La flat tax riduce l’evasione fiscale

La curva di Laffer

La curva di Laffer è una rappresentazione grafica che mette in relazione l’aliquota fiscale t, sull’asse delle ascisse, e le entrate tributarie T, sull’asse delle ordinate (Curva di Laffer, “Treccani, Dizionario di Economia e Finanza”, 2012). Venne così “definita dal giornalista J.T. Wanniski, in onore degli studi condotti dall’economista Laffer” (Ibidem).
Nel 1974, durante un incontro con Donald Rumsfeld e Dick Cheney, collaboratori del presidente repubblicano Gerald Ford, l’economista abbozzò su un tovagliolo una linea curva a forma di campana rovesciata, per indicare la correlazione tra i due valori: esiste un valore soglia dell’aliquota fiscale t che massimizza le entrate T. Un’aliquota superiore a questo valore ridurrebbe progressivamente il gettito fiscale al punto che, se il prelievo arrivasse al 100%, il gettito verrebbe azzerato. I fattori che conducono a questo esito sono tre: l’elusione – ovvero l’aggirare la normativa fiscale per pagare meno tasse, nel rispetto delle leggi vigenti – l’evasione – ovvero il mancato pagamento delle tasse violando la legge – e la sottrazione – ossia la sottrazione della base imponibile poiché un reddito non viene più prodotto o viene prodotto altrove. Il valore ottimale dell’aliquota è da stabilire a seconda del periodo storico di riferimento, e costituisce un’importante base teorica per la flat tax.
Laffer, in un’intervista a “La Repubblica” citata dalla Fondazione Luigi Einaudi, affermò che nel momento della formulazione della sua teoria pensò ad un’aliquota del 30% per gli Stati Uniti, “ora che è aumentata la competizione globale è scesa al 20” (Arthur Laffer: “Aliquote più basse? La ricchezza andrà a tutti”, “Fondazione Luigi Einaudi”, 3 dicembre 2017).
Nel 1981 Laffer divenne capo economista di Ronald Reagan, che varò una radicale semplificazione fiscale pur non adottando la flat tax. Alla principale obiezione che fu rivolta a Laffer nell’intervista riguardo i mancati introiti nelle casse dello Stato, l’economista rispose così: “Se c’è stato qualche disastro, è stato dovuto alla mancanza di controlli successivi sulle spese— erano gli anni del build up militare di Guerra Fredda e successive guerre — e all’infinità di deduzioni e privilegi che hanno portato i ricchi, gente come Bill Gates o Warren Buffett, a pagare aliquote ridicole a una cifra” (ibidem).

L’evasione fiscale in Italia

La forte complicazione del sistema fiscale costituisce un incentivo all’evasione, un fenomeno dai contorni vastissimi, molto difficile da arginare. Il giornalista Sergio Rizzo sostiene che “lottare contro i furbetti” sia “come svuotare il mare con il colabrodo” (Sergio Rizzo, Evasione, i record dell'Italia: in fuga dal Fisco 111 miliardi all'anno, “La Repubblica”, 4 ottobre 2017).
“In Italia si riscuote appena l'1,13 per cento del carico fiscale affidato all'esattore, contro una media Ocse del 17,1 per cento. Anno dopo anno, infatti, il maltolto aumenta: 107,6 miliardi nel 2012, 109,7 nel 2013, 111,7 nel 2014. E sia pure in diminuzione i dati provvisori del 2015, contenuti nella nota di aggiornamento al Def, non fanno presagire un cambio sostanziale di rotta” (Ibidem). “Se a quelli delle imposte dei lavoratori autonomi e dell'Iva si aggiungono i buchi sui redditi d'impresa, dell'Irap e dei contributi previdenziali, arriviamo appunto ai 111,7 miliardi cui sopra. Una cifra enorme. Che in più si riferisce per oltre due terzi alle tasse non pagate dai fantasmi: cioè da coloro che per il fisco nemmeno esistono. In media, 75 miliardi e mezzo l'anno. Somma pari al 15 per cento di tutte le entrate tributarie” (Ibidem). 

L’evasione fiscale è quindi in parte attribuibile alla combinazione tra la scarsa etica pubblica e l’inefficacia dei controlli, in parte all’eccessivo carico fiscale soprattutto per le imprese: “La stessa Corte dei conti certifica un dato mostruoso che era stato già calcolato da Confartigianato: su un'impresa di medie dimensioni grava un carico fiscale complessivo del 64,8 per cento, superiore di quasi 25 punti alla media europea (40,6). Né le cose vanno meglio per il cuneo fiscale, che con il 49 per cento oltrepassa di dieci punti il valore medio continentale (39). E se la pressione del fisco, che statisticamente si è aggirata negli anni più recenti intorno al 43 per cento (decimale più, decimale meno), risulta inferiore a quella di Danimarca, Francia, Belgio, Finlandia e Austria, non si può non considerare che a sostenerla è una platea di contribuenti in proporzione nettamente più ridotta. Per non parlare della qualità dei servizi offerti con quel costo ai cittadini italiani” (Ibidem).
Oltretutto, per gli adempimenti fiscali in Italia, sono necessarie mediamente 269 ore all’anno, contro una media europea di 173. Di fronte a questi dati, solo una drastica semplificazione e riduzione del carico fiscale può incentivare il pagamento delle tasse, combinate ad un rafforzamento dei controlli. Sia Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, che Matteo Salvini, leader della Lega, fanno chiaramente riferimento ad un aumento delle pene per gli evasori fiscali, sul modello americano, qualora fosse approvata la flat tax e quindi si procedesse ad un generale abbassamento della pressione fiscale (Berlusconi (condannato per frode fiscale): “Dopo la flat tax galera per chi evade. Aumenteremo pene come in Usa”, “Il Fatto Quotidiano”, 22 gennaio 2018). I due leader del centrodestra divergono sul valore dell’aliquota unica: Berlusconi partirebbe da una flat tax al 23%, con la speranza di abbassarla successivamente, mentre Salvini la propone al 15%. Il promotore della flat tax per la Lega Nord, Armando Siri, spiega nella brochure Flat tax. Paghiamo meno, paghiamo tutti: ecco come perché è stato deciso il 15%: “perché permette da una parte di liberare risorse a vantaggio di tutte le fasce di reddito e dall’altra di mantenere i conti dello Stato in ordine”. A proposito dell’evasione fiscale, nella brochure di Armando Siri si evidenzia come “in tutti i paesi in cui è stata introdotta la flat tax si è subito sperimentato come all’abbassamento della pressione fiscale corrisponda un aumento della base imponibile. In Italia l’eccessiva pressione fiscale ha ‘costretto’ molti a praticare un’evasione ‘di necessità’, soprattutto a seguito della crisi economica […]. Perciò molte persone si vedono costrette a scegliere se pagare le tasse o sfamare i propri cari, oppure non dichiarano un reddito extra per la paura che scatti lo scaglione successivo che annullerebbe l’eventuale maggior guadagno” (Armando Siri, Flat tax. Paghiamo meno, paghiamo tutti: ecco come, “tassaunica.it”).

Gloria Gattoni, 7 maggio 2018

La curva di Laffer non ha evidenza empirica

Secondo il think-tank di studenti di Economia Tortuga, “Nonostante la sua semplicità, la curva di Laffer non ha mai avuto solidi riscontri empirici. Una pubblicazione del Fondo monetario internazionale del 2006 ha analizzato numerose applicazioni di flat tax nel mondo e sembra che in nessuno di questi casi si sia verificato un effetto ‘curva di Laffer’, ossia un aumento di gettito dovuto al taglio fiscale. Molti economisti si sono interrogati su dove si trovi il punto di massimo della curva. Uno studio del 2011, condotto da Trabandt e Uhlig, ha stimato che per gli USA e per le prime 14 economie europee l’aliquota di picco sia tra il 50% e il 70%, mentre un research paper della Banca Centrale Europea, pubblicato nel 2010, indica, per gli stessi Paesi, livelli di picco tra il 48% e il 64%. Leggendo questi numeri, dunque, sembra che i sistemi fiscali dei Paesi in questione, compresa l’Italia, si trovino ancora nella ‘zona buona’ della curva, in cui il taglio delle tasse non provoca un aumento del gettito” (Tortuga, La ‘flat tax’ voluta da Berlusconi e Salvini è suggestiva ma non risolve il problema delle diseguaglianze, “Business Insider Italia”, 27 agosto 2017).

Non c’è correlazione tra progressività e evasione fiscale

E’ indubbia la complessità del sistema fiscale italiano, “Occorre però capire che in paesi come il nostro la complessità della tassazione sui redditi non deriva tanto dall’esistenza di diverse aliquote, ma dalla complessità della base imponibile delle imposte sul reddito. Quest’ultima riflette una pletora di agevolazioni varie (spese fiscali o tax expenditures) che si sono accumulate nel tempo senza seguire un disegno complessivo e che creano distorsioni e disuguaglianze di trattamento tra diversi soggetti di imposta. Il sistema della tassazione sui redditi potrebbe quindi anche essere semplificato mantenendo aliquote diverse per diversi scaglioni di reddito” (Flat tax, teoria e pratica, “Osservatorio Conti Pubblici Italiani”, Università Cattolica). L’Osservatorio dell’Università Cattolica cita il FMI, secondo il quale “non esiste una forte evidenza empirica che mostri che la progressività è dannosa alla crescita” e “la maggioranza delle specificazioni [negli studi empirici] non riporta effetti della progressività sulla crescita”, eccetto i sistemi fiscali estremamente progressivi come nel caso delle “aliquote di quasi il 100 per cento in Svezia o nel Regno Unito negli anni ’70”.

Questa tesi è stata avallata anche da un articolo di “La Presse” di Stefano Fantino e Ilaria Liberatore, che illustra i paesi europei con maggiore evasione fiscale. I paesi in cui vige la flat tax hanno mediamente un’evasione molto più alta degli altri: Estonia 31,2%, Lettonia 29,2%, Lituania 32%, Romania 32,6%, Russia 52%, Georgia addirittura 72,5%. Inoltre, dai dati di “La Presse” non emerge alcuna “correlazione tra la pressione fiscale e la tendenza a evadere. Ad esempio, nella virtuosissima Austria, a fronte di una tassazione al 40 % l’evasione è al 9,1%; e in Danimarca, dove la pressione fiscale supera il 48%, l’evasione è al 17,7%. Al contrario in Romania se ne va in tasse il 27% del Pil e l’evasione è al 32,6%; in Bulgaria la pressione fiscale è al 28,9% e l’evasione arriva a superare quota 35%” (Stefano Fantino, Ilaria Liberatore, Flat tax ed evasione fiscale: funziona davvero? Viaggio nei Paesi che l'hanno già, “La Presse”, 22 gennaio 2018).

Uscendo dai confini europei, anche l’Iran sta per abbandonare la flat tax, perché ha condotto ad un aumento, anziché ad una diminuzione, dell’evasione fiscale (Flat tax? L’Iran la abbandona: troppa evasione fiscale, “greenreport.it”, 5 febbraio 2018).

Il recupero dell’evasione fiscale

Anche qualora l’Italia smentisse i dati empirici provenienti dai paesi in cui è in vigore la flat tax, l’eventuale recupero dell’evasione fiscale non colmerebbe il mancato gettito. Secondo l’analisi degli economisti Massimo Baldini e Leonzio Rizzo de “Lavoce.info”, “la proposta della Lega Nord produrrebbe un gettito di 94 miliardi all’anno (escludendo le addizionali regionali e comunali), con un calo di 58 miliardi rispetto a quello Irpef attuale”. “La relazione annuale sull’evasione del ministero dell’Economia e Finanze stima una perdita di gettito Irpef da evasione di circa 35 miliardi. Nell’ipotesi più rosea in cui si potessero recuperare tutti, mancherebbero ancora 23 miliardi. Anche ammettendo un eventuale effetto sulla crescita economica, con conseguente aumento di gettito, è molto improbabile che si arrivi a recuperarli. Questo equivale a un aumento della base imponibile Irpef del 25 per cento. A parità di base imponibile, per ottenere lo stesso gettito di oggi, l’aliquota unica dovrebbe salire al 35 per cento”. Anche nel caso della flat tax proposta da Forza Italia ci sarebbe una perdita di gettito: “Silvio Berlusconi parla spesso di imposta negativa alla Friedman, che oltre all’aliquota unica prevede un significativo trasferimento ai redditi bassi. Se poi consideriamo che la sua proposta di sussidio contro la povertà sembra costare attorno ai 30 miliardi all’anno, allora in totale il costo delle proposte di Forza Italia su Irpef e trasferimenti alle famiglie è di circa 90 miliardi all’anno. Rispetto allo schema della Lega, in quello di Forza Italia la maggiore aliquota compensa la più alta deduzione. L’aliquota unica che manterrebbe costante il gettito sarebbe del 37 per cento. Invece, con aliquota e deduzione proposte da Forza Italia, servirebbe un incremento della base imponibile del 35 per cento per ottenere il gettito di oggi” (Massimo Baldini, Leonzio Rizzo, Con la flat tax conti pubblici a rischio?, “Lavoce.info”, 19 gennaio 2018). Persino considerando un recupero totale dell’evasione, una parte notevole del gettito Irpef non sarebbe finanziata.

I calcoli del prof. Roberto Perotti dell’Università Bocconi sono ancora più pessimistici: la flat tax della Lega Nord costerebbe secondo le sue stime 80 miliardi, mentre quella di Forza Italia 83 miliardi, senza contare altre promesse elettorali di Silvio Berlusconi, quali l’abolizione del bollo, “le tasse di successione, i contributi per i neoassunti, e l'Irap, che da sola vale 40 miliardi” (Roberto Perotti, Flat tax, una sfida senza risorse, “La Repubblica”, 30 gennaio 2018).
“Secondo Lega e Forza Italia con la flat tax riemergerebbe almeno 160 miliardi di sommerso, che tassati al 15 percento porterebbe 25 miliardi. Ma è credibile? Ci si dimentica che chi evade risparmia anche sui contributi. Un autonomo con coniuge e due figli che guadagna 30 mila euro oggi paga un'aliquota media del 43 per cento, il 32 per cento con la flat tax. Se si evade al 43 per cento si evade anche al 32 per cento. Ma anche se si recuperassero 25 miliardi di evasione, mancherebbero pur sempre 55 miliardi alla Lega e 105 a Forza Italia. Niente di preoccupante: arriverebbero dalla maggiore crescita indotta da questo provvedimento miracoloso. Una scommessa grottesca e pericolosissima, senza alcun fondamento empirico” (Ibidem).