Rispetto alle prime edizioni, il pubblico dei reality è sempre più coinvolto ed è chiamato direttamente in causa per decidere le sorti dei concorrenti.
Il pubblico è protagonista
A differenza delle fiction, dove gli autori delineano in partenza le caratteristiche dei personaggi, lo sviluppo della storia dal suo incipit al suo finale, nei reality, avviene attraverso l’intervento del pubblico. Possono così svilupparsi storie completamente differenti, sempre poi in continua evoluzione e imprevedibili. Così Paolo Mosca, autrice del libro Reality, dal Grande Fratello all'isola dei Famosi: “Qui hai delle cose che succedono che non sono state scritte con degli ingredienti scelti in precedenza, ovvero il cast, e poi racconti scremando, come un bravo scultore che ha un grosso blocco di marmo e lo deve modellare. Una tv fatta dalla gente, dal pubblico. Si dà la possibilità alla persona comune di diventare un personaggio pubblico, una democratizzazione della televisione totale che ha i suoi pro e i suoi contro” (Paolo Mosca, Reality, dal Grande Fratello all’isola dei Famosi, Edizioni Bompiani, 2009).
I nuovi media hanno portato un’interattività sempre maggiore, con il pubblico che può intervenire in qualsiasi momento per contribuire allo svolgimento del reality. Si condividono emozioni, pensieri, impressioni. Grazie ai social network, si parla un linguaggio comune, si fruisce di una velocità impressionante se paragonata alle prime edizioni di questi programmi. Non più il semplice televoto con la telefonata da casa, ma anche sms, tweet, trasmissioni dedicate ecc…, la contemporaneità rinvia dunque alla interattività e ai nuovi media. Lo spettacolo è continuo e ciascuno può contribuire alla sua evoluzione.
Una vicinanza senza precedenti
Ci si sente vicini ai protagonisti dei reality, ci si sente coinvolti in prima persona, quasi portatori di una missione: salvare il nostro personaggio preferito, far vincere il buono piuttosto che il cattivo. Peter Collett, ricercatore di psicologia a Oxford, ha spiegato che “per gli spettatori, l’attrazione principale del programma è che offre una vicinanza senza precedenti alla vita di altre persone. Inoltre, ciò che affascina le persone in casa [...] è che ci possono sorprendere. Sono un caleidoscopio costantemente mutevole di immagini e questo ci trasforma in detective part-time. Siamo affascinati da altre persone e dalle loro motivazioni” (La scienza del Grande Fratello (e degli altri reality show) “focus.it”, 24 ottobre 2017).
Claudio Alessandro Colombrita, 2 febbraio 2018
Autori citati:
Mosca Paolo
- scrittore
Collett Peter
- ricercatore di psicologia a Oxford
Il fruitore giudica tutto e tutti, è portato a criticare il protagonista di turno, non rispetta, dunque, il ruolo di spettatore, ma si intromette attivamente nello spettacolo, ergendosi a giudice.
Lo spettatore è anche consumatore
Si assiste a uno svuotamento di contenuti, con i concorrenti che sono a tutti gli effetti una merce che lo spettatore-consumatore può apprezzare e comprare attraverso il proprio voto. L’essere umano viene così paragonato ad una cosa, deve essere il più appetibile possibile, falsando anche il proprio carattere, diventando quello che è più bello per gli altri e non esprimendo la propria personalità con genuinità. Così si esprime il blogger Matteo Volpe: “Il partecipante veniva posto davanti alla telecamera, in tutti i suoi momenti. La sfida cui veniva invitato a prendere parte era di es-porsi (porsi fuori di sé) mostrarsi come merce vendibile e desiderabile. Lo spettatore-consumatore veniva chiamato come giudice per misurare l’appetibilità del concorrente-merce. Lo spettatore viene corteggiato dai media (come dal mercato) per essere invogliato a prendere parte allo spettacolo. È tutto vero!” (L’Italia nell’era dei talent show, 6 maggio 2015, “lintellettualedissidente.it”).
Uno svuotamento dell’essere
L’autocritica e la crescita personale cedono il passo allo sguardo dal buco della serratura e alla malalingua continua. C’è troppo materiale da analizzare, studiare e criticare per guardarsi dentro, ci sono troppi difetti messi su pubblica piazza, anche se magari sono gli stessi di chi si erge a giudice e paladino. Molto più facile puntare il dito sugli altri che su se stessi, un atteggiamento che porta a uno svuotamento della società, priva di contenuti morali, ma anche a una penalizzazione della tv in generale, che non riesce più a offrire programmi di qualità.
La celebre cantante Mina, non riesce proprio ad apprezzare i reality: “La tv della cosiddetta realtà provoca uno svuotamento dell'essere, perché sostituisce il guardarsi dentro e l'analisi di sé con l'esaltazione della visibilità e della notorietà, spacciati come apice della verità. Ma la realtà, se c'è ancora, ci dimostra che non è così. Il genere reality show ha l'invidiabile primato di essere, al tempo stesso, funerale e requiem della tv. Non solo si tratta di programmi che hanno un'intelligenza, uno spessore artistico e culturale da prefisso telefonico. No, il punto che li rende del tutto osceni (in senso letterale, cioè al di fuori della "scena" televisiva) è la loro tracotante volgarità. Sarebbe facile ma inutile, a questo punto, inveire contro la decadenza dei costumi e lo strapotere dell'audience, in nome della quale si perpetrano autentici crimini televisivi. Ogni popolo ha la televisione che si merita. Inutile lamentarsi” (Mina, “Vanity Fair”, n. 34, 3 giugno 2004).