dalle industrie culturali globali. 
5 L'emergere di una postnazionale e policentrica politica mondiale, in cui gli attori transnazionali (aziende, organizzazioni non governative, delle Nazioni Unite) stanno crescendo in potenza e in numero accanto ai governi. 
6 La questione della povertà nel mondo. 
7 La questione della distruzione ambientale globale. 
8 I conflitti transculturali in uno stesso luogo”.

 

Bill Clinton: “dobbiamo abbracciare la logica inesorabile della globalizzazione”

Bill Clinton, quarantaduesimo presidente degli Stati Uniti d'America, in carica dal 1993 al 2001, come riportato negli archivi del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America, ha affermato, in un discorso pronunciato a San Francisco il 26 febbraio 1999, che “oggi dobbiamo abbracciare la logica inesorabile della globalizzazione - che tutto, dalla forza della nostra economia alla sicurezza delle nostre città, alla salute della nostra gente, dipende da eventi non solo all'interno dei nostri confini, ma dall'altra parte del mondo. Dobbiamo vedere chiaramente le opportunità e i pericoli del mondo interdipendente in cui siamo destinati a vivere” (TdR). Due anni prima, il 15 ottobre 2007 a San Paulo, in Brasile, sempre l'ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton ha affermato, in un discorso, che “La globalizzazione è irreversibile. Il protezionismo non potrà che peggiorare le cose. Ma mentre noi non possiamo girare all'indietro i venti del cambiamento, possiamo e dobbiamo fare di più per sfruttare la loro forza a vantaggio di tutti e fare in modo che i benefici e gli oneri dell'espansione del commercio siano abbastanza distribuiti” (TdR) (William J. Clinton: Remarks to Business Leaders in Sao Paulo, Brazil, October 15, 1997. Online by Gerhard Peters and John T. Woolley, The American Presidency Project).

 

“La globalizzazione è inevitabile”

Altri autorevoli e influenti uomini politici e d'affari hanno sostenuto la tesi secondo cui la globalizzazione è un processo irreversibile. Le seguenti citazioni sono tratte dal testo di Manfred B. Steger, professore di Global Studies e direttore del Centro di ricerca “Globalism” presso RMIT University in Australia, Globalization: A Very Short Introduction (Oxford University Press, p. 100).
Frederick W. (detto "Fred") Smith, fondatore, presidente e amministratore delegato della FedEx, originariamente conosciuto come Federal Express, la prima e più grande azienda di consegna espressa del mondo, ha affermato: “la globalizzazione è inevitabile ed inesorabile e sta accelerando... La globalizzazione sta accadendo, sta per accadere. Non importa che vi piaccia o no, sta accadendo, sta per accadere”.
Nel suo libro The Lexus and the Olive Tree. Understanding Globalization (Anchor Books, 1999, p. 407), l'editorialista di politica estera del New York Time, Thomas L. Freidman, scrive: “La globalizzazione è molto difficile da invertire, perché è guidata sia dalle aspirazioni umane, enormemente potenti, per standard di vita più elevati, sia dalle tecnologie, enormemente potenti, che ci stanno integrando sempre di più giorno dopo giorno, che ci piaccia o no”.
Rauhl Bajaj, presidente del conglomerato indiano Bajaj Group e membro del parlamento indiano, sostiene: “abbiamo bisogno di molta più liberalizzazione e deregolamentazione per l'economia indiana. Un indiano, sensibile agli affari, non può che essere d'accordo con ciò... La globalizzazione è inevitabile. Non c'è alternativa migliore”.
Manuel Villar, ex senatore filippino e presidente in carica del Partito nazionalista, ha affermato: “Naturalmente, non possiamo che augurarci semplicemente il processo di globalizzazione. Si tratta di una realtà del mondo moderno. Il processo è irreversibile”. (TdR)

Nel 1993, Patrick L. Baker, professore associato di Sociologia e Antropologia alla Mount Allison University, pubblica, sulla rivista “Sociological Inquiry” (Volume 63, Issue 2, pp.123–149), un saggio dal titolo Chaos, Order and Sociological Theory, nel quale riesamina, in un contesto storico, il problema dell'ordine e del cambiamento nella teoria sociologica alla luce dei risultati della Teoria del Caos. Il valore di questa nuova prospettiva è che l'ordine e il disordine, l'ordine e il cambiamento, non sono più presentati come opposti inconciliabili, ma come dimensioni dello stesso processo. L'ordine genera il caos, e il caos genera l'ordine. Queste idee sono collegate in una prospettiva olistica in cui "la relazione tra il centro e la periferia" è vista come un attrattore che rappresenta l'ordine e il cambiamento nella vita sociale umana, e in cui l'entropia è interpretata come partner per l'informazione/energia nella spinta creativa della vita sociale umana. In questo articolo, Patrick Baker scrive, tra l'altro, che: “Oggi, le particolari industrie multinazionali accentrano una grande quantità di attività umana, localizzando aspetti specifici della loro impresa in diversi continenti. In ciascuno di questi casi, lo scambio di beni e servizi lega e lubrifica un rapporto dinamico tra il centro e la periferia. Così come progredisce l'accentramento, così si incrementa il processo di periferizzazione [...] Poiché l'accentramento e la periferizzazione comportano la trasformazione di energia e dati e, pertanto, la creazione di entropia, il processo è irreversibile” (TdR, p. 140).

 

La globalizzazione economica è un trend storico irreversibile

Nel 2000, Gao Shangquan, professore di Economia all'Università di Pechino, presidente del China Research Society of Enterprise Reform and Developmen ed ex vice-ministro di Stato per la Commissione per la ristrutturazione del sistema economico in Cina, nel saggio Economic Globalization: Trends, Risks and Risk Prevention, pubblicato per la rivista “Economic and Social Affairs”, ha sostenuto la tesi secondo cui il processo di globalizzazione economica è un trend storico irreversibile.

Scrive Gao Shangquan:

“La globalizzazione economica si riferisce alla crescente interdipendenza delle economie mondiali come un risultato della crescente scala di scambi transfrontalieri di merci e servizi, del flusso di capitale internazionale e della rapida e vasta diffusione delle tecnologie. 
La globalizzazione economica riflette l'espansione continua e la reciproca integrazione delle frontiere del mercato, ed è un'irreversibile tendenza dello sviluppo economico in tutto il mondo a cavallo del millennio. La rapida e crescente rilevanza dell'informazione in tutte le tipologie delle attività produttive e di vendita è la maggiore forza trainante per l'economia globale.
In altre parole, la rapida globalizzazione delle economie mondiali negli ultimi anni è in gran parte basata sul rapido sviluppo della scienza e delle tecnologie, è stata causata dall'ambiente nel quale il sistema di economia di mercato si è rapidamente diffuso in tutto il mondo, e si è sviluppata sulla base dell'incremento transfrontaliero della divisione del lavoro che ha raggiunto il livello delle catene di produzione all'interno delle imprese dei diversi paesi” (TdR).

L'inevitabilità storia della globalizzazione come ideologia neoliberista

Manfred B. Steger, professore di Global Studies e direttore del Centro di Ricerca “Globalism” all'RMIT University, nel saggio Globalism and the selling of globalization ( Planetary Politics: Human Rights, Terror, and Global Society, a cura di Stephen Eric Bronner, Rowman & Littlefield, 2005, pp. 25-27), manifesta una posizione critica nei confronti dell'idea dell'inevitabilità storica della globalizzazione:

“A prima vista, l'idea dell'inevitabilità storica della globalizzazione sembra essere un'ideologia basata su principi neoliberisti. Dopo tutto, per tutto il Novecento, liberali e conservatori hanno ripetutamente criticato i marxisti per le loro affermazioni deterministiche che svalutano il libero agire umano e sminuiscono la capacità dei fattori non economici di plasmare la realtà sociale. Eppure i globalisti si basano su una narrativa monocausale simile, su una narrativa economicista dell'inevitabilità storica. Secondo l'interpretazione globalista, la globalizzazione riflette il diffondersi delle irreversibili forze di mercato guidate da innovazioni tecnologiche che rendono inevitabile l'integrazione delle economie nazionali. Le molteplici voci del globalismo trasmettono al pubblico, con magistrale consistenza, il messaggio dell'inevitabilità. […] La rappresentazione della globalizzazione come una sorta di forza naturale, come i fenomeni metereologici o la gravità, rende più facile per i globalisti convincere le persone che devono adattarsi alla disciplina del mercato, se vogliono sopravvivere e prosperare. Pertanto, l'affermazione della sua inevitabilità depoliticizza il dibattito pubblico sulla globalizzazione. Le politiche neoliberiste sono al di là della politica, perché semplicemente eseguono quello che viene ordinato dalla natura. Ciò implica che, invece di agire secondo un insieme di scelte, le persone, semplicemente, soddisfano le leggi del mercato mondiale che richiedono l'eliminazione dei controlli governativi. Non c'è niente che si possa fare riguardo il movimento naturale delle forze economiche e tecnologiche; i gruppi politici dovrebbero accettare e sfruttare al meglio una situazione immutabile. La resistenza sarebbe innaturale, irrazionale, e pericolosa” (TdR).

 

L'ideologia dell'inevitabilità della globalizzazione per convincere i lavoratori a “fare sacrifici”

“L'idea di inevitabilità rende anche più facile convincere il pubblico a 'condividere il peso della globalizzazionÈ, sostenendo in tal modo una scusa spesso utilizzata dai politici neoliberali: 'Èil mercato che ci ha fatto tagliare i programmi sociali'. Come il presidente tedesco Roman Herzog ha affermato in un appello televisivo nazionale, 'l'irresistibile pressione delle forze globali' richiede che 'tutti dovranno fare sacrifici'. A dire il vero, il Presidente Herzog non precisa quali tipi di sacrifici si attendono i grandi azionisti e i dirigenti delle imprese. Gli esempi più recenti suggeriscono che è molto più probabile che i sacrifici dovranno essere sostenuti in modo sproporzionato da quegli operai e lavoratori che perdono il lavoro o i benefici sociali a seguito di politiche commerciali neoliberali o di pratiche di 'ridimensionamento aziendale', rivolte alla massimizzazione del profitto”.

 

La globalizzazione sta per americanizzazione irreversibile del mondo

“Infine, l'affermazione che la globalizzazione è inevitabile e irresistibile si inscrive all'interno di un discorso più ampio evolutivo che assegna una posizione privilegiata ad alcuni paesi in prima linea nel 'liberare' i mercati dal controllo politico. Il politologo Francis Fukuyama, per esempio, insiste sul fatto che la globalizzazione è un eufemismo che sta per l'americanizzazione irreversibile del mondo: 'Penso che ci debba essere l'americanizzazione perché, per alcuni aspetti, l'America è oggi la società capitalistica più avanzata nel mondo, e così le sue istituzioni rappresentano lo sviluppo logico delle forze del mercato. Di conseguenza, se le forze del mercato sono ciò che guida la globalizzazione, è inevitabile che l'americanizzazione accompagnerà la globalizzazione'.

E così sembra che le forze globaliste hanno resuscitato il paradigma ottocentesco propagandato dall'avanguardismo anglo-americano da personaggi come Herbert Spencer e William Grahm Sumner. I principali ingredienti del classico liberalismo di mercato sono tutti presenti nel globalismo. Noi troviamo che le inesorabili leggi di natura favoriscono la civilizzazione occidentale, il modello economico di autoregolamentazione della perfetta concorrenza, le virtù della libera impresa, i vizi dell'intervento statale, i principi del laissez-faire, e l'irreversibile processo evolutivo che conduce verso la sopravvivenza del più forte” (TdR).