In breve la Scienza sarà in grado di dare un preavviso di 6/24 ore alla popolazione in modo da evitare le grandi catastrofi che conseguono gli eventi sismici

Paura: ne vale la pena?

Sull'argomento interviene Roberto Paura, ricercatore in Comunicazione della Fisica presso l'Università di Perugia e giornalista scientifico, nell'articolo Prevedere i terremoti, tra sismologi alla sbarra e dilettanti allo sbaraglio, pubblicato il 6 ottobre 2011 su “fanpage.it”: “Nella stragrande maggioranza dei casi, all’allarme non ha fatto seguito un terremoto. Se dovessimo evacuare la popolazione ogniqualvolta si verifichi un aumento anomalo del livello di radon nel suolo, dovremmo muovere mezza Italia di continuo, in quasi il 99% dei casi a vuoto. Vale la pena, per un mero 1%? Qualcuno, magari, direbbe di sì. Ma aspettate di essere costretti a forza dalla Protezione civile a fare fagotto, dormire per settimane in auto, in albergo, presso i vostri familiari, solo perché c’è una minuscola possibilità che si scateni un sisma. Aspettate di farlo non una, ma due, tre, cinque volte. E cambierete idea, come l’hanno cambiata molti cittadini de L’Aquila, stanchi di convivere con la paura di nuove scosse". Per Guido Bertolaso, funzionario e medico, ex capo del Dipartimento della Protezione Civile, le cui dichiarazioni sono riportate nell'articolo Polemica sul mancato allarme. Bertolaso: "Impossibile fare previsioni", pubblicato il 6 aprile 2009 su “La Repubblica”, “è impossibile fare previsioni […] C'è gente che si diverte a spargere notizie infondate ed allarmi".

Zollo: falsi allarmi e disagi enormi

Nell'articolo Terremoto dell’Aquila: mancato allarme o mancata previsione?, pubblicato il 7 luglio 2010 su “scienzainrete.it”, Aldo Zollo, professore ordinario di Sismologia presso l’Università Federico II di Napoli, analizza i pericoli di procurato allarme generati dalle previsioni sui terremoti: “Predire un terremoto per mitigarne gli effetti sulla popolazione significa stimarne con sufficiente anticipo il tempo origine, il luogo in cui esso si produrrà e soprattutto quale sarà la sua magnitudo. Ma ciò non basta. Per un reale utilizzo della predizione, si dovrebbe essere in grado di affiancare alla stima di questi parametri una valutazione del loro grado di incertezza, che consenta, ad esempio, di prendere decisioni, essendo consapevoli della possibilità di incorrere in falsi allarmi, che genererebbero enormi disagi, perdite economiche considerevoli e ripercussioni nel medio termine sulla vita economica e sociale della comunità interessata. Sulla base delle attuali conoscenze circa le modalità di generazione dei terremoti, possiamo affermare che tale predizione non è oggi possibile e forse non lo sarà neanche in un prossimo futuro”. Sempre Zollo torna sull'argomento nell'articolo "I segnali premonitori non sono affidabili". Ma nel '75 la Cina salvò 150 mila persone, pubblicato il 7 aprile 2009 su “La Repubblica”, a firma di Elena Dusi: “Una volta il segnale precursore si presenta, ma la volta successiva resta completamente assente. Possiamo predisporre piani di evacuazione di città intere e sfollare migliaia di persone sulla base di indizi così volatili?"

Prevenire, non prevedere

Secondo il parere di Mario Calabresi, giornalista e scrittore, riportato nell'articolo La condanna sul terremoto sentenza incomprensibile, pubblicato il 24 ottobre 2012 su “La Stampa”, l'aspettativa che si è creata attorno al falso mito della previsione dei terremoti è talmente alta che “oggi si pretende di vivere in un mondo dove grazie alla tecnologia e alla scienza tutto possa essere previsto e il rischio addirittura azzerato […] Stiamo diventando cittadini completamente deresponsabilizzati. Per secoli ogni uomo sulla Terra ha accumulato e trasmesso esperienze che gli permettevano di diminuire i rischi (alle scosse di terremoto si correva per la strada o nelle stalle, al gonfiare di un fiume ci si spostava lontano dagli argini) ora si aspetta che ci venga un’indicazione in tal senso. Ma la pretendiamo esatta e senza margine d’errore, tanto che se l’allarme era poi eccessivo protestiamo vibratamente per aver perso del tempo. Ci sono cose che non possono essere previste ma che invece andrebbero prevenute. Se nessuno può dirci con certezza a che ora arriverà un terremoto e di che intensità sarà, è certo che - mappe sismiche alla mano - si possano costruire case e scuole che non crollino alla prima scossa. Accade così nel mondo, dal Giappone alla Turchia che ricostruiscono con grandi piani antisismici, in quello stesso mondo che ieri ha pesantemente ironizzato sulla nostra pretesa di portare in tribunale la scienza”.

Mancato allarme o procurato allarme, tra incudine e martello

Secondo il parere di Primo Mastroianni, segretario nazionale dell'ADUC (Associazione italiana per i Diritti degli Utenti e dei Consumatori), il falso credo secondo cui sia possibile prevedere i terremoti genera un'aspettativa tale da mettere gli scienziati in una scomoda situazione tra incudine e martello: il rischio di essere processati per mancato allarme o per procurato allarme. Nel comunicato Sentenza per il terremoto dell'Aquila. Tra procurato e mancato allarme, pubblicato il 23 ottobre 2012 sul sito dell'associazione, “aduc.it”, Mastroianni spiega: “L'ex ministro della Protezione Civile, Giuseppe Zamberletti, nel lontano 1985, sulla base delle dichiarazioni dell'Istituto Nazionale di Geofisica che prevedeva una scossa pericolosa, ordinò lo stato d'allerta per dieci Comuni della Garfagnana (Toscana): scuole chiuse per due giorni, case vecchie o in cattivo stato evacuate. Centomila persone abbandonarono le proprie abitazioni, ma il terremoto non arrivò e l'ex ministro Zamberletti finì sotto inchiesta per procurato allarme. Ieri, il Tribunale de L'Aquila ha condannato, per omicidio colposo, gli scienziati della Commissione Grandi Rischi per aver sottovalutato il pericolo e fornito informazioni 'imprecise e incomplete' sul sisma che colpì il capoluogo abruzzese il 6 aprile del 2009 e provocò 309 morti. [...] Se manca l'allarme si viene processati, se si procura l'allarme si viene processati. Che dire? Che le previsioni di qualunque tipo, anche quelle meteo, sono tali, cioè ipotesi e non hanno valore scientifico. Lo scienziato si trova, dunque, tra l'incudine e il martello”.

Sull'argomento interviene anche l’American Geophysical Union, le cui dichiarazioni vengono riportate nell'articolo L’Aquila, la commissione Grandi Rischi si dimette. Protezione civile: “E’ paralisi”, pubblicato il 23 ottobre 2012 su “Il Fatto Quotidiano”: “Immaginate se il governo accusasse di reati criminali il metereologo che non è stato in grado di prevedere l’esatta rotta di un tornado. O un epidemiologo per non aver previsto gli effetti pericolosi di un virus. O mettere in carcere un biologo perché non è stato in grado di prevedere l’attacco di un orso. Gli scienziati devono avere il diritto di condividere ciò che sanno e ciò che non sanno senza la paura di essere giudicati criminalmente responsabili se le proprie previsioni non si avverano”.

Giuliani: “Si possono salvare delle vite”

Secondo il parere di Giampaolo Giuliani, ex tecnico dell'Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario distaccato presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso (divenuto noto in occasione del terremoto dell'Aquila del 6 aprile 2009, per aver dichiarato più volte di aver previsto il verificarsi dell'evento sismico), riportato nell'articolo Terremoto, Giuliani accolto da una scossa 4.1. "Prevedere un sisma è possibile", pubblicato il 13 novembre 2016 su “Il Resto del Carlino”, a firma di Daniele Luzi, è possibile lavorare sulla prevedibilità dei terremoti in modo da arrivare a dare un preavviso di 6/24 ore alla popolazione. Ciò permetterebbe di salvare diverse vite dal cataclisma in arrivo: “Il terremoto si può prevedere e quindi si possono salvare delle vite. Usa, Russia, Cina, Ecuador collaborano con la Fondazione Giuliani per portare avanti una sperimentazione che ha l’unico scopo di salvare le persone. Il progetto vuole arrivare a dare un allarme 6/24 ore prima di un terremoto, studiando il gas radon […] A inizio agosto c’era uno sciame sismico in atto nella zona di Accumoli. Non ho avvisato quella sera del 24 agosto, ma un motivo c’è ed è diplomatico. Ho sbagliato. Ma con l’ultimo sisma non c’è stato nemmeno un morto: mi sono sgolato a dire alla gente di non dormire in casa. Quello era un 7.1 e non un 6.5, che non sarebbe arrivato a far danni a Roma”. Il problema, secondo Giuliani, è che in Italia non si investe in questo tipo di ricerche: “Vi sembra giusto che all’estero questo lavoro venga utilizzato e invece non sia messo a disposizione vostra? Dobbiamo ampliare la nostra rete di rilevazione, su tutta la dorsale dell’Appennino, che è la parte più pericolosa”.

Una soluzione economica: il Gps

Secondo la ricerca Crowdsourced earthquake early warning, pubblicato il 10 aprile 2015 su “Science Advances”, condotta dall’Università di Houston e dalla United States Geological Surveye, e firmata da Craig Glennie, professore presso l'Università di Houston, una via possibile per avvertire la popolazione ed evitare stragi prima di un terremoto viene offerta dalla tecnologia Gps e dagli smartphone. Come riportato nell'articolo Gli smartphone potranno prevedere i terremoti?, pubblicato il 28 agosto 2016 su “La Stampa”, a firma di Lorenzo Castagneri: “Secondo gli autori, il Gps degli smartphone, anche se meno accurato degli strumenti scientifici, potrebbe avvertire l’arrivo di scosse fino a 7 gradi di magnitudo, [...] e allertare la popolazione con un messaggio. 'D’altra parte la velocità di un segnale elettronico è superiore a quella di un movimento tellurico', aveva spiegato Craig Glennie”.

Glennie e i suoi colleghi, dopo aver studiato il terremoto e lo tsunami del 2011 in Giappone, giungono alla seguente conclusione: “Se fossero stati analizzati i dati Gps, migliaia di vite avrebbero potuto essere salvate prima che il sisma raggiungesse Tokyo e l’onda dello tsunami travolgesse chilometri e chilometri di costa spazzando via ogni cosa. Per i ricercatori basterebbe studiare le informazioni raccolte attraverso meno di 5.000 cellulari in un’area metropolitana per emettere un segnale di pericolo abbastanza veloce da dare la possibilità, almeno a chi non è troppo vicino all’epicentro, di mettersi in salvo. Sarebbe una soluzione economica, a portata anche dei paesi più poveri che non si possono permettere costosi impianti scientifici di previsione”.

Lo studio è stato subito messo in pratica dai creatori dell'applicazione MyShake: “Nel 93% per casi [l'applicazione] ha funzionato correttamente individuando terremoti anche superiori al grado di magnitudo 5 in una fase iniziale, quando scappare è ancora possibile. Per ora l’app si limita a geolocalizzare gli eventi sismici più significativi; il prossimo passo è trasformare il segnale in un’allerta per la popolazione”.

 

Pierpaolo De Mejo, 16 maggio 2017