Amazon si colloca in una posizione di conflitto di interessi e sfrutta la sua dimensione online per pagare meno tasse

Un potere che deriva dalla sperimentazione

L’azienda sfrutta il vantaggio competitivo conquistato e costruito con tanta dovizia. Amazon ha diversificato e sperimentato laddove tutti rimanevano fermi, è entrata in un mercato in continua espansione come quello di Internet, ha saputo abilmente muovere le sue pedine. Lina Khan, del gruppo Open Markets presso il gruppo di studi di centrosinistra New America, conferma: “Per quanto riguarda il commercio, penso che oggi Amazon sia l’infrastruttura più importante dell’economia statunitense. E questo le dà un enorme potere” (Robinson Meyer, When Does Amazon Become a Monopoly?, “theatlantic.com”, 16 giungo 2017, TdR).
Alessio Caprodossi, giornalista, rivela quale sia il punto di forza dell’azienda: “Quando si muove, Amazon lo fa in maniera netta e con un piano di ampio respiro alle spalle. Un punto di forza di Amazon è la volontà – ma anche capacità e possibilità – di sperimentare, che è la via più efficace per creare innovazione” (Alessio Caprodossi, Amazon si è presa tutto, se non te ne sei accorto, “gqitalia.it”, 4 luglio 2017).

La colpa è della burocrazia

Esistono alcuni Paesi dove la burocrazia ingabbia qualsiasi cosa, dove è anche complicato pensare di aprire un’attività. Un esempio è l’Italia, dove la tassazione è eccessiva e dove non è facile capire a quale ente o amministrazione chiedere l’autorizzazione necessaria per operare. Non è dunque di Amazon la colpa della scarsa tassazione ai colossi dell’e-commerce. Amazon sarebbe ben disposta a pagare qualora vi fossero normative chiare e facilmente applicabili alle piattaforme digitali.
Marcello Clarich, avvocato e professore ordinario di Diritto Amministrativo presso l'Università Luiss, afferma: “Contrattualizzare condizioni di insediamento con un impatto così rilevante richiederebbe l’assenso preventivo di numerose amministrazioni ciascuna titolare di prerogative autonome. I tempi medi delle conferenze di servizi sembrano poco compatibili con quelli delle imprese multinazionali” (Marcello Clarich, Amazon e il marketing territoriale al contrario, “ilsole24ore.com”, 17 settembre 2017).

Amazon sfrutta lecitamente la sua influenza

Amazon gioca anche sulla difensiva, con estrema prontezza, anticipando le mosse avversarie, difendendo il suo microcosmo che è fatto di dirigenti ma anche di dipendenti che non devono perdere i propri posti di lavoro. Sfrutta dunque tutte le sue conoscenze e la sua posizione dominante per raggiungere i suoi obiettivi. Michele Paris, giornalista, conferma: “Per Amazon e gli altri, qualsiasi iniziativa a qualsiasi livello che intacchi i loro profitti, anche in maniera minima, viene tuttavia considerata come una minaccia inaccettabile da annientare sul nascere e, per raggiungere questo obiettivo, vengono impiegati tutti i mezzi disponibili e l’enorme influenza che le corporation hanno sulla classe politica” (Michele Paris, Seattle: la dittatura di Amazon, “altrenotizie.org”, 13 giugno 2018).

Da semplice venditore ad “assopigliatutto”

L’attività di Amazon è iniziata in sordina, con un’andatura lenta. Una semplice vetrina virtuale dove vendere libri che ben presto si è trasformata in una macchina mangia-soldi e mangia-mercati. Lina Khan, del gruppo Open Markets presso il gruppo di studi di centrosinistra New America, afferma: “Amazon si è presentata ai consumatori come un venditore di libri. Ma poi è cresciuta, diventando un venditore per prodotti di ogni genere. E oggi è molto più di un venditore. Dal momento che distribuisce sempre più contenuti e produce sempre più beni, è in una condizione di conflitto d’interessi” (Robinson Meyer, When Does Amazon Become a Monopoly?, “theatlantic.com”, 16 giugno 2017, TdR).

Rischio conflitto di interessi

Amazon raccoglie informazioni importanti sui prodotti che si vendono meglio, per introdurre prodotti concorrenti che costano meno e che abbiano successo sul proprio sito, un comportamento che delinea un palese conflitto di interessi e un vantaggio competitivo. A confermarlo anche l’Institute for local self-reliance, un’associazione indipendente, che critica questo atteggiamento, giudicandolo, in un recente comunicato, contrario alla concorrenza: “Controllando un’infrastruttura così importante, Amazon da una parte è concorrente di altre aziende, dall’altra stabilisce i termini secondo cui i suoi rivali possono accedere al mercato. Ad aver pagato il prezzo più alto ci sono le attività locali e i fabbricanti indipendenti” (Stacy Mitchell, Olivia LaVecchia, Report: How Amazon’s Tightening Grip on the Economy Is Stifling Competition, Eroding Jobs, and Threatening Communities, “ilsr.org”, 29 novembre 2016, TdR).

Poche tasse e immensi ricavi

Amazon si colloca al vertice del mercato e al vertice del profitto, un’ascesa continua che non sembra potersi arrestare. Eppure, essendo una piattaforma digitale globale, non è soggetta a una tassazione proporzionale al suo volume e alla sua grandezza. A confermare tale tendenza e a lanciare l’allarme è Stefano Sacchi, presidente Inapp: “Le piattaforme globali occupano poco personale e pagano nel nostro paese poche tasse rispetto ai ricavi. Quindi c’è un problema molto rilevante di distribuzione dei guadagni delle piattaforme digitali, che da un lato non si trasformano in occupazione e dall’altro non alimentano la capacità redistributiva dello Stato attraverso le imposte” (Google, Facebook, Amazon: maxi-ricavi, ma poca occupazione in Italia. L’allarme di Inapp, “corrierecomunicazioni.it”, 14 giugno 2018). A guadagnarci è dunque solo Amazon, che paga poche tasse e assume poco, dunque non redistribuisce i suoi alti guadagni.
Contro Amazon, sin da prima della sua entrata alla Casa Bianca, si è schierato Donald Trump, presidente degli Stati Uniti d’America: “Ho dichiarato le mie preoccupazioni riguardo Amazon molto prima delle Elezioni. A differenza di altri, la compagnia paga poche tasse o non le paga per niente allo Stato e i governi locali. Nonostante ciò, usa il nostro sistema Postale, usufruendo del fattorino delle consegne (causando gravi perdite alle entrate dello Stato) e sta portando centinaia di negozi fisici alla chiusura!” (Donald Trump, “twitter.com”, 29 marzo 2018).

Claudio Alessandro Colombrita, 14 luglio 2018