L’ora di religione è indispensabile per il bagaglio culturale degli studenti

Esponenti cattolici e laici difendono quest’ora ritenendola parte integrante del patrimonio storico-culturale italiano, al pari di altre materie scolastiche. Tale insegnamento può essere uno spazio privilegiato per riflettere sulle questioni fondamentali che interpellano l’uomo, permettendo in classe di fare domande, interventi, scambio di opinioni e costruire un dibattito formativo. La lezione spesso non è limitata alla sola Bibbia o alla lettura di testi religiosi: in molti casi si instaura un dialogo fra classe e professore su temi attuali, quali aborto, eutanasia, consumo di droghe, e talvolta anche su argomenti più complessi e filosofici, quali il senso della vita e il percorso dell’uomo.

Il programma prevede anche l’insegnamento della parola di Gesù Cristo, considerato esempio unico di pietà, fratellanza e perdono. Il filosofo Massimo Cacciari si batte duramente per la causa: nell’intervista rilasciata a “Avvenire”, dal titolo Cacciari: fondamentale per la crescita umana, il filosofo dichiara che “la nostra tradizione religiosa è insegnata obbligatoriamente a scuola. Non solo, la teologia dovrebbe essere presente in tutti i corsi universitari di filosofia” e aggiunge: “Per me è fondamentale il fatto che non si può essere analfabeti in materia della propria tradizione religiosa. È una questione di cultura, di civiltà. Non si può non sapere cos’è il giudaismo, l’ebraismo, non si può ignorare chi erano Abramo, Isacco e Giacobbe. Bisogna conoscerne la storia della religione, almeno della nostra tradizione religiosa, esattamente com’è conosciuta la storia della filosofia e della letteratura italiana. Ne va dell’educazione, della maturazione anche antropologica dei ragazzi”.

In molti ritengono fondamentale lo studio della religione cattolica in quanto parte integrante del bagaglio culturale di ogni studente. Ascoltare gli insegnamenti della Bibbia, dei Vangeli, e conoscere la vita di Cristo sarebbero solo la base per meglio comprendere la storia delle grandi religioni monoteiste, la storia dell’arte, delle chiese, delle abbazie e dei monasteri. I luoghi di culto e le opere d’arte medievali, incentrate su Cristo, la Madonna e i Santi, fanno parte della storia e della cultura italiana. Conoscere le fonti di queste ultime donerebbe all’individuo una conoscenza esaustiva.

Inoltre, l’ora di religione può diventare occasione per aprire la propria mente alla spiritualità. Secondo un articolo di Orsola Vetri, pubblicato su “Famiglia Cristiana” è anche “un’ora di cultura, di orientamento, che aiuta credenti e non a capire il senso della vita. Sessanta minuti di riflessione” (Orsola Vetri, Ora di religione, cinque buoni motivi per non perderla, “www.famigliacristiana.it”, 18 marzo 2017). Come sostiene il cardinal Angelo Bagnasco, “si parla spesso di una certa fragilità che rende difficile resistere nelle difficoltà della vita, alle quali nessuno può sottrarsi. È segno di uno smarrimento interiore che nasce dal non riuscire a fare sintesi, a ordinare le conoscenze, le emozioni, le esperienze, i sentimenti [...]. Anche il ricco mondo della scuola, con le conoscenze e le competenze che offre chiede un punto di sintesi, perché il giovane non diventi un'enciclopedia, ma una persona matura”.

Il cardinale prosegue chiarendo che “l'insegnamento della religione cattolica, anche per la sua valenza culturale, può essere per tutti un momento di chiarificazione e di equilibrio: i contenuti, la storia, il confronto con le civiltà, sono un riferimento necessario per comprendere il tempo e la società che abitiamo, uno strumento per il dialogo con tutti” (Orsola Vetri, ibidem).

Nel suddetto articolo viene citato anche il blogger Angelo Bertone, professore di religione, che ha elencato le ragioni per non rinunciare alla sua ora di lezione. Nell’articolo I cinque buoni motivi per avvalersi dell'Ora di Religione, pubblicato nel blog “ReligionHour”, il professor Bertone invita i ragazzi a seguire le lezioni e parteciparvi: “L’insegnamento di Religione (IRC) è un’ora curriculare, cioè una disciplina scolastica vera e propria, che si avvale di docenti sempre più preparati e attenti alla vita dei ragazzi. Fa parte quindi dell’orario scolastico e delle discipline scolastiche a tutti gli effetti; […] è importante che voi giovani conosciate bene le tradizioni, la cultura e la religione che ha segnato le radici dell’Italia, per essere aperti al dialogo con tutti. Per questo durante l’ora di Religione si conoscono anche le altre culture, le Religioni e non a caso in molte realtà sono sorte collaborazioni con le Comunità Religiose non cristiane presenti sul territorio. Ciò può essere motivo di arricchimento per ognuno di voi che conoscendo una cultura e una religione diversa dalla vostra può aprirsi all'accettazione dell'altro”.

Il professore Bertone aggiunge che “l’IRC nella Scuola italiana è una preziosa opportunità culturale ed educativa, perché guida voi ragazzi a scoprire le radici della storia, dell’arte e della cultura con agganci alle altre discipline di studio; vi aiuta a rispondere alle domande di senso che tutti ̶ appartenenti ad ogni popolo, cultura e religione ̶ portiamo nel cuore: ʻChi sono io? Da dove veniamo? Che senso ha la vita? Perché esiste la morte? Cosa c’è dopo la morte? Come affrontare la vita? Cosa c’entrano gli altri con me? Una ragazza o un ragazzo che impara ad affrontare le grandi domande della vita, vivrà in modo molto più sereno i momenti della crescita. Non solo: se scopre il perché di quello che fa e di quello che vuole essere, se impara ad avere uno scopo nella vita, se ha capito che tutta l’esistenza è un cammino di ricerca, allora la vita appare nella sua bellezza e lo studio e la cultura sono l’occasione per compiere questo itinerario” (ibidem). L’ora di religione inoltre è anche l’unica ad essere facoltativa: gli studenti possono scegliere se avvalersene o meno. Anche i non credenti o i ragazzi appartenenti ad altri credo religiosi possono prendere parte all’unica ora non obbligatoria, perché chiunque è ammesso senza discriminazioni.

 

Silvia D'Orazio, 18 aprile 2017

Gruppi di atei e laici ritengono l’ora di religione un insegnamento di parte, poco attento alle minoranze religiose e in contrasto con la laicità della scuola pubblica. Un protocollo addizionale del Concordato sancisce che: “L’insegnamento della religione cattolica è impartito in conformità della dottrina della Chiesa” (Ora di religione, “www.uaar.it”, 23 marzo 2013) . Ci troviamo di fronte ad un’ora di punti di vista esclusivamente cattolici. Questo è il nodo cruciale del dibattito: come si può in uno stato laico, che ha rispetto per tutte le confessioni religiose, concentrarsi solo su quella cattolica? Per quanto la cristianità permei la cultura italiana, non si può negare che ci sia dell’altro.

Non tutti gli studenti sono cattolici e quest’ora, che per gli esponenti dell’UAAR non è altro che catechismo, fa sì che alcuni alunni debbano uscire dall’aula, discriminando e isolando ancora una volta chi è in minoranza. L’UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti), che da anni si batte contro l’ora di religione, propone un’ora alternativa di educazione civica e si pone come obiettivo il superamento dell’attuale sistema educativo che discrimina gli scolari in base a scelte religiose, di cui a volte non sono nemmeno coscienti. Propongono una formazione rivolta a tutti, aperta a tutte le concezioni del mondo, religiose o meno. Gli intellettuali contrari all’insegnamento della religione cattolica fanno leva anche sulla questione economica: gli insegnanti di religione, scelti dalla curia, vengono retribuiti dallo Stato italiano.

Nell’articolo Religione: l’ora di finirla, pubblicato su “L’Espresso”, a cura di Michele Sasso, gli insegnanti di religione sembrano avere una carriera ed un percorso formativo diversi: “Una carriera tutta in discesa, a partire dal reclutamento: mentre migliaia di aspiranti insegnanti di ruolo hanno una trafila da precari che dura anni, per quelli con la Bibbia in mano c'è una scorciatoia che sa di beffa”.

Questi professori sono soggetti al giudizio della curia, che si occupa di licenziarli nel caso in cui non seguano un’idonea condotta morale: “È la Curia locale che organizza i corsi per l'insegnamento, li sceglie anche in base alla condotta morale coerente con l'insegnamento (impossibile per i divorziati e i conviventi senza il matrimonio) e decide in quali scuole mandarli. Queste regole valgono per tutti i 16.426 insegnanti che lavorano nelle scuole del Paese. Perché, oltre all'assunzione, in base a concorsi e titoli, occorre l'insindacabile giudizio della Curia locale, che fornisce e toglie il ʻplacetʼ in base alla sua dottrina e a criteri discrezionali. In altri termini i docenti di religione sottostanno agli ordini della gerarchia cattolica ma vengono pagati dallo Stato italiano” (ibidem).

Ciò rende il dibattito ancora più complesso: come si può giudicare idoneo un insegnante su questioni inerenti la sua vita privata? Essi dovrebbero poter esercitare la professione in base a tecniche e competenze assunte, esattamente come i loro colleghi. Altro punto fondamentale della questione IRC è l’essenza dell’insegnamento stesso: secondo alcuni intellettuali la sua presenza è in netto contrasto con la laicità di Stato.

È di questa opinione Corrado Augias, giornalista e scrittore italiano, che, in risposta a un lettore di “La Repubblica”, dice: “La vera questione però è se sia la scuola pubblica di uno Stato laico il posto più indicato dove essere istruiti non su una disciplina ma su una fede” (Augias, Luca Sofri e l’ora di religione, “marcocampione.wordpress.com”, 29 ottobre 2009). Le società laiche e democratiche si impegnano a garantire piena libertà religiosa a tutti, e non solo alla comunità religiosa più numerosa ed influente.

L’unico strumento per garantire l’uguaglianza sarebbe quindi l’eliminazione dell’insegnamento della religione così come stabilito dalla Chiesa. Le religioni sono parte integrante della cultura di una nazione e non si può negare l’influenza del Cristianesimo sull’arte, la letteratura e la concezione della storia. Quindi, il Cattolicesimo potrebbe anche aver diritto ad entrare nelle scuole pubbliche ma al pari di altre materie scolastiche, ossia come insegnamento critico non confessionale. Gli esponenti dell’UAAR ritengono che la religione cattolica a scuola possa generare un conflitto educativo con altre discipline, in quanto particolari aspetti dottrinali possono trovarsi in contrasto con messaggi educativi di carattere scientifico e sociale.

Analoga è l’opinione del docente e attivista UAAR Andrea Atzeni, che considera l’ora di religione come una variante di catechismo: “Si sostiene che l’Irc sia una materia come tutte le altre, senza spiegare perché allora sia facoltativa e priva di voti, riparazioni e bocciature. Si sostiene sia un’attività culturale, ma anche le credenze, i riti e i miti religiosi, in senso antropologico, sono cultura, eppure a scuola dovrebbero trovare posto solo come oggetto di distaccato studio critico. Si sostiene sia disciplina propedeutica allo studio delle altre materie, eppure chi insegna si accorge che è vero proprio il contrario e che quel poco che gli studenti sanno del pensiero e della storia religiosa lo devono spesso alle altre materie. Si sostiene non sia catechismo […], ma non si capisce in che senso. Secondo i programmi ministeriali l’Irc ʻrisponde all’esigenza di riconoscere […] il contributo che i principi del cattolicesimo offrono alla formazione globale della persona e al patrimonio storico, culturale e civile del popolo italianoʼ. Ebbene, a rigore il catechismo è proprio ʻl’insieme dei princìpi della dottrina cattolicaʼ: difficile pensare di affrontare i contributi storici ignorando i principi stessi. Piuttosto non è chiaro quali significativi elementi del patrimonio storico, culturale e civile non siano già oggetto di altre discipline scolastiche specialistiche e necessitino di questa singolare trattazione supplementare” (Andrea Atzeni, Contro l’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica, “www.uaar.it”, 6 luglio 2016).

E sostiene inoltre che l’insegnamento dia eccessivo peso agli apporti positivi della religione cattolica, escludendo completamente quelli negativi: “Vi si trattano ʻla relazione tra Dio e l’uomoʼ, ʻla persona e l’opera di Gesù Cristoʼ, ʻla sua relazione con Dioʼ, ʻl’evento centrale della nascita, morte e risurrezione di Gesù Cristoʼ. Mentre i contributi della religione, di quella cattolica in particolare, alla persona e alla collettività vi appaiono tutti positivi e vanno in direzione dello sviluppo, della comprensione, del dialogo, della pace e della tolleranza” (ibidem). L’ora di religione, seppur facoltativa e aperta a tutti, è al centro quindi di aspre polemiche per via della sua presunta faziosità. Oltre ad essere in contrasto con la laicità dello Stato italiano, potrebbe essere causa di discriminazione all’interno delle aule delle scuole pubbliche.

 

Trattasi di catechismo, non di Religione (Contributo redatto da Michele Pinassi il 20 aprile 2017)   

Con la legge 186/2003 gli insegnanti di religione sono entrati in ruolo, con l’assurdo di avere insegnanti nominati dalla curia che, qualora non avessero più il gradimento delle gerarchie cattoliche, verrebbero assunti direttamente dallo Stato. Nei dati pubblicata dal MIUR nel giugno 2010 (La scuola statale: sintesi dei dati. Anno scolastico 2009/2010, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), nell’anno scolastico 2009/2010 gli insegnanti di religione nella scuola statale erano 26.326, di cui 13.880 a tempo indeterminato (entrati in ruolo grazie alla suddetta legge) e 12.446 a tempo determinato. Ci troviamo pertanto nella situazione di avere una categoria di insegnanti pesantemente influenzata dalle gerarchie ecclesiastiche, con ovvia preferenza verso l'ex-religione di Stato, la cattolica. Molti insegnanti, tra l'altro, sono proprio sacerdoti.
Pertanto, l'ora di religione, che dovrebbe trattare in modo pragmatico l'argomento religioso, è diventata una vera e propria ora di catechismo: una ingerenza inaccettabile nella scuola italiana, che dovrebbe essere laica e pluralista.