Evidenti anomalie nei filmati e nelle fotografie dell’allunaggio dimostrano che lo sbarco sulla Luna sia stato una vera e propria truffa.

Le fotografie della NASA nascondono prove che l’allunaggio sia stato inscenato in uno studio di registrazione

L’articolo intitolato Dieci ragioni per cui lo Sbarco sulla Luna potrebbe Essere (o non Essere) un falso pubblicato in data 22 luglio 2015 da Matteo Rubboli, blogger e esperto di tecnologia, sul sito web “vanillamagazine.it”, dimostra l’evidenza di alcune anomalie riscontrabili nelle fotografie e nei filmati divulgati dalla NASA. Tali imperfezioni sono la prova che lo sbarco sulla Luna sia stato in realtà un inganno abilmente orchestrato dal governo statunitense.
Innanzitutto, se davvero il modulo lunare fosse sbarcato sulla superficie del Satellite, afferma l’autore, avrebbe creato un cratere da impatto che testimoni il suo “atterraggio”. Tuttavia, prosegue l’articolo, in nessun filmato o fotografia degli sbarchi è possibile vedere i segni di questo cratere, quasi come se il modulo si fosse semplicemente posizionato sopra la superfice selenica senza produrre alcuna forza e senza sollevare in alcun modo la finissima polvere lunare.
Il problema della presenza di diverse fonti di luce nelle fotografie è un altro punto controverso grazie a cui è possibile dubitare dello sbarco.
Nelle fotografie e nei filmati esistono diverse sorgenti luminose che mostrano gli astronauti. Le ombre si proiettano ambiguamente in prospettive diverse quando l’unica fonte di luce sulla Luna dovrebbe essere costituita esclusivamente dal Sole. La molteplicità delle sorgenti di luci è spiegabile solo con la ricostruzione in studio dell’ambiente lunare e l’impiego di diversi riflettori. Un’altra anomalia riguarda l’assenza di stelle nelle foto scattate dagli astronauti.
L’autore spiega che per la NASA sarebbe stato impossibile ricreare la volta celeste e quindi si decise di lasciare lo spazio completamente nero.
Un altro elemento analizzato dall’articolo è rappresentato dalla presenza di reticolato della pellicola del mirino con il compito di orientare il fotografo nello scatto in modo simmetrico. Alcune foto presentano il reticolato anche sulla pellicola, come se fossero state modificate in sede successiva allo scatto.
In aggiunta, alcune fotografie della missione Apollo 15 mostrano chiaramente che lo sfondo è lo stesso identico in entrambi i casi, come se le immagini fossero state montate ad arte.
Per quanto riguarda i filmati della NASA, molti video, se analizzati correttamente, permettono di dimostrare che la bassa gravità sulla Luna sia stata simulata con cavi e tiranti sugli astronauti per creare l’effetto della camminata a rallentatore.
Infine, in alcune fotografie è possibile notare il riflesso nel casco dell’astronauta di alcuni oggetti che potrebbero essere gli strumenti di ripresa dell’ipotetico studio registrazione.

Altre evidenze del falso sbarco lunare

Giulia Zannoni, SEO specialist, social media manager e content strategist, in data 4 luglio 2013 ha pubblicato un articolo su “gizzeta.it” dal titolo Il primo sbarco sulla Luna è vero o falso? Tutte le prove del complotto.
L’articolo afferma che la teoria del complotto lunare presenta diverse prove a proprio favore, specialmente riguardo alle presunte immagini rilasciate dall’ente spaziale americano.
Inoltre, aggiunge l’autrice, nel corso del tempo chi ha supportato queste teorie non ha cambiato idea e sembrano addirittura aumentati coloro che pensano che lo sbarco sulla Luna sia stata tutta una montatura per dimostrare la supremazia americana nei confronti dei sovietici.

Secondo recenti sondaggi circa il 20% degli americani, riferisce l’articolo, crede che gli Stati Uniti non siano mai atterrati sulla Luna. Oltre ai punti ampiamente citati nel dibattito pubblico riguardo le anomalie dei video e dei filmati sulla Luna (mancanza di un cratere d’impatto, fonti luminose multiple, oggetti non identificati, mancanza di stelle, sfondi duplicati e presenza di reticoli di puntamento sulle fotografie) Giulia Zannoni aggiunge altre importanti stranezze individuate nel tempo dai complottisti.
Tra queste vi è la presenza della bandiera americana che sventola sulla Luna, in un ambiente che è privo di atmosfera. L’articolo afferma che i telespettatori del primo allunaggio abbiano chiaramente potuto vedere che la bandiera americana sventolava quando venne piantata da Armstrong e Buzz Aldrin. Le immagini della bandiera inoltre mostrano le increspature che non dovrebbero sussistere sulla Luna.
Un ulteriore elemento presentato dall’articolo riguarda invece le fasce di Van Allen, due cinture cariche di particelle che circondano la Terra e attraverso cui gli americani sarebbero dovuti passare per raggiungere la Luna.
Si sostiene che i picchi di radiazioni di queste fasce avrebbero dovuto letteralmente “cuocere vivi” gli astronauti nonostante gli strati di rivestimento in alluminio della nave spaziale.
Infine, l’articolo porta in auge la questione del coinvolgimento di Stanley Kubrick nel complotto lunare. Il celebre regista americano sarebbe stato avvicinato dal governo degli Stati Uniti per filmare lo sbarco in uno studio di registrazione. Il coinvolgimento di Kubrick è dovuto al sorprendente realismo con cui aveva saputo rendere le scene del proprio film “2001. Odissea nello spazio” uscito l’anno prima dell’allunaggio americano.

 

Daniele Vassalli, 27 gennaio 2017

Video e immagini dello sbarco lunare rappresentano un evento realmente accaduto

L’articolo intitolato Siamo davvero stati sulla Luna: 5 risposte per chi ne dubita, scritto in data 21 luglio 2015 per “ibtimes.com” da Alessandro Martorana, articolista di International Business Times riguardo tematiche di tecnologia e scienza, presenta diverse confutazioni alle principali tesi complottiste che ritengono le fotografie e i filmati dello sbarco lunare evidenti prove di falsificazione dell’allunaggio: “Purtroppo, esistono ancora oggi molte persone che restano convinte che nessuno abbia mai camminato sulla Luna, continuando ad ignorare la montagna di evidenze scientifiche che invece dimostrano incontrovertibilmente come dodici persone siano andate a spasso sul nostro stellite nel corso di sei missioni”.
Le prove del complotto lunare sono state prodotte in quantità industriale nel corso di decenni. Ognuna di queste prove, riferisce Martorana, è stata confutata, comprese quelle più assurde che sembrano rappresentare la maggioranza.
L’articolo risponde innanzitutto alla questione della bandiera americana che sventola sulla superficie lunare nonostante la mancanza di atmosfera: “Gli scienziati della NASA erano perfettamente consapevoli del fatto che la bandiera a stelle e strisce non si sarebbe spiegata sulla Luna, dal momento che sul nostro satellite, com’è ovvio, non c’è vento. Per ovviare a questo problema si inventarono un ‘trucco’ estremamente semplice: una barra orizzontale lungo il lato superiore, lungo la quale la bandiera avrebbe potuto spiegarsi […] Per quanto riguarda il movimento, la bandiera non sta sventolando, ma soltanto dondolando, perché toccata dagli astronauti”.
L’autore dimostra inoltre il motivo per cui le fotografie scattate risultano troppo “ben fatte” e non mostrano le stelle: “Nelle foto della Luna non si vedono stelle semplicemente perché la loro luce è troppo fioca rispetto alla superficie lunare illuminata dal Sole. Per evitare una sovraesposizione del suolo era infatti necessario un diaframma molto chiuso ed un breve tempo di esposizione […] Per quanto riguarda le foto ‘troppo belle per essere vere’, confutare questa accusa è molto semplice: le immagini delle varie missioni Apollo non sono affatto tutte perfette, anzi. La difficoltà di puntare con precisione ciò che gli astronauti volevano fotografare tenendo una macchina fotografica attaccata al petto e non davanti agli occhi è evidente in molte inquadrature”.
La quesitone delle pericolose fasce di Van Allen attraversate dagli astronauti è invece dimostrata dall’articolo con una semplice analisi: “In primo luogo, si dimostrò praticamente efficace la schermatura delle navicelle, costituita da due strati di alluminio con in mezzo una struttura in acciaio a nido d’ape. Inoltre, la NASA era perfettamente a conoscenza delle fasce di Van Allen, la cui esistenza era stata confermata nel 1958, nel corso della missione Explorer 1. Questo permise di elaborare una traiettoria ottimale per il loro attraversamento, in modo che l’esposizione delle navicelle fosse il più breve possibile, anche grazie all’altissima velocità raggiunta”.

Ulteriori confutazioni alle tesi complottiste

James Barbree, corrispondente della NBC News, in data 9 giugno 2011, con un articolo intitolato No hoax: Moon landing stands as NASA’s finest hour per il sito “nbcnews.com”, ha fornito diverse argomentazioni che dimostrano che gli sbarchi lunari non sono assolutamente stati una finzione.
Tra le varie spiegazioni anche Barbee esordisce con la questione della mancanza delle stelle nelle foto scattate dagli astronauti sulla Luna durante lo sbarco. Egli infatti dimostra che le stelle non sono presenti semplicemente perché le fotocamere inviate all’epoca dalla NASA sulla Luna impiegavano un breve tempo di esposizione per catturare le immagini della brillante superficie lunare e degli astronauti con le loro tute spaziali.
Il punto successivo è presentato invece dalla questione per cui il modulo di discesa non abbia lasciato impresso con il proprio razzo di frenata un cratere nella superficie lunare: “La sua forza era semplicemente troppo debole per fare un’enorme ammaccatura nella crosta lunare”.
Le spiegazioni evidenti dell’autore riguardo il motivo per cui la bandiera americana sventoli sul suolo lunare sono evidenti: “I due astronauti hanno avuto dei problemi nel dispiegamento della bandiera americana sulla superficie lunare. Anche se un’asta metallica estendeva la bandiera, la sotto-superficie del suolo lunare era così dura che i due astronauti furono costretti a colpire e premere sulla cima per farla rimanere stabilente in piedi. Queste brusche azioni avevano fatto oscillare il corpo della bandiera avanti e indietro per un certo periodo di tempo”.
Una conferma degli avvenuti allunaggi è secondo Barbee efficacemente presentata, infine, dalle immagini fornite dalla sonda della NASA Lunar Reconnaissance Orbiter circa 40 anni dopo il primo sbarco: “Le immagini mostrano tutti e sei gli stati di discesa dell’Apollo che servirono agli astronauti come piattaforma di lancio per il loro ritorno sulla Terra, incluso la zona di ’Apollo 11 dove Nei e Buzz lasciarono la base Eagle nel Mare della Tranquillità”.