L’Italia è il primo paese ad adottare con ottimi risultati il VAR, un vanto a livello europeo

Una prima volta europea

L’Italia è il paese in cui il VAR sta ottenendo i migliori risultati, in termini di correzione di errori e funzionamento. A differenza della Germania, dove l’avvio è stato tra i più burrascosi, tra errori, dimissioni e malfunzionamenti (Cfr., Germania, il Var fallisce: Colonia chiede ripetizione gara con Dortmund, “La Repubblica”, 18 settembre 2017; Bundesliga, via il capo della VAR. Favoriva lo Schalke?, “Corriere dello Sport”, 7 novembre 2017).
Il campionato italiano di Serie A registra grande soddisfazione, al punto che la Federazione Italiana Giuoco Calcio vuole fungere da punto di riferimento a livello internazionale in materia di video assistenza arbitrale. Carlo Tavecchio vorrebbe istituire un centro di formazione a Coverciano per addestrare gli arbitri stranieri all’uso del Var. Il presidente della Fgic ha dichiarato: “E’ un’idea che mi è venuta in questi giorni […] siccome all’estero stiamo facendo bella figura per quanto riguarda la Var. Ne ho parlato già al presidente della Fifa Infantino, e si è dimostrato disponibile. Sarebbe poi superfluo spiegare tutti gli sviluppi che possono nascere da questa idea, soprattutto per quanto riguarda l’immagine dell’Italia” (Italia, l’idea di Tavecchio: a Coverciano scuola di Var per gli arbitri stranieri, “itasportpress.it”, 18 ottobre 2017).

Roberto Rosetti, ex arbitro internazionale e responsabile italiano del progetto VAR, ha dichiarato: “Quello del Var è un processo che stiamo migliorando in corso d’opera. Per esempio, all’inizio avevamo una sola linea di comunicazione tra arbitro e Var, adesso abbiamo un cablaggio doppio e anche un backup con i walkie talkie collegato con il quarto uomo” (Tiziana Pikler, L’Italia insegna il Var anche agli arbitri stranieri, “Il Sole 24 Ore”, 15 ottobre 2017).

Soddisfazione nostrana

Addetti ai lavori e istituzioni si sono mostrati molto soddisfatti sin dalle origini, aderendo con fermezza alle linee guida dettate dal protocollo FIFA sul VAR, una soddisfazione che viene alimentata dagli ottimi risultati sul campo e da arbitri che si stanno adattando molto velocemente a questo nuovo sistema di direzione delle partite.

A confermarlo è proprio Carlo Tavecchio, presidente Figc: "Noi dobbiamo guardare le statistiche. Quelle contano, non le chiacchiere. Bisogna avere pazienza, siamo considerati in maniera egregia dalla Fifa" (Tavecchio risponde ad Allegri: "Var? Non si perde tempo", “tuttosport.com”, 2 ottobre 2017).

L’Italia che ci mette la faccia

Per una volta l’Italia ci mette la faccia e non si nasconde e il calcio, che ci vede protagonisti da sempre, può essere un’ottima vetrina per il rilancio del Paese. Si ha l’idea di una nazione che ha deciso di stare al passo coi tempi e che vuole fungere da esempio per il resto d’Europa, un modello che può essere esportato anche in altri sport e settori in generale. Carlos Passerini, giornalista del “Corriere della Sera” afferma a tal proposito: “Sono contento, anzi direi addirittura fiero che per una volta l’Italia ci abbia messo la faccia, e per prima. La Var la stiamo sperimentando praticamente noi per tutti in vista del Mondiale russo. La Fifa del presidente Infantino l’ha voluta e noi abbiamo alzato la mano per la sperimentazione ufficiale” (Gaia Picciardi, Carlos Passerini, Var: favorevoli o contrari?, “corriere.it”, 15 settembre 2017).

Claudio Alessandro Colombrita, 13 dicembre 2017

Un nuovo calcio fatto di robot

La tecnologia deve essere usata con moderazione. Il campionato di Serie A ha già sperimentato con successo l’utilizzo della Gol Line Technology, una tecnologia che consente di stabilire con certezza se la palla oltrepassa o meno la linea di porta. Un successo importante che non deve però alimentare eccessivo entusiasmo, se si pensa che lo sport è fatto da umani e contempla l’errore.
Si rischia di vivisezionare ogni singola azione, di accanirsi sul centimetro, di cercare a tutti i costi l’oggettività, a detrimento dello spirito e del fascino del gioco del calcio.

Gaia Piccardi, giornalista del “Corriere della Sera”, sembra avere le idee chiare in merito: “Un nuovo calcio che pende dalle labbra della tecnologia al punto da sembrare materia per entomologi. Prendi un’azione, dissezionala come una rana in laboratorio, separa il cuore dal fegato e l’anima dalle intenzioni: dal mio punto di vista l’ultima cosa di cui la Serie A aveva bisogno era un pallone sdraiato sul tavolo operatorio per farsi vivisezionare e un arbitro totalmente ‘Varizzato’, quasi privo di fattezze umane” (Gaia Picciardi, Carlos Passerini, Var: favorevoli o contrari?, “corriere.it”, 15 settembre 2017).

Errare humanum est

La vita è fatta di errori, non si vede perché il calcio debba essere da meno. Un palcoscenico popolato da umani contempla una certa percentuale di errore, che, se vogliamo, rende tutto più divertente e imprevedibile. Con il VAR c’è il forte rischio di sfiorare una perfezione odiosa e fastidiosa, di rendere uno sport straordinario per incertezza come il calcio, una recita con un copione preimpostato. Inoltre il calciatore potrà continuare a sbagliare davanti alla porta, potrà sbagliare la lunghezza di un passaggio, il portiere potrà fallire un intervento o rinviare male, l’allenatore potrà errare nei cambi, mentre l’errore dell’arbitro sarà neutralizzato con una sfiducia palese nei confronti dell’intera categoria.

Il giornalista e scrittore Roberto Perrone si è scagliato senza mezzi termini contro la nuova strumentazione: “Questi rivoluzionari da operetta della Var, hanno stabilito che tutti continueranno a sbagliare, tranne gli arbitri. Per me è pazzesco. È ontologicamente un’aberrazione. A una delle componenti di questo microcosmo non è più concesso sbagliare, a tutte le altre sì. Perché? Perché siamo noi all’avanguardia della Var? Perché noi siamo il paese più arretrato, filosoficamente e moralmente, perché noi abbiamo inventato la moviola, perché noi pensiamo che l’arbitro sia ‘cornuto/venduto’ per definizione” (Roberto Perrone, Corvo Var, non avrai il mio scalpo, “tempi.it”, 11 settembre 2017).

Sulla liceità dell’errore arbitrale come componente del gioco del calcio – e pertanto contrario al VAR – è anche Massimo Busacca, ex arbitro e capo del dipartimento arbitrale FIFA, il quale dichiara: “In campo ci sono stato e ho vissuto situazioni delicate. Vi garantisco che ancora oggi, dopo aver visto e rivisto alcuni episodi contestati alla moviola non sono in grado di dire se la mia decisione è stata giusta o sbagliata […] Nel calcio ci sta di valutare male un contatto. Diciamo che un direttore di gara su dieci fischi ha il diritto di sbagliarne almeno uno. Così come ai calciatori capita di non trasformare un rigore” (Busacca contro la tecnologia: “Moviola in campo? No grazie”, “arbitri.com”, 11 marzo 2014).

Il VAR può alterare eccessivamente i tempi di gioco

Ancora l’ex arbitro e capo del dipartimento arbitrale FIFA, Massimo Busacca, si dichiara contrario all’uso della tecnologia, la quale finirebbe per snaturare il gioco in sé dilatando eccessivamente i tempi. L’incidenza degli errori arbitrali sul gioco è così marginale da non giustificare l’introduzione di dispositivi così invasivi: “Tanto per cominciare non mi fiderei di vedere un mio intervento corretto da un’altra figura piazzata a bordo campo davanti a una tv. Pretenderei di rivedere l’azione e di valutare con i miei occhi. Quindi pensate quanti intervalli ci sarebbero in una partita. La gara sarebbe spezzettata in continuazione e, a volte, neppure rivedendo mille volte l’azione incriminata si potrebbe essere sicuri del giudizio. Siamo sinceri: quanti errori clamorosi avvengono in un campionato? Ve lo dico io: troppo pochi per costruire intorno un meccanismo così complicato. Andremmo incontro a un calcio robottizzato. Una macchina che decide tutto” (Ibidem).