Indipendenza della Catalogna

Lo svuotamento dello Statuto di Autonomia e la radicalizzazione dell’indipendentismo

Francesc Marc Alvaro, editorialista del quotidiano “La Vanguardia” e professore dell’Università “Ramon Llull” di Barcellona, in un articolo tradotto da Pablo Lombò Mulliert per “La Stampa”, spiega le ragioni storiche dell’indipendentismo catalano, collegando la crescita del movimento alla sentenza del Tribunale Costituzionale di Madrid, che nel 2010 ha di fatto svuotato lo Statuto di Autonomia della Catalogna: “Per capire ciò che sta succedendo oggi in Catalogna bisogna ricordare che nel 2010 il Tribunale Costituzionale (Tc) della Spagna ha deciso di svuotare lo Statuto di autonomia approvato nel 2006 dal Parlamento catalano. Quello Statuto doveva aggiornare il testo approvato nel 1979, durante la transizione democratica, così come rinforzare le competenze, il riconoscimento e i finanziamenti del governo regionale – scrive il professore universitario - Il Partito popolare (Pp) si è opposto dal primo momento alla miglioria dell’autonomia catalana e ha usato la vicenda per logorare il governo socialista di Zapatero. I conservatori hanno fatto una campagna molto aggressiva in tutta la Spagna, chiedendo firme contro il nuovo Statuto e fomentando i luoghi comuni più negativi sui catalani. La fobia verso i catalani si è scatenata nei mezzi di comunicazione vicini alla destra. I socialisti hanno alla fine avallato il discorso centralista e intransigente del Pp. Nella società catalana è cresciuto un sentimento di disagio”.
Per Francesc Marc Alvaro è proprio la posizione presa dal governo spagnolo in merito allo Statuto di Autonomia ad aver avvicinato all’indipendentismo radicale anche i catalani moderati che, sentitisi traditi da Madrid, “hanno quindi abbracciato l’idea dell’indipendenza per garantire i diritti e gli interessi della Catalogna”. “Da sette anni è cresciuto uno scollegamento mentale da parte di tanti catalani nei confronti dello Stato spagnolo – conclude Alvaro - Questo scollegamento, che è alla base della grande mobilitazione indipendentista, non è un sentimento contro i singoli spagnoli, ma una profonda sfiducia verso il potere di Madrid e una necessità di collegare la Catalogna direttamente con l’Europa e il mondo globale” (Francesc Marc Alvaro, Juan Luis Cebrián, trad. di Pablo Lombò Mulliert, Referendum in Catalogna, le ragioni di favorevoli e contrari all’indipendenza, “La Stampa”, I ottobre 2017).
Anche Carmen Forcadell, presidente dal 2015 del Parlamento della Catalogna e incarcerata per sedizione dopo la dichiarazione di indipendenza dell’ottobre 2017, collega la crescita dell’indipendentismo catalano alla sentenza negativa del Tribunale Costituzionale sullo Statuto di Autonomia. La redazione del sito “dirittodivoto.org” propone un’intervista della politica catalana quando era ancora alla guida dell’ANC (Assemblea Nacional de Catalunya), tradotta da Francesc Borromeo. Per Carmen Forcadell l’aumento delle adesioni alla causa indipendentista è dovuto alla “sentenza negativa del Tribunale Costituzionale sullo Statuto della Catalunya”. “Quella sentenza – spiega Forcadell - è stata molto umiliante per il popolo catalano.
Ha messo in luce che non è possibile una convivenza con la Spagna per la maggioranza delle persone che fino a quel momento pensavano fosse possibile, perché se vogliamo continuare a essere catalani necessitiamo di uno Stato che ci comprenda e difenda i nostri interessi. Tutto il popolo catalano è andato a votare per approvare quello statuto e lo Stato spagnolo ha portato la questione ai tribunali. 
Questo dimostra che quello che pensa il popolo catalano non importa allo Stato spagnolo […] abbiamo bisogno di uno Stato cui importi della volontà popolare, uno Stato nostro” (La secessione catalana nelle parole di Carmen Forcadell, “dirittodivoto.org”, 23 marzo 2014).

Junqueras: “sono indipendentista ed europeista”

Tra i politici catalani da sempre schierati per l’indipendentismo c’è Oriol Junqueras, presidente del partito di sinistra Esquerra Republicana de Catalunya e vice di Puigdemont prima del commissariamento della Catalogna. Junqueras è tra i politici arrestati nel novembre 2017 con l’accusa di sedizione, per la proclamazione della Repubblica catalana. Dopo la difficile giornata referendaria del I ottobre, ha commentato in un’intervista rilasciata al “Corriere della Sera” il comportamento repressivo del governo di Madrid, spiegando poi le proprie posizioni, secessioniste e europeiste: “La democrazia non deve subire minacce. Votare è quello che voglio, è lo strumento migliore per decidere. Una repressione di questo tipo è incredibile in una democrazia europea – ha precisato Junqueras nell’intervista - Il governo spagnolo ha fatto il possibile perché i cittadini non mettessero la scheda nell’urna. E invece siamo convinti che sia stato il nostro obbligo permetterlo. È una questione di dignità civica”. Ha poi elencato una serie di soprusi che i catalani sono costretti a subire dal governo centrale: “Ci proibiscono di adottare per la Catalogna una legge di effettiva eguaglianza tra uomini e donne. Ci proibiscono di aiutare chi non ha il riscaldamento durante l’inverno. Non rispettano i nostri deputati e i cittadini. Perché? Sono sicuro che tanti deputati spagnoli e tanti democratici di tutto il mondo ci capiscono”.
Junqueras ha chiarito infine che l’indipendentismo non è legato alla ricchezza della Catalogna rispetto alle altre regioni, ma è “è una questione di diritti umani, di difesa della democrazia. Ognuno deve poter scegliere. Noi vogliamo un’Europa più forte […] Sono secessionista, ma quando l’indipendenza ci sarà, resterò repubblicano, europeista” (Andrea Nicastro, Referendum Catalogna, Oriol Junqueras: “Sì al dialogo, ma ora andiamo avanti”, “Corriere della Sera”, I ottobre 2017).

Alessandro De Sanctis, 8 febbraio 2018

“El País” si oppone all’indipendentismo catalano

Il quotidiano spagnolo “El País” ha condotto negli anni una vera e propria campagna denigratoria contro i movimenti indipendentisti della Catalogna. “Il Post” ha tradotto e commentato un articolo pubblicato dal quotidiano di Madrid il 24 settembre 2017, pochi giorni prima del referendum, nel quale vengono elencati dieci falsi miti legati all’indipendentismo catalano. La prima menzogna, di carattere storico, riguarderebbe l’interpretazione da parte degli indipendentisti della guerra di successione spagnola del 1714. Per “El País” fu una guerra tra la casata degli Asburgo, che era appoggiata dal principato di Catalogna, e quella dei Borbone, sostenuta dal regno di Castiglia, e non una guerra tra nazioni, come sostengono i secessionisti catalani.
Anche le critiche degli indipendentisti nei confronti della Costituzione del 1978, adottata dalla Spagna dopo la fine del regime di Francisco Franco, sarebbero infondate. Il testo, secondo gli autori dell’articolo, lungi dall’essere di carattere autoritario e centralista, è improntato al rispetto delle comunità. È una Costituzione che si inserisce nel contesto di uno Stato fortemente decentralizzato qual è la Spagna. Inoltre, quando fu sottoscritta, fu votata dal 91,09% dei catalani.
Per “El Pais”, gli indipendentisti catalani hanno una visione distorta della realtà e considerano a torto la Spagna uno Stato autoritario. Il quinto “falso mito” riportato nell’articolo è la convinzione che la Spagna rubi soldi alla Catalogna. Questa idea si sarebbe diffusa nel 2012, quando il governo dell’indipendentista Artur Mas presentò dati errati secondo i quali la Catalogna contribuiva con 16,4 miliardi di euro al bilancio spagnolo (pari all’8,4% del PIL della regione).
Anche la convinzione che una Catalogna indipendente sarebbe più ricca è sbagliata, sostengono gli autori, perché è un’interpretazione che sottovaluta i costi legati all’indipendenza. Viene criticato, poi, il diritto all’autodeterminazione rivendicato dai catalani: per “El Pais”, la Costituzione spagnola, così come il Diritto Internazionale, non prevedono il diritto alla secessione. Vengono messe in dubbio, infine, la certezza degli indipendentisti di poter restare all’interno dell’Unione Europea in caso di secessione dalla Spagna, la legalità del referendum del I ottobre 2017 e la veridicità dello slogan “Referendum è democrazia” (10 falsi miti sull’indipendentismo catalano, “Il Post”, 28 settembre 2017).
Anche il presidente di “El País”, Juan Luis Cebrián, ha scritto un eloquente articolo, tradotto e pubblicato in Italia da “La Stampa” con il titolo Una ridicola carnevalata che minaccia l’Europa e crea altre fratture in Spagna. Cebrián paragona il referendum per l’indipendenza della Catalogna al referendum indetto dal regime franchista nel 1966 per ratificare la Legge Organica dello Stato: “Le immagini di quell’epoca mi tornano irrimediabilmente alla memoria, considerate tutte le differenze, che forse non saranno tante in molti aspetti, rispetto al voto convocato oggi in maniera apertamente illegale da parte del governo autonomo catalano – spiega il presidente del quotidiano - La sfida indipendentista non attenta più di tanto all’unità spagnola, che non verrà rotta, ma alla stabilità del processo politico ed economico e anche alla sopravvivenza stessa dello Stato. La carnevalata indipendentista, come quella franchista del ’66, non produrrà gli effetti desiderati da coloro che l’hanno ideata e promossa. Non ci sarà l’indipendenza in Catalogna come conseguenza della consultazione. Ma i danni creati, abbastanza visibili, saranno profondi: divisione e confronti tra i catalani; diffidenza mutua tra Catalogna e resto d’Europa; crescita dell’ispanofobia nella Comunità autonoma e logoramento della democrazia spagnola. Saremo di fronte, come se non bastasse, al rigermogliare del nazionalismo spagnolo, fomentato dalla destra al potere; alla frammentazione della sinistra, già accusata dopo il disordine interno che hanno prodotto gli attuali leader del Psoe; e a un rinvigorimento delle pulsioni conservatrici e del centralismo, considerevolmente dannosi per il futuro di tutto il Paese. Cattive notizie per gli spagnoli. Anche per gli europei in generale” (Francesc Marc Alvaro e Juan Luis Cebrián, traduzione di Pablo Lombò Mulliert, Referendum in Catalogna, le ragioni di favorevoli e contrari all’indipendenza, “La Stampa”, I ottobre 2017).

Il partito unionista Ciudadanos

Nella stessa Catalogna c’è un fronte contrario all’indipendentismo, di cui il partito Ciudadanos è il maggiore rappresentante. Alle elezioni del 21 dicembre 2017, grazie alla campagna elettorale del giovane leader Albert Rivera, è risultato il primo partito di Catalogna, riuscendo a conquistare da solo 36 seggi. Rivera ha parlato delle posizioni del partito in un’intervista rilasciata ad Andrea Nicastro, inviato a Barcellona per il “Corriere della Sera”: “Davvero duro è stato sopportare un separatismo illegale, che pretendeva di strappare la Catalogna dalla Spagna, privando di libertà e diritti chi non la pensava come loro – ha dichiarato il leader di Ciudadanos - Non siamo stati duri noi, ma molle il Pp che per 35 anni ha costruito il proprio potere a Madrid scendendo a patti con i nazionalisti e concedendo loro quel che volevano. […] La differenza tra noi e i nazionalisti è che noi vogliamo un modello nel quale tutti abbiano il loro posto. I nazionalisti ne hanno costruito uno che esclude”. Il politico unionista si è infine detto contrario alla concessione dell’indulto a Puigdemont e ai suoi collaboratori: “No. Un cittadino che passa col rosso non viene perdonato, perché un politico che sbaglia sì?” (Andrea Nicastro, Catalogna, Albert Rivera: “Per fermare i secessionisti la Spagna torni in Catalogna”, “Corriere della Sera”, 22 dicembre 2017).