Le ONG salvano vite umane e suppliscono all’inadeguatezza delle politiche migratorie

L’importanza delle ONG per la società civile

“Le ONG si chiamano così per un motivo. Quando sono nate, il richiamo all’idea di ‘non governativo’ aveva e ha ancora un forte valore politico: le ONG nascono per intervenire laddove i governi non difendono le popolazioni civili, per indifferenza, per cinismo o per volontà di repressione. Era vero negli anni Sessanta, quando molte di queste organizzazioni nacquero per proporre una cooperazione libera dagli interessi e dalla corruzione degli Stati, ed è vero ancora oggi. Il ruolo delle ONG che salvano i migranti nel Mediterraneo è proprio questo. Di fronte al fallimento delle Istituzioni Europee nel garantire il più elementare diritto alla vita, esse intervengono, non solo e non tanto per sostituirsi a quelle Istituzioni, ma per denunciare all’opinione pubblica il valore di alcuni principi universali che travalicano gli interessi dei singoli Stati: il diritto al cibo, il diritto alla vita, il diritto alla felicità” (Valerio Bini, Migranti e politica: il ruolo scomodo delle ONG, “Il Sole 24 Ore”, 19 maggio 2017). Agendo per garantire giustizia e diritti universali, le ONG finiscono per essere degli attori scomodi e vengono represse o allontanate dagli Stati autoritari. Tra i paesi che allontanano le ONG figurano Eritrea, Cina, Russia, India, Sud Sudan, Kenya, Egitto, Uganda (Cfr., Elias Gerovasi, Chi ha paura delle ONG, “Linkiesta.it”, 15 maggio 2017). Invece, negli Stati democratici, le ONG creano una cittadinanza attiva e consapevole, che rafforza le istanze di giustizia sociale, promuove l’integrazione politica e il multiculturalismo come componenti fondamentali per la pace. Gli stessi principi muovono le ONG nel salvataggio dei migranti nel Mediterraneo. Esse si impegnano affinché, citando il presidente di Mani Tese, Valerio Bini, “il diritto alla vita non sia subordinato agli interessi nazionali” (Ibidem). Eppure, sta avvenendo esattamente questo: “la priorità della tutela dei diritti umani è sempre più subordinata alla riaffermazione dei confini nazionali e comunitari. Mentre gli sbarchi e le richieste di asilo nella Ue raggiungono i livelli più bassi degli ultimi anni, nell’agenda politica la questione ha assunto toni drammatici e divisivi”. (Maurizio Ambrosini, Migranti, i punti deboli della proposta Ue. A partire dai diritti umani, “Il Fatto Quotidiano”, 30 luglio 2018, fonte “lavoce.info”).

L’incoerenza della politica europea

Nell’Agenda Europea sulla Migrazione del 13 maggio 2015 vengono definiti 4 pilastri della politica UE sulle migrazioni:

1) Ridurre gli incentivi alla migrazione irregolare;
2) salvare vite umane e rendere sicure le frontiere esterne;
3) Una politica comune europea dell’asilo;
4) una nuova politica di migrazione regolare. 

Nel primo punto vengono citati i 79 milioni di euro destinati alla Turchia per trattenere i migranti e prevenire le loro partenze verso l’Europa, poi aumentati a 3 miliardi di euro (Turchia, accordo Ue al finanziamento di 3 miliardi. L'Italia leva la riserva: darà 224,9 milioni, “Rainews”, 3 febbraio 2016). L’accordo è stato fortemente criticato dal mondo delle ONG, tanto che Medici senza Frontiere ha scelto di non accettare più fondi dall’Unione Europea e dagli Stati membri. Questa intesa con Ankara evidenzia come l’approccio UE non sia affatto la protezione delle persone, ma il tenerle lontane nel modo più efficace, come denuncia il segretario generale internazionale di MSF Jerome Oberreit (Migrazione: il pericoloso approccio dell'UE minaccia il diritto di asilo in tutto il mondo, “medicisenzafrontiere.it”, 17 giugno 2016). Esattamente lo stesso approccio è stato adottato con il codice di condotta del ministro Minniti. Tenere lontani i migranti dalle coste italiane significherebbe mantenerli in Libia in centri di detenzione in condizioni di malnutrizione, assenza di servizi igienici, di spazi per dormire e di cure mediche. Alcuni migranti raccontano di aver subito violenze, torture, abusi sessuali (Francesca Paci, Libia, l’orrore dei 34 centri di detenzione. “Donne e bimbi rinchiusi tra gli escrementi”, “La Stampa”, 8 agosto 2017). Con l’ascesa al governo del ministro Salvini, la situazione è ulteriormente peggiorata: le ONG non possono più sbarcare nei porti italiani. Ma Medici senza Frontiere e Sos Mediterranée intendono sfidare Salvini e continuare il loro operato nel Mediterraneo, precisando che rifiuteranno di far sbarcare i migranti in Libia, in quanto porto non sicuro (Giuseppe De Lorenzo, Msf torna di fronte alla Libia. La sfida della Ong a Salvini, “Il Giornale”, I agosto 2018).

Nel secondo punto, l’UE valuta positivamente il rafforzamento di Frontex e le modalità di ingaggio dell’operazione Triton.
Tuttavia, Medici senza Frontiere Italia punta il dito contro la chiusura del programma della Marina Militare italiana, Mare Nostrum, nel 2014 e l’introduzione di Triton da parte di Frontex. Dopo Mare Nostrum, nessun’altra azione a livello europeo ha avuto come priorità il salvataggio di vite umane, ma solo un non-intervento finalizzato alla deterrenza, che però non ha evitato altre morti nel Mediterraneo. Secondo Loris De Filippi, presidente di Medici Senza Frontiere, sarebbero le politiche europee a favorire gli scafisti e non le organizzazioni umanitarie. Se esistessero vie sicure e legali per raggiungere il vecchio continente, i migranti non cercherebbero di raggiungere l’Europa via mare con imbarcazioni pericolanti e diminuirebbe notevolmente il traffico di vite umane (MSF accusa: sono le politiche europee, non le ONG, a favorire i trafficanti, “medicisenzafrontiere.it”, 2 maggio 2017). Oltretutto, secondo Riccardo Gatti di Proactiva Open Arms, le imbarcazioni sono sempre meno sicure “perché con l’operazione Sophia di EunavforMed, lanciata nel 2015, c’è stata una campagna per distruggere le imbarcazioni di ferro e legno, così le organizzazioni criminali sono passate ad altri mezzi di trasporto più economici” (Annalisa Camilli, Perché le ong che salvano vite nel Mediterraneo sono sotto attacco, “Internazionale”, 22 aprile 2017). Ora la UE sta rivedendo la missione Sophia e nel giugno 2018 “l'Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) ha riconosciuto il nuovo Centro di Coordinamento Congiunto di Soccorso (JRCC) libico. Potrebbero sembrare passaggi burocratici. Ma non è così. La nascita del JRCC di fatto solleva l'Italia dal dover coordinare tutti i soccorsi del Mar Mediterraneo, arretrando la linea di responsabilità all'interno della propria zona di ricorso e soccorso. Nel tratto di mare dove di solito vengono recuperati i barconi adesso è Tripoli a comandare” (Giuseppe De Lorenzo, Msf torna di fronte alla Libia. La sfida della Ong a Salvini, “Il Giornale”, I agosto 2018).

Nel terzo punto, si mettono in luce le inadeguatezze della politica europea dell’asilo, rilevando la mancanza di fiducia reciproca tra gli Stati per la “frammentazione del sistema di asilo”. “Nel 2014 cinque Stati membri hanno trattato il 72% di tutte le domande di asilo presentate nell’UE” e a tutt’oggi non si sono ancora intraprese azioni di distribuzione dei richiedenti asilo in Europa. Secondo Federico Soda, direttore italo-canadese dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni nel Mediterraneo, il flop dei ricollocamenti è dovuto a 4 paesi: Austria, Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca: “La Commissione Ue aveva stabilito delle quote di rifugiati per ogni Paese membro, in base alla popolazione e al Pil. Ciascuno doveva fare la sua parte, ma molti non hanno mantenuto le promesse iniziali, altri non hanno aderito fin dall'inizio” (Vladimiro Polchi, Federico Soda: "Ricollocamento migranti, l'Europa sanzioni i Paesi che non mantengono i patti", “La Repubblica”, 29 maggio 2017). Il quarto punto riguarda invece la migrazione regolare e la politica dei visti, che tiene in considerazione la sfida demografica data dall’invecchiamento della popolazione in Europa.

Le nuove proposte di Bruxelles

Dopo il fallimento della redistribuzione dei richiedenti asilo negli Stati membri, i governi stanno valutando una nuova proposta per la gestione del fenomeno. Essa si articola in tre punti. Il primo consiste nello stringere “accordi con paesi esterni per realizzare strutture di accoglienza e valutazione delle istanze di protezione internazionale prima dell’accesso sul territorio della Ue, coinvolgendo le agenzie internazionali” (Maurizio Ambrosini, Migranti, i punti deboli della proposta Ue. A partire dai diritti umani, “Il Fatto Quotidiano”, 30 luglio 2018, fonte “lavoce.info”). Il secondo è la creazione di centri chiusi su base volontaria nel territorio europeo, “per trattenere i richiedenti asilo, identificarli e valutare rapidamente le loro istanze, con il sostegno tecnico e finanziario della Ue. Tra gli obiettivi dichiarati, spicca quello di impedire i cosiddetti ‘movimenti secondari’, ossia l’attraversamento delle frontiere interne una volta raggiunto il suolo europeo” (Ibidem). Il terzo “riguarda l’incentivazione della partecipazione volontaria dei paesi membri alla ricollocazione dei rifugiati, grazie al contributo comunitario di 6 mila euro per ogni persona accolta” (Ibidem). Ma il ministro Salvini respinge con forza l’idea dei 6 mila euro a migrante, bollati come “elemosina”. Quella somma invece servirebbe a condividere con gli altri Stati europei le problematiche relative all’accoglienza degli asilanti, quindi si evince come l’opposizione di Salvini sia esclusivamente ideologica, volta solo a fomentare ulteriore odio contro i migranti.

I limiti della nuova proposta dell’UE sono numerosi, tra cui la mancanza di corridoi umanitari per gli aventi diritto. Varie organizzazioni protestanti e cattoliche già li attuano, “evitando rischiosi attraversamenti di mari e territori ostili e tagliando fuori i trafficanti. Si può ricordare che il Canada ha programmato l’accoglienza in modo simile di 30 mila rifugiati siriani, promuovendo dei gemellaggi con associazioni e comunità locali che accettano di farsene carico” (Ibidem). Inoltre, le strade per l’immigrazione economica vengono totalmente sbarrate. Tuttavia, secondo il sociologo Maurizio Ambrosini, “se si vuole decongestionare il canale dell’asilo occorre riaprire qualche possibilità di ingresso per lavoro: magari stagionale, oppure ripristinando l’istituto della sponsorizzazione a suo tempo introdotto dalla legge Turco-Napolitano” (Ibidem).

La correttezza delle operazioni in mare

“Tutti gli operatori delle ONG assicurano di essere coordinati dalla centrale operativa della guardia costiera di Roma e di ricevere indicazioni precise sul porto di sbarco direttamente dal ministero dell’interno. ‘L’accusa di un coordinamento con i trafficanti è infondata per il semplice motivo che seguiamo alla lettera le indicazioni che ci vengono fornite dalla guardia costiera e dal ministero dell’interno e siamo tenuti a comunicare alle autorità tutti gli spostamenti e i salvataggi che facciamo’, spiega Riccardo Gatti di Proactiva open arms. Riguardo all’accusa che le ong intralcino il lavoro delle autorità italiane, la [ex] ministra della difesa Roberta Pinotti, rispondendo a un’interrogazione alla camera dei deputati ha detto: ‘Non abbiamo evidenza di manovre o attività a opera di natanti delle ong che abbiano costituito intralcio allo svolgimento delle operazioni della marina militare italiana’” (Annalisa Camilli, Perché le ong che salvano vite nel Mediterraneo sono sotto attacco, “Internazionale”, 22 aprile 2017).

Le parole irrispettose di Salvini e le prese di posizione di Saviano

Già nel 2017, lo scrittore Roberto Saviano si schierò a favore delle ONG contro il codice Minniti. Saviano ritiene che l’odio verso tali organizzazioni derivi dal senso di colpa dato dall’incapacità di agire davanti al dramma delle migrazioni, preferendo invece accusare chi agisce davvero, come le ONG. Ci sono “uomini, donne e bambini che non busseranno alla nostra porta e per i quali dovrebbero invece essere consentiti dei corridoi umanitari, soluzioni nuove che promuovano una cultura diversa dall'indifferenza. Le Ong stanno semplicemente supplendo all'assenza dell'Europa” (Ibidem). L’unica vera azione possibile è dunque continuare a salvare i migranti in mare, che si vedono costretti ad affidarsi a scafisti senza scrupoli per fuggire dalla violenza e dalla povertà. Esattamente il contrario di quello che sta facendo il governo gialloverde. Salvini si è spinto ben oltre Minniti, definendo “crociera” la traversata nel Mediterraneo dei migranti e “pacchia” la vita degli immigrati che giungono in Italia. Si tratta di dichiarazioni inaccettabili, che dimostrano una totale assenza di umanità da parte del ministro dell’Interno (Salvini definisce l'Aquarius una "crociera" e riaccende le polemiche sull'accoglienza, “AGI”, 14 giugno 2018). Perciò lo scrittore Roberto Saviano, indignato da queste dichiarazioni e dalla disumanità delle decisioni di Salvini, ha definito quest’ultimo “ministro della malavita” che prova “eccitazione nel veder morire bimbi in mare”. Lo scrittore ha inoltre rivolto un appello su “Repubblica” a tutti i personaggi famosi, invitandoli a prendere posizione contro l’attuale governo: “Dove siete? Perché vi nascondete? Amici cari, scrittori, giornalisti, cantanti, blogger, intellettuali, filosofi, drammaturghi, attori, sceneggiatori, produttori, ballerini, medici, cuochi, stilisti, youtuber, oggi non possiamo permetterci più di essere solo questo. Oggi le persone pubbliche, tutte le persone pubbliche, chiunque abbia la possibilità di parlare a una comunità deve sentire il dovere di prendere posizione. Non abbiamo scelta. Oggi tacere significa dire: quello che sta accadendo mi sta bene. Ogni parola ha una conseguenza, certo, ma anche il silenzio ha conseguenze, diceva Sartre. E il silenzio, oggi, è un lusso che non possiamo permetterci. Il silenzio, oggi, è insopportabile”. I governi precedenti hanno creato le condizioni affinché si arrivasse a questo punto, ma così in basso non si era mai giunti, continuando a usare come “arma di distrazione di massa l’attacco ai migranti e alle ONG” (Roberto Saviano, L'appello di Roberto Saviano: "Rompiamo il silenzio contro la menzogna", “La Repubblica”, 24 luglio 2018).

Gloria Gattoni, 17 luglio 2017 - Ultimo aggiornamento, 27 ottobre 2017

L’assenza di regolamentazione delle ONG nel Mediterraneo prima del codice Minniti

Mentre le Organizzazioni Governative, come l’ONU o la FAO, sono gestite dagli Stati, quelle Non Governative sono gestite da privati e dispongono di uno statuto come una società. Di conseguenza, come afferma la professoressa Angela del Vecchio, docente di Diritto Internazionale e Giurisprudenza all’Università Luiss di Roma “una imbarcazione di una qualsiasi Ong può navigare tranquillamente nel Mediterraneo: non deve richiedere alcuna autorizzazione. Essendo di proprietà di un privato può solcare le acque di qualsiasi mare come accade per uno yacht di grandi dimensioni”. Dato che il Diritto della Navigazione impone alle imbarcazioni di prestare soccorso a chiunque sia in pericolo in mare, è possibile che ONG criminali possano operare di fronte alle coste libiche assieme alle ONG oneste (Nadia Francalacci, Migranti: le Ong tra volontariato e business, “Panorama”, 4 maggio 2017).

Un conflitto di competenze tra Stato e ONG

Si chiede il giornalista del “Corriere della Sera” Lorenzo Cremonesi, “siamo proprio sicuri che andare con le navi a prendere i migranti in mare competa alle Ong? Il dubbio è più che lecito e pone fondamentali questioni di principio. Questioni che vanno ben oltre le correnti inchieste giudiziarie circa i presunti collegamenti tra alcune Ong e scafisti; oltre gli argomenti umanitari; oltre le pur accese polemiche tra coloro che difendono l’apertura dei nostri confini a chi scappa da guerre, carestie, povertà, persecuzioni, insomma dal caos del suo Paese di origine, e invece i sostenitori delle frontiere chiuse, o comunque strettamente regolate. Il punto è infatti che ci sono funzioni che sono di stretta competenza degli Stati, dei governi, o, meglio ancora, di una confederazione tra più entità statuali quale è l’Unione. E ci sono invece ruoli, interventi, attività che calzano benissimo alle organizzazioni non governative, che appunto in quanto ‘non governative’ godono dell’agilità operativa, dell’autonomia e dello slancio umanitario e generoso dei loro attivisti, sostenitori e funzionari. Tanto per fare un esempio. Sappiamo bene che in Italia il sistema carcerario fa acqua da tutte le parti. Eppure a nessuno viene in mente di permettere a una Ong di costruire e gestire una prigione” (Lorenzo Cremonesi, Migranti, alcuni dubbi sul ruolo delle Ong, “Corriere della Sera”, 5 maggio 2017).

I dubbi sulle ONG e la confisca della nave Iuventa

Varie voci del mondo politico, militare ed economico, hanno evidenziato il ruolo ambiguo delle ONG nei salvataggi nel Mediterraneo, in particolare i due vicepremier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Il primo le definì “taxi del mediterraneo”, mentre il secondo, prima di diventare ministro dell’Interno, denunciò l’effetto traino creato dalle ONG, che favoriva le partenze dei migranti (e di conseguenza la maggiore mortalità in mare degli stessi): “nel 2016, l'anno in cui le Ong sono entrate in piena attività in mare, la mortalità tra i migranti in mare è aumentata del 30%” (Jacopo Granzotto, Migranti, Salvini al governo "Fuori il dossier scafisti-Ong", “Il Giornale”, I maggio 2017). Al procuratore di Trapani, Ambrogio Cartosio, risulta che le ONG abbiano fatto “qualche intervento di salvataggio in mare anche senza informare la nostra Guardia costiera. La loro presenza in un determinato fazzoletto di mare, costituisce un elemento indiziario forte per dire che sono al corrente che in quel tratto di mare arriveranno imbarcazioni […] A differenza del passato, i migranti soccorsi e trasferiti da navi delle Ong, quando vengono fatti sbarcare nei porti italiani sono restii a cooperare: tale circostanza potrebbe essere il risultato di un indottrinamento impartito a bordo al fine di non collaborare con le forze dell’ordine italiane e il personale dell’agenzia Frontex" (Luca Romani, Ong, scatta l'indagine su Msf: "Non collaborate con la polizia", “Il Giornale”, 11 maggio 2017). Inoltre, sul piano penale, secondo il procuratore Cartosio “si pone il problema dei limiti dello stato di necessità e, soprattutto delle valutazioni dei giudici. Se per stato [di] necessità si intende la situazione di chi sta annegando è un conto, se invece per stato di necessità si intende la situazione di chi si trova in un campo di concentramento libico in cui ci sono trafficanti che tengono sotto la minaccia delle armi persone che vengono violentate e torturate è un altro conto e copre anche l'intervento delle ong" ("Migranti soccorsi da ong anche senza informare la Guardia Costiera", “ANSA”, 11 maggio 2017). Su queste basi investigative, la procura di Trapani ha poi proseguito con l’indagine, giungendo alla confisca della nave Iuventa, appartenente alla ONG Jugend Rettet. Il procuratore Cartosio spiega di aver accertato che la nave non interveniva solo in caso di imminente pericolo di vita: “I migranti vengono scortati dai trafficanti libici e consegnati non lontano dalle coste all'equipaggio che li prendono a bordo della 'Iuventa'. Non si tratta dunque di migranti 'salvati', ma recuperati, potremmo dire consegnati. E poiché la nave della Ong ha ridotte dimensioni, questa poi provvede a trasbordarli presso altre unità di Ong e militari" (Francesco Viviano, Alessandra Ziniti, Migranti, procura Trapani sequestra nave Iuventa: "Intese tra Ong tedesca e trafficanti", “La Repubblica”, 2 agosto 2017). Qualunque finalità avesse la ONG, questa condotta rientrerebbe nel reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. I membri della ONG parrebbero non aver preso alcun compenso dagli scafisti, dunque la motivazione potrebbe essere umanitaria, unitamente ad un ritorno in termini di immagine e di donazioni (ibidem). Il ministro dell’Interno Salvini definisce ancora più duramente le ONG, mosse a suo avviso da interessi non solidaristici ma economici, e chiede un intervento a livello europeo sulle ONG, poiché l’Italia costituisce a tutti gli effetti una frontiera europea (Claudio Cartaldo, Salvini: "L'Europa intervenga sulle Ong. Mosse da interessi economici", “Il Giornale”, 12 luglio 2018).

Le inchieste sui Centri per Richiedenti Asilo (Cara)

Il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, oltre a dubitare della correttezza di alcune ONG, mette in evidenza gli appetiti di varie organizzazioni mafiose sui centri di accoglienza per migranti. Il Cara (Centro per richiedenti asilo) di Isola Capo Rizzuto, il più grande d'Europa, era gestito de facto dal clan Arena, appartenente alla Ndrangheta. Un business da 100 milioni di euro sulla pelle dei migranti, ai quali veniva offerto cibo di pessima qualità (Giovanni Tizian, Misericordia, così i clan hanno guadagnato 100 milioni col business dell'accoglienza, “L’Espresso”, 15 maggio 2017). Il secondo Cara più grande d’Europa, quello a Mineo (CT), è stato esaminato nella scorsa legislatura da una commissione parlamentare d’inchiesta, che ne ha invocato la chiusura. Troppe le criticità: la fatiscenza degli appartamenti, l’insufficienza di personale medico, di mediatori culturali, di psicologi e di attività formative, opacità nelle assunzioni e nella gestione amministrativa. Il direttore del centro, Sebastiano Maccarone, è sotto processo per truffa aggravata, mentre emergono i legami tra il centro e Mafia capitale (Cara di Mineo, la commissione parlamentare d’inchiesta: “Sprechi, indagini e business: chiudere il centro”, “Il Fatto Quotidiano”, 21 giugno 2017). Salvatore Buzzi, l’imprenditore delle cooperative romane coinvolto nell’inchiesta “Mafia capitale”, affermò, in un’intercettazione, che il traffico di droga rende meno di quello dell’immigrazione (Marco Pasciuti, Mafia Capitale, Buzzi: “Con immigrati si fanno molti più soldi che con la droga”, “Il Fatto Quotidiano”, 2 dicembre 2014).
Questo è il contesto torbido in cui si muovono vari attori del business dell’immigrazione, spesso denunciato dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega Nord quando si trovavano all’opposizione. Nell’attuale azione di governo, entrambi i partiti stanno contrastando nei fatti questi fenomeni, riducendo il più possibile le partenze dei migranti e collaborando con la guardia costiera libica per la risoluzione a monte del problema.

L’inasprimento della linea politica del Viminale

L’ex ministro dell’interno Marco Minniti, benché non si fosse pronunciato sul possibile legame tra ONG e trafficanti, ammise di aver temuto per la tenuta democratica del Paese a seguito dei grandi flussi migratori. Per questo varò una serie di iniziative per governare tali flussi. In seguito all’approvazione del codice di condotta delle ONG e dell’intensificazione dei contatti con le autorità libiche, gli sbarchi sono dimezzati a luglio e crollati ad agosto del 2017 (Migranti, Minniti: “Ho temuto per la tenuta democratica. Il flusso andava governato, lo abbiamo fatto”, “Il Fatto Quotidiano”, 29 agosto 2017). L’ex ministro ha affermato che “quando si parla di accoglienza si deve tenere ben presente che questa ha un limite ben preciso nella capacità di integrazione". "Se non c'è un rapporto diretto tra immigrazione e terrorismo, c'è, invece, una stretta connessione tra terrorismo e mancata integrazione. Da Charlie Hebdo in poi la storia di questi ultimi due anni in Europa ne è la più evidente dimostrazione”.

L’attuale ministro dell’Interno Salvini ha riconosciuto il buon lavoro del predecessore, applicando una politica ancora più restrittiva che chiude completamente i porti alle ONG. La priorità non è più la condivisione degli oneri del fenomeno migratorio, come nel caso del precedente governo, ma il blocco delle partenze con un cambio di paradigma: il considerare la Libia un porto sicuro. Salvini riscontra un’“ipocrisia di fondo in Europa in base alla quale si danno soldi ai libici, si forniscono le motovedette e si addestra la Guardia Costiera ma poi si ritiene la Libia un porto non sicuro. Bisogna aiutare la Libia a garantire i diritti umani e a creare canali per accogliere in loco dall'altra parte del Mediterraneo le richieste di asilo”. Il blocco totale delle partenze renderà inutile la traversata del mare, poiché il respingimento sarà certo (Rosalba Castelletti, Migranti, Salvini: "Cambiare norme e fare della Libia un porto sicuro". E sulle sanzioni alla Russia: "Veto italiano è la soluzione finale", “La Repubblica”, 16 luglio 2018). Alle dichiarazioni di Salvini sono seguiti i fatti: con l’approvazione del cosiddetto decreto Motovedette, sono state consegnate 12 unità navali alla guardia costiera libica per presidiare la propria area SAR: “Si tratta di 10 unità Cp, classe 500, in dotazione al Corpo delle capitanerie di porto e Guarda costiera e di due unità navali, classe Corrubia in dotazione alla Guardia di Finanza” (Renato Zuccheri, Via libera al decreto "Motovedette": 12 unità consegnate alla Libia, “Il Giornale”, 6 agosto 2018). Naturalmente, a quest’operazione dovrà accompagnarsi un forte sostegno economico per incentivare lo sviluppo dei Paesi d’origine. Salvini ha anticipato di voler investire almeno un miliardo di euro per l’Africa (Ibidem). L’ex ministro degli Esteri Emma Bonino ha fortemente criticato il decreto, affermando che il governo al-Serraj, con cui sta collaborando l’Italia, non sia in grado di gestire il territorio. Chi di fatto controllerebbe la Libia sono le centinaia di milizie presenti in un paese lacerato, diviso in due Stati e tre parlamenti. Le milizie, secondo Bonino, si spartirebbero le motovedette proprio come avviene con altri affari illeciti, ad esempio droga e petrolio. Tuttavia, questa versione è stata smentita dalla Marina Italiana: Sebastiano Rossitto, comandante della fregata Virginio Fasan, osserva come i libici siano dotati di “motovedette molto più efficienti, i loro sistemi d’intervento sono strutturati, possono mantenere due o tre imbarcazioni sempre pronte in acqua e si dimostrano in grado di bloccare gli scafisti con i migranti prima che escano dalle 12 miglia delle loro acque territoriali” (Claudio Cartaldo, La predica buonista di Bonino (smentita dalla Marina italiana), “Il Giornale”, 28 luglio 2018).

Il business model dell’immigrazione e il suo spostamento dall’Italia alla Spagna

Il manager e opinionista Riccardo Ruggeri ha rilevato come la gestione dell’immigrazione seguisse un vero e proprio processo, un “business model” articolato in quattro fasi, che sta per essere smantellato dal governo Conte. In una prima fase, “le élite cosmopolite perseguivano la strategia di creare le condizioni politiche, organizzative e comunicazionali per rifornire di mano d’opera giovane e forte i paesi europei obbligati a mantenere il costo del lavoro basso causa globalizzazione”. L’immigrazione selvaggia, non gestibile dai singoli Stati, avrebbe portato alla cessione di sovranità “sotto la guida di organizzazioni sovranazionali non elette”. Nella seconda fase, le flotte delle ONG sostenute dalle élite si collocavano “ai limiti delle acque territoriali libiche” per prelevare i migranti e farli sbarcare in Italia. Nella terza fase, “i migranti entravano in un circuito di Coop bianche, gialle, rosse strutturate per fare business, a detta di alcuni loro vertici, più redditizi della droga”. In una quarta e ultima fase, si verificava la spartizione dei ricavi tra l’organizzazione logistica africana e le cooperative italiane. Minniti ha il merito di aver combattuto per primo questo fenomeno, mentre l’attuale governo lo sta definitivamente debellando: “Il resto lo ha fatto, in autonomia, il mitico ‘Mercato’. Questi, capita l’antifona, si è riposizionato, riposizionando tutti i business che gravitano intorno a quello principale. Le organizzazioni logistiche africane, stante il rischio di perdere il ricco business di cui sopra, hanno ridisegnato i loro business plan spostando, in prospettiva, gli arrivi dall’Africa profonda verso Tunisia e Marocco, altrettanto hanno fatto gli scafisti con i loro gommoni, modificando così la destinazione finale: Spagna, anziché Italia. Le Ong acquatiche si adegueranno in fretta, le élite cosmopolite pure. Resta il problema delle Coop italiche costrette a riconvertirsi in attività rispettose della legalità” (Riccardo Ruggeri, Come funziana(va) il business dell’accoglienza in 4 mosse, “Nicolaporro.it”, 3 agosto 2018).

L’elogio di Marine Le Pen a Matteo Salvini

La leader del Front National, Marine le Pen, è tra i leader europei che ha maggiormente apprezzato l’operato di Salvini da ministro dell’Interno: “L’annuncio del rifiuto di accogliere Aquarius è stato visto come un atto di coraggio e rottura rispetto all’irresponsabile politica migratoria dell’Unione. Alla luce dei sondaggi francesi, posso dire che la posizione di Matteo sull’immigrazione è approvata e appoggiata dalla grande maggioranza dei miei connazionali”, ha dichiarato Marine Le Pen, che ritiene la Lega un partito “fratello” che rivoluzionerà gli equilibri europei (Pietro Senaldi, Marine Le Pen a Libero: "Immigrati, grazie all'Italia libereremo l'Europa. Macron? Finirà come Renzi", “Libero”, 3 luglio 2018).