Il reality mostra anche le negatività presenti nella vita di tutti i giorni. La noia, i tradimenti e le liti non sono frutto di finzione, ma specchio fedele di una società distorta e in pieno decadimento.
Reale nella sua crudezza
Il reality si limita a portare all’attenzione del pubblico una verità nuda e cruda, a volte anche dolorosa. La vita è noiosa, difficile, ricca di contraddizioni, la società in cui viviamo presenta diversi lati oscuri, perché mai un format televisivo dovrebbe discostarsi da tale quadro? Si riproducono le condizioni reali in un contesto forzato ed esasperato, per valutare le reazioni dei concorrenti e le dinamiche che si innescano. Le emozioni possono essere negative o positive, possono ingenerare messaggi di diverso tipo, conflitti o legami. Armando Fumagalli, direttore del Master in Scrittura per la Fiction presso l’Università Cattolica di Milano, conferma: “Sono proprio i personaggi, con le loro emozioni, l’ingrediente segreto della ‘ricetta’ reality; per questo sono selezionati con cura” (La scienza del Grande Fratello (e degli altri reality show) “focus.it”, 24 ottobre 2017).
La vita è piena di cattivi esempi
Non si può chiedere al reality di svolgere una funzione educativa per le nuove generazioni. Tale compito, infatti, spetta alle istituzioni, alla scuola e alle famiglie. Spetta alle famiglie spiegare ciò che è giusto o non è giusto, ciò che è vero e ciò che è forzato o montato ad arte. Tali programmi si collocano in maniera armonica nella nostra società, fornendo spunti per riflettere, approfondimenti su tematiche sociali particolarmente rilevanti, vetrine per questioni spinose e poco discusse. Addirittura il reality show può ergersi a forma di insegnamento perché dimostra che con la perseveranza, il duro lavoro e il sostegno dei propri cari si può raggiungere qualsivoglia obiettivo. Alessia Marcuzzi, conduttrice del “Grande Fratello” da diverse edizioni, conferma questo aspetto: “Personalmente ritengo che l’educazione spetti alla famiglia non alla televisione; i genitori devono decidere cosa far vedere ai bambini. Perché anche il lupo cattivo di Cappuccetto Rosso può essere diseducativo” ("Il reality non è trash ma svela i sentimenti", “corriere.it”, 20 dicembre 2005).
Il reality ha le stessa dinamiche di un videogioco
Particolarmente interessante il punto di vista di Steven Johnson, autore del best seller Tutto quello che fa male ti fa bene: “I reality show forniscono l’estrema testimonianza del dominio culturale dei videogiochi in questo momento storico. Così come nei videogiochi, in un reality le dinamiche di gioco non sono mai del tutto prevedibili. C’è una parte di trama, ovviamente – ma le regole dell’interazione tra i partecipanti rispondono all’imprevedibile alea della chimica delle personalità. Molti reality si svolgono nelle più artificiali delle ambientazioni e spesso con svolte narrative decise dall’alto, artificiali anch’esse. Ma nonostante questo possiedono sprazzi di autenticità emotiva, cui si deve buona parte del loro successo” (Antonio Sofi, I reality show e l’autenticità da frazione di secondo, “webgol.it”, 12 ottobre 2006). Non tutto dunque è da salvare, bisogna concentrarsi su quanto vi è di buono, proprio come nella società in cui viviamo, in cui è possibile riscontare, scavando, esempi positivi da cui prendere spunto per condurre una vita gratificante.
Autori citati:
Fumagalli Armando
- direttore del Master in Scrittura per la Fiction presso l’Università Cattolica di Milano
I reality show non differiscono da una fiction, perché presentano personaggi selezionati ad arte per creare una storia, per incastrarsi in un ingranaggio sempre più oliato e sempre meno vero.
Da reality a fiction
La funzione originaria del reality è ormai scomparsa da tempo ed è stata sostituita da una montatura ad arte per creare lo spettacolo e il connubio perfetto. Ecco allora che l’immedesimazione del pubblico avviene non più nei confronti della persona genuina e sincera, bensì nei confronti di chi è più bravo nel recitare la propria parte. Non vi è più esperimento sociale perché non vi è più espressione libera di emozioni e sentimenti, tutto ha un prezzo, anche il format che, al giorno d’oggi, deve produrre tutto e subito per non essere oscurato dopo poche puntate.
Armando Fumagalli, direttore del Master in Scrittura per la Fiction presso l’Università Cattolica di Milano, evidenzia: “Ogni episodio è montato seguendo la logica delle soap opera, da cui provengono molti autori. Si costruiscono cioè linee narrative precise e punti di sospensione, e si dà rilievo ad alcuni personaggi attraverso i primi piani. Sono proprio i personaggi, con le loro emozioni, l’ingrediente segreto della ‘ricetta’ reality; per questo sono selezionati con cura” (La scienza del Grande Fratello (e degli altri reality show) “focus.it”, 24 ottobre 2017).
Esempi pericolosi per le nuove generazioni
Amplificando e caricaturizzando un personaggio si rischia di creare un mostro, un esempio pericoloso per le nuove generazioni. La banalizzazione dei sentimenti non aiuta di certo la società ad essere un posto migliore, la volontà di raggiungere un obiettivo a tutti costi (la vittoria finale) è un messaggio devastante perché cancella uno dei principi più importanti di ogni genere di gioco: l’importanza del partecipare.
Davide Bennato, professore di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi e Sociologia dei Media Digitali a presso l’Università di Catania, afferma: “La televisione appiattisce lo spessore delle persone. Anche personalità complesse, in tv diventano bidimensionali. Quindi per quanto siano (e dubito) reali per i concorrenti dei reality le emozioni, per il telespettatore divengono atteggiamenti stereotipati. Un po’ come guardare un videogioco in cui abbiamo sparato a un nemico. Proviamo un’emozione, ma non la consideriamo reale. Il reality è un gioco, e come tale ha una sua strategia” (L’insostenibile leggerezza dei reality, “tecnoetica.it”, 25 ottobre 2006).
Anche gli addetti ai lavori criticano il fenomeno reality. L’attore Giorgio Pasotti non ha risparmiato una bordata rivolta a questi programmi, privi di contenuto morale e sociale: “Purtroppo ci sono milioni di spettatori che li seguono, davvero non capisco quale sia l’appeal. Credo che le rivoluzioni debbano partire dal basso. Spero che un giorno lo spettatore comprenda la necessità di cambiare canale. Basterebbe una sola edizione di un reality a bassi ascolti, per farlo eliminare dal palinsesto” (Le Opinioni sui reality. Esperti e non, “nonsolorealitys.wordpress.com”, consultato il 19 dicembre 2017).
ll professor Gianfranco Bettetini, critico letterario, regista, massmediologo, scrittore, uno dei più importanti semiologi italiani, afferma: “Un programma di questo tipo apre le sue porte all'ingresso della finzione e della menzogna, alla scelta di storie esasperate, inverosimili, ha un'idea di verità ridotta al ruolo di ‘autenticità’ (presunta) dei comportamenti, di reattività. La ‘reality tv’ è la verità della stessa Tv, non quella del reale: è l'idea che la tv si fa della realtà” (Reality show, vittoria finale della tv spazzatura, “ilsole24ore.com”, 28 dicembre 2004).
Claudio Alessandro Colombrita, 30 gennaio 2018
Autori citati:
Bennato Davide
- professore di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi e Sociologia dei Media Digitali presso l’Università di Catania
Fumagalli Armando
- direttore del Master in Scrittura per la Fiction presso l’Università Cattolica di Milano
Pasotti Giorgio
- attore
Bettetini Gianfranco
- critico letterario e massmediologo